ARTE E CULTURA
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Moni Ovadia in

Prima assoluta. Al violoncello Giovanna Famulari, Matteo Ramon Arevalos al pianoforte.

FotoIl rapporto tra il musicista russo Dmitrij Šostakovič e Stalin è di grande complessità: dopo la Rivoluzione d'Ottobre il giovane compositore era l'enfant prodige delle avanguardie, il fiore all'occhiello della nuova Unione Sovietica. Ma quando Stalin prese le redini del regime sovietico e impose il realismo come sola estetica, Šostakovič e la sua opera divennero sospetti. Il musicista rimase in qualche modo un artista "ufficiale", ma non ebbe vita facile, in un ambiente dove altri grandissimi artisti - come  Bulgakov e Pasternak - subivano continue persecuzioni o finivano i loro giorni in Siberia. Per il musicista fu molto difficile restare fedele alla propria ispirazione: la sua fu una lotta incessante, implacabile, a tratti commovente, per la propria sopravvivenza: quella fisica, e quella creativa.

A fronte di tutto questo e della complessa fase storica attraversata, Moni Ovadia porta in scena, con "Gli occhiali di Šostakovič", la vita, le opere ed il dramma interiore del grande musicista russo Dmitrij Šostakovič (1906-1975), sul quale si sono espressi negli anni giudizi discordanti, tra chi lo ritiene un artista di regime, chi un oppositore disposto a compromessi, chi una figura sofferta del totalitarismo staliniano.

Ovadia affronta con grande cura storica ed intellettuale la figura dell'artista, attraverso la sua musica che, sola, "non può mentire", seguendo in parte il giudizio che di lui diede Solomon Volkov, amico personale di Sostakovič, del quale curò le memorie (1997). 

Se anche Ovadia rifiuta di considerare Sostakovic come il cantore dello stalinismo per il semplice fatto che omaggiasse formalmente Stalin e venisse talvolta premiato, individua tuttavia nel rapporto Stalin-Sostakovič un esempio storico del perenne contrapporsi fra il vero artista e il tiranno, ne ricostruisce la vicenda storica e accompagna questa ricostruzione con un attento lavorio di scavo sulle sue opere, mettendo in evidenza il «ricco contenuto latente» di questi giri di note, tesi ad esprimere un tragico e prolungato inabissarsi dell'umanità in un grande paese.

E, allora, la Prima Sinfonia ed il suo grande successo nel primo dopoguerra, la disputa su Lady Macbeth del distretto di Mcensk negli anni 30, La Sinfonia di Leningrado e gli orrori della seconda guerra mondiale, l'Ottava Sinfonia, gli anni 60 e 70, fino alla riabilitazione... accompagnati da brani di grande effetto, con la loro modernità memore del passato.

Sul testo e la  regia di Valerio Cappelli che rivede la fase storica come luce filtrante in una grande oscurità, le note al violoncello di Giovanna Famulari accompagnano Ovadia, assieme alla proiezione di filmati e foto d'epoca,

A seguire, Matteo Ramon Arevalos al pianoforte con brani tratti dai Ventiquattro preludi e fughe, op. 87 di Dmitrij Šostakovič

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Moni Ovadia in
Gli occhiali di Šostakovič
Onori e terrori di un antieroe

testo e regia di Valerio Cappelli
violoncello Giovanna Famulari

coproduzione Ravenna Festival, Festival Puccini,
Prima International Company di Angelo Tumminelli
in collaborazione con Teatro dell’Opera di Roma
prima assoluta

a seguire
Matteo Ramon Arevalos pianoforte
brani tratti dai Ventiquattro preludi e fughe, op. 87 di Dmitrij Šostakovič

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