Nuovo albo degli amministratori di condominio, espressione della irrecuperabile arretratezza del sistema Italia
Oggi pomeriggio a Milano un noto giornale nazionale ha organizzato un convegno per commentare i risultati di un recente sondaggio sulla professione di amministratore condominiale, realizzato da uno studio privato attivo nel campo immobiliare con sede principale in Bari, al convegno è annunciata la partecipazione del Sottosegretario Cosimo Maria Ferri, padre del Decreto Ministeriale che regola la formazione degli amministratori di condominio.
Oggi pomeriggio a Milano un noto giornale nazionale ha organizzato un convegno per commentare i risultati di un recente sondaggio sulla professione di amministratore condominiale, realizzato da uno studio privato attivo nel campo immobiliare con sede principale in Bari, al convegno è annunciata la partecipazione del Sottosegretario Cosimo Maria Ferri, padre del Decreto Ministeriale che regola la formazione degli amministratori di condominio.
Fin qui tutto normale, i risultati del sondaggio saranno commentati con i presidenti di alcune associazioni di categoria nel campo dell’amministrazione condominiale. Ora confermiamo che il Mapi, non è stato invitato al convegno. Circostanza questa, a dire il vero, già avvenuta lo scorso anno, quando un diverso giornale che si occupa di temi immobiliari aveva organizzato un convegno a Bologna, anche qui non invitati a relazionare, dove alla presenza del Sottosegretario Ferri si erano sentite argomentazioni inammissibili, a parere di chi scrive, sulla necessità di istituire l’albo degli amministratori di condominio, unico rimedio all’ontologico svilimento della professione qui trattata.
Vi è da dire, che, gli amministratori di condominio professionisti sono riuniti in associazioni rappresentative, riconosciute dal legislatore, di cui alcune dotate di specifici requisiti, inserite nell’elenco tenuto dal Ministero dello Sviluppo secondo i dettami della Legge 4 -2013, che regola la materia, tra cui il Mapi.
Il legislatore Italiano, con la Legge n°4/2013 ha notevolmente innovato la regolamentazione dell’attività libero professionale. L’attività di amministratore condominiale esercitata da chi non è condomino dello stabile è una professione non organizzata secondo ordini o collegi, secondo quanto previsto dal comma 2 dell’articolo 1° della nota legge.
Alla luce di quanto detto viene da chiedersi con quale criterio sono state selezionate le associazioni da invitare al convegno, sicuramente non quello indicato dalla citata legge, s’immagina nemmeno il criterio di maggiore rappresentatività, giacché altre associazioni pur rappresentative non sono inserite tra le accreditate.
Allora ci chiediamo perchè pur se accreditati secondo la Legge che regola la rappresentatività associativa, non siamo stati invitati?
Ce ne faremo una ragione, in ogni caso scegliamo questa pagina per divulgare ciò che avremmo detto, se presenti, in quella, sede.
Riteniamo che l’idea di creare un nuovo albo degli amministratori di condominio sia un’idea errata e pericolosa, per un sistema che, caso strano per l’Italia sta sperimentando fattispecie di libero mercato professionale così inviso ai vecchi e mai sazi corporativismi nazionali.
Resta da evidenziare la circostanza di un recente intervento pubblicato sul già citato giornale, per opera dell’organizzatore del sondaggio, in cui si è ritenuta la Legge 4/2013 una legge fallita e si è fortemente auspicata la creazione di un nuovo albo professionale degli amministratori di condominio.
Negli ultimi anni il dibattito politico italiano si è concentrata sugli ordini professionali, considerati da recenti interventi dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato come ostacolo alla piena liberalizzazione delle professioni, con relative difficoltà di accedere alle medesime, specialmente per i giovani.
Vi è da dire che gli ordini professionali sono stati istituiti in Italia con una legge del ventennio fascista, legge 25 aprile 1938, n. 897, che nel proprio 2° articolo testualmente afferma: ” Coloro che non siano di specchiata condotta morale e politica non possono essere iscritti negli albi professionali, e, se iscritti, debbono esserne cancellati, osservate per la cancellazione le norme stabilite per i procedimenti disciplinari”.
Alla luce di quanto indicato viene il leggero sospetto che la legge avesse la finalità, non di consentire il libero accesso alle professioni, ma di emarginare interi parti della società non considerate “politicamente” convenienti e dopo circa ottanta anni, preso atto che il legislatore italiano non ha avuto il coraggio di abolirla, nel dibattito contemporaneo ancora si ha l’audacia di parlare dell’istituzione di un nuovo albo.
Nel nostro paese, un albo non si nega a nessuno e quindi anziché discutere seriamente su una legislazione che superi definitivamente l’attuale sistema ordinistico si foraggiano incontri per promuovere la costituzione di nuovi albi in materie in cui, per fortuna, il legislatore ha introdotto una buona legge di natura liberale, che, senza moloch burocratici favorisce una tutela privatistica delle professioni, la legge 4/2013, per alcuni già fallita.
La circostanza che più stupisce è che nell’attuale dibattito intervengano, come agnelli invitati al pranzo di Pasqua, i referenti delle attuali associazioni private di categoria a tutela della professione, forse inconsapevoli che la paventata creazione di un nuovo albo degli amministratori di condominio rappresenterebbe la fine delle associazioni per come oggi le conosciamo e del primo esperimento, in Italia, di una gestione libera e concorrenziale delle professioni intellettuali, che verrebbe prematuramente stroncata.
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