ARTE E CULTURA
Comunicato Stampa

Mario Carrese e le apparenze della verità

05/07/11

La sua opera sarà musicata da Francis Kuipers e esposta in un concerto che gli sarà dedicato a Napoli durante lo svolgimento del programma Vite Parallele presentato in questi giorni all'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici partenopeo.

(…) La verità è il valore di tutto ciò che, apparendoci, non c’inganna.
Il valore viene conferito ad una verità dalla coscienza di chi crede in essa.
Ancora una volta il linguaggio è assai autorevolmente suggestivo.
L’aggettivo verus deriva infatti da una radice iranica che significa credere.
Non si crede in ciò che è vero, ma è vero ciò in cui si crede. Il che non vuol dire affatto ridursi agli estremi irrazionalismi del fideismo o del pragmatismo, bensì all’opposto capire razionalmente, fino in fondo, che il valore di verità è opera soggettiva: ovviamente, non arbitraria bensì sorretta da tutti i possibili accorgimenti strumentali (criteri, metodi, calcoli, analogie) offerti dalla logica dimostrativa e, perché no?, dalla sperimentata intuizione.(…)
(Aldo Masullo da “La fiducia, fondamentale condizione prepolitica” 15 giugno 2010)
L’opera di Mario Carrese, per chi scrive, riscoperta dopo un lungo periodo di distacco, la si ritrova distinta tra le attualità culturali di oggi, per lo più minorate ed insignificanti.
La sua opera, scultura e composizione pittorica, ritrova la ragione nel completarsi e quindi attuarsi negli altri, nel comune interlocutore che, nella in-finitezza plastica dell’oggetto artistico, vi si riconosce appropriandosene nell’attribuire ad essa aspetti, episodi ed emozioni del proprio vissuto. Riteniamo che l’infinito è nel non finito, è possibile concepirlo, potremmo dire, sentirlo, nella infinitezza del linguaggio rappresentativo.
A noi “La pietà Rondanini” di Michelangelo appare l’opera più importante e significativa del grande artista fiorentino proprio per la sua incompiutezza; per la possibilità che lascia a noi di “completarla” con l’individualità emozionale e di vita vissuta.
Oggi, l’opera dell’artista napoletano, non ha più bisogno di didascalie né di ulteriori letterature che possano guidarci alla comprensione o ad indicarci le ragioni compositive dell’autore; il suo lavoro rappresenta l’apparenza di una verità, una verità soggettiva ma pur sempre riconfermata dal credo individuale dell’autore. Torna utile il “Così è se vi pare” del grande drammaturgo Pirandello. Le nostre rappresentazioni sono le molteplici apparenze delle nostre verità, giuste o sbagliate che siano, attinte dall’esperienza e da quelle convinzioni individuali che attribuiscono loro il misterioso ed affascinante credo.
L’opera di Mario Carrese, non volendo piegarsi a diventare “serva sciocca” di qualche padrone, o pedissequa interprete di qualche ideologia, mantiene la massima apertura alla complessità sociale e alla varietà culturale. Il primo passo dell’artista è stato quello di ascoltare la lezione delle varie forme dell’essere che ci informano su quel che l’uomo è stato, è oggi, e aspira a divenire domani.
La visione della “verità”, nell’artista partenopeo, viene a comporsi a poco a poco, come quella di un poliedro dalle molte facce. Quando le facce del poliedro aumentano, (quando le rappresentazioni dell’apparenza d’una verità si moltiplicano nel moltiplicarsi formale dell’opera,) tendendo all’infinito, esso tende a diventare una sfera. Gli spigoli si integrano, le parti rientrano nella totalità dalla quale l’ottica finita le aveva astratte e forse distratte nel logo plastico del non finito.
In Carrese pertanto il progresso sta nel passare dalla multidisciplinarità alla interdisciplinarità, dai molti all’uno.
Oggi l’artista, vicino alle soglie dei 70 anni, si va allontanando dalle rappresentazioni “dimostrative” per comporre opere che diano ragione all’esperienza ed alla agognata e sofferta maturità.
Il suo primo appuntamento è il prossimo autunno all’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici nel programma Vite Parallele scelto dal musicista Francis Kuipers con Tommaso Cascella, Agostino Bonalumi, Matteo Basilè e Bruno Ceccobelli per musicarne le opere e, esposte, per essere protagoniste di sei grandi concerti.

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