Per non mandarlo in “collera”… prevenzione e terapie naturali del fegato
È ormai di dominio pubblico come la salute del fegato sia fondamentale per il benessere del corpo umano. Il fegato è responsabile della purificazione e della pulizia del sangue ed è la principale difesa contro le tossine alimentari e ambientali. Quando le tossine iniziano ad accumularsi nel corpo, il fegato si infiamma, facendoci sentire pigri e letargici.
Il fegato è una ghiandola anficrina (a secrezione endocrina ed esocrina) formata da quattro lobi e collegata all'apparato digerente che, situata nell'addome nella parte in alto a destra, si trova vicino a colon traverso e stomaco al di sotto del diaframma.
Lo stile di vita incide profondamente sul suo stato di salute. Si tratta di un organo complesso con molte funzioni e quando non lavora al meglio possono innescarsi stati di insufficienza epatica. Riveste un ruolo importante nella regolazione del sistema immunitario e molte delle sue funzioni sono di tipo metabolico, come la conversione del cibo in energia e quindi la sua scomposizione in elementi costitutivi di base necessari all'organismo. E anche l'organo responsabile del filtraggio e degradazione di tossine, farmaci e sostanze nocive dal nostro sangue.
Quando il fegato rileva una potenziale tossina agisce profondamente per eliminare questa sostanza dal nostro corpo: si attiva quindi una risposta immunitaria che richiede un certo grado di infiammazione, che si risolve spontaneamente solo al momento della degradazione tossinica. Forse non tutti sanno che sebbene sia normale che una certa quantità di grasso si concentri nel fegato, quando la percentuale supera il 5 % del peso dell'organo si possono originare malattie.
MA PERCHÉ SI ACCUMULANO GRASSI IN QUEST'ORGANO?
La risposta è semplice: perché arriva al fegato troppa energia sotto forma di acidi grassi che provengono da un eccesso di zuccheri e grassi (come succede nel diabete e nell'obesità). Acidi grassi che sono tossici perché ossidano e danneggiano i mitocondri, cioè le "pile" che producono l'energia necessaria per la vita cellulare. Il fegato tenta di proteggersi neutralizzando e accumulando gli acidi grassi sotto forma di goccioline di trigliceridi all'interno degli epatociti.
Nella fase infiammatoria acuta la "lesione" epatica può dare sintomi come confusione, dolore sul lato destro dell'addome, disorientamento, malessere generale, ingiallimento della sclera e della pelle, nausea, vomito.
La steatosi epatica NON alcolica meglio conosciuta come "fegato grasso" o NAFLD è la forma più diffusa di sofferenza epatica non solo in Italia, ma anche nel resto del mondo. Generalmente trova origine da un'alimentazione non corretta, caratterizzata da un eccessivo consumo di pane, pasta, farine raffinate e cibi con grassi di scarsa qualità (trans e idrogenati). Il fegato riconosce e sostituisce le proprie cellule danneggiate o scomposte, pur continuando a svolgere tutte le sue funzioni vitali. Proprio come l'infiammazione è necessaria per eliminare le sostanze tossiche, essa fa anche parte del processo di riparazione degli epatociti danneggiati. Sia questi che gli anticorpi inviano messaggi per attivare specifiche cellule di riparazione che viaggiano verso il sito della lesione. Con la deposizione di collagene, una proteina strutturale, avviene il processo di riparazione con successiva guarigione, che tuttavia "irrigidisce" il tessuto epatico rendendolo meno efficiente.
Se l'afflusso di acidi grassi al fegato persiste, questo meccanismo di protezione non risulta più sufficiente e si può andare incontro ad una sofferenza epatica con infiammazione e fibrosi (indurimento del fegato): una condizione che viene chiamata NASH (steatoepatite non alcolica). La NASH è più pericolosa della NAFLD, perché può portare alla cirrosi epatica. In un fegato sano questo processo di riparazione è finemente regolato e quando non è più necessario il collagene extra si disperde e l'organo torna alla normalità.
La steatosi comunemente non dà sintomi, tuttavia può cronicizzarsi e degenerare in steatoepatite che, a sua volta, può condurre a cirrosi ed epatocarcinoma.
In genere, la steatosi epatica è una patologia reversibile grazie alla dieta, tuttavia, in una percentuale del 30% circa essa può evolvere in steatoepatite (cioè un’infiammazione del fegato grasso) ed in questi casi, fino al 40 %, si può osservare l’evoluzione in cirrosi epatica. Sempre più evidenti inoltre sono i tumori epatici che insorgono in una condizione di steatosi epatica/steatoepatite. Nei paesi sviluppati, l'obesità e il diabete sono le più comuni cause di NAFLD.
La steatosi di per sé intesa come accumulo di grasso nel fegato, può essere legata anche a sostanze come alcuni farmaci e agenti tossici: alcol, fosforo, amiodarone, corticosteroidi, il tamossifene, le tetracicline (farmaci antibatterici inibitori della sintesi proteica), tetracloruro di carbonio (solvente per il lavaggio a secco, liquido di raffreddamento e degli estintori ma attualmente in disuso), steroidi anabolizzanti ecc.
D’altro canto può anche essere associata a deficit nutrizionali (malnutrizione proteico-energetica; si tratta di una condizione tipica del terzo mondo, dei disagiati, degli alcolisti cronici e dei pazienti psichiatrici; si può verificare anche dopo un intervento di bypass digiunale).
Per diagnosticare una patologia epatica è necessario eseguire gli esami del sangue e analizzare i valori di transaminasi e qamma GT. Anche la diagnostica per immagini come l'ecografia può essere d'aiuto per stabilire un eventuale stato di ingrossamento del fegato (epatomegalia).
POSSIBILI CAUSE DELLA STEATOSI
Il fegato grasso si verifica quando c’è un'alterazione delle cellule del fegato, che accumulano più grassi di quanti siano in grado di smaltire. Questa patologia può essere determinata da diversi fattori:
• Diete troppo ricche di grassi, solitamente correlate a sovrappeso o obesità
• Consumo eccessivo di alcolici
• Elevati livelli di trigliceridi e colesterolo nel sangue
• Diabete di tipo II
• Anemia
• L'impiego di alcuni farmaci
• Squilibri ormonali
• Deficit di carnitina
• Carenza di Vitamina B12
• Digiuni prolungati e perdita di peso troppo rapida
• Attività fisica e sforzi eccessivi
FEGATO GRASSO E PESO CORPOREO
La maggior parte delle NAFLD è legata alla sindrome metabolica, caratterizzata da sovrappeso, resistenza all’azione dell’insulina o diabete, alti valori di trigliceridi, ipertensione arteriosa e aumento del grasso viscerale addominale. Questa condizione si associa a un maggior rischio cardiovascolare, ma può anche facilitare l’insorgenza di tumori e causare danno epatico.
In alcuni casi si può verificare anche nei pazienti magri, ovvero con BMI (Body Mass Index) inferiore a 25 (in questo caso si parla di lean NAFLD). Questo perché, pur avendo un peso normale, i soggetti accumulano comunque grasso viscerale. Ci sono poi invece persone obese, i cosiddetti healthy obese, in cui il grasso viscerale è presente ma risulta essere più ‘buono’ e non causa danno epatico”.
È evidente quindi che il quadro è più complesso e sfumato rispetto all’equazione sovrappeso/obesità uguale patologia epatica.
L’ IMPORTANZA e IL RUOLO DELLA PREVENZIONE
Come nella maggior parte delle malattie, la prevenzione esercita un ruolo fondamentale in particolare per quei soggetti che per motivi genetici hanno una predisposizione eredo-familiare alla sindrome metabolica e che, con l’intervento di ulteriori fattori causali (scorretto stile di vita, infezioni virali, processi autoimmunitari), aumentano in modo significativo la possibilità di progredire dalla semplice steatosi verso la cirrosi ed il tumore primitivo del fegato.
In questi casi è indicato sottoporsi a monitoraggio biochimico (esami ematici in grado di fornire indicazioni sul metabolismo dei carboidrati, dei lipidi e sulla entità del danno subito dal parenchima epatico) e strumentale (ecografia) con periodicità annuale o semestrale, al fine di una diagnosi precoce della patologia, della sua stadiazione e dell’eventuale insorgenza di complicanze meritevoli di terapia specifica.
RUOLO DELLA DIETA
La cura della steatosi consiste principalmente nel seguire uno stile di vita sano basato sulla pratica di attività fisica moderata ma costante, una dieta bilanciata ricca di antiossidanti e l'utilizzo di rimedi fitoterapici sicuri ed efficaci che sostengano questo prezioso organo nei suoi processi riparativi. La dieta per la remissione della steatosi epatica agisce direttamente sulla rimozione delle cause scatenanti; pertanto, è fondamentale seguire alcune regole di igiene alimentare come terapia nutrizionale:
• Abolizione dei farmaci epatotossici (sopra citati)
• Abolizione dell'alcol e di qualsiasi altro nervino (comprese la caffeina e la teina)
• Abolizione delle bibite zuccherate e dei dolci in genere
• Abolizione dei cibi spazzatura o junk-food
• Riduzione drastica dei prodotti contenenti quantità significative di additivi alimentari
• Restrizione calorica e conseguente bilancio energetico negativo
• Moderazione dell'apporto di glucidi, soprattutto raffinati e/o semplici
• Moderazione dell'apporto di grassi, soprattutto saturi
• Moderazione dell'apporto di colesterolo
• Incremento dell'apporto di fibra alimentare
• Incremento dell'apporto di antiossidanti
• In caso di iponutrizione/malnutrizione, raggiungimento di 1 grammo di proteine per kg di peso corporeo e della razione vitaminica totale
• Promozione di una dieta per depurare il fegato, ovvero: assunzione di buone dosi di acido ascorbico, polifenoli, cinarina (stimolatore della cistifellea) e silimarina (che aumenta la sintesi delle proteine epatiche ed inibisce quella dei mediatori infiammatori e dei radicali liberi); in termini pratici si traduce con: elevata frequenza nel consumo di agrumi, carciofo (contenente cinarina), cardo mariano (silimarina), mela, mirtillo, cavolo ed olio extravergine di oliva crudo (antiossidanti).
PIANTE MEDICINALI ED INTEGRATORI UTILI CONTRO LA STEATOSI EPATICA
La fitoterapia della steatosi epatica si avvale di piante e rimedi naturali con attività epatoprotettrice, ipocolesterolemizzante ed ipoglicemizzante (trigliceridi e zuccheri aumentano la sintesi epatica di grassi) come: Boldo, Cardo mariano, Silimarina, Genziana, Carciofo, Propoli, Glucomannano, Chitosano, Guggul, Germogli di rosmarino, Fieno greco, Aglio, Liquirizia, Gymnema, integratori di fibra, come i semi di psillio o la gomma guar.
IL CARDO MARIANO (Silybum marianum)
L'uso del cardo mariano come aiuto per il fegato naturale risale a circa 2000 anni grazie alla sua capacità di proteggere il fegato dalle tossine. Negli ultimi anni, l'erba è stata ampiamente utilizzata dalla comunità medica ed è regolarmente prescritta in tutta Europa per trattare la cirrosi alcolica, l'epatite e il danno epatico indotto da droghe e alcol.
In una recente review di 8 studi clinici randomizzati, per un totale di 587 pazienti, è emerso che la somministrazione di silimarina diminuiva i livelli sia dell’aspartato aminotransferasi (AST) che dell’alanina aminotransferasi (ALT). Non solo, è stato anche osservato che la silimarina funzionava meglio da sola che non con altri agenti terapeutici.
La dose di somministrazione di silimarina negli studi presi in considerazione variava da 140 mg/die a 140 mg/2 die, fino a dosaggi di 600 mg/die, per un tempo minimo di assunzione di 2 mesi e fino a un massimo di 1 anno. Gli Autori sono arrivati pertanto alla conclusione che la silimarina sembra un promettente e sicuro agente per migliorare la funzionalità epatica in pazienti con NALFD.
Il cardo mariano è stato oggetto di ben oltre 200 studi clinici condotti negli ultimi 30 anni. L'evidenza di epatopatia alcolica e non alcolica è abbastanza forte. La silimarina presente nel cardo mariano possiede un’azione antiossidante ed epatoprotettrice, che la rende indicata nelle forme di sofferenza epatocellulare di varia origine (accelera il processo di rigenerazione del fegato aumentando l’attività metabolica delle cellule epatiche; stimola la sintesi proteica; esplica una funzione di difesa contro parecchie sostanze epato-tossiche, incluso l’alcol).
Costituenti chimici
• Flavolignani (questi componenti formano un fitocomplesso denominato silimarina, prevalentemente costituito da tre molecole: silibina, silicristina e silidianina);
• Flavonoidi (apigenina, quercetina, kaempferolo);
• Tocoferoli;
• Steroli (sitosterolo, campesterolo);
• Tannini;
• Sostanze amare;
• Amine (istamina, tiramina);
• Oli (acidi linoleico, oleico e palmitico).
Al cardo mariano vengono attribuite diverse proprietà, fra cui spiccano in particolar modo quelle epatoprotettive ed antiossidanti. Più nel dettaglio, tali attività sono imputate alla silimarina contenuta nella pianta Diversi sono gli studi clinici che sembrano confermare le sopra citate proprietà attribuite alla pianta.
L’azione epatoprotettiva svolta dalla silimarina si esplica attraverso differenti meccanismi d’azione. Innanzitutto, la silimarina – in particolar modo, la silicristina e la silidianina in essa contenute – è in grado di proteggere il fegato da sostanze per esso tossiche (come alcool e tossine), attraverso una modificazione delle membrane cellulari degli epatociti. Tale modificazione, infatti, impedisce alle sostanze tossiche e alle tossine di penetrare all’interno delle cellule epatiche.
La silibina, invece, svolge la sua azione epatoprotettiva attraverso la diminuzione della produzione di anioni superossidi da parte delle cellule di Kupffer e attraverso l’inibizione della sintesi di leucotrieni a livello epatico. Pertanto, al silibina svolge un ruolo antiossidante e di free-radical scavenger.
La silimarina, inoltre, aumenta i livelli epatici di glutatione (un importante agente antiossidante endogeno), ne diminuisce l’ossidazione e stimola la RNA polimerasi I a livello del nucleo degli epatociti, favorendo così la rigenerazione epatica.
Molte ricerche sono state condotte sulle sopra citate proprietà della silimarina, dalle quali è emerso che questa sostanza è particolarmente efficace nel proteggere il fegato dall’azione di diversi tipi di agenti tossici, quali tioacetammide, tetracloruro di carbonio, galattosamina, amanitina e falloidina (quest’ultime due molecole si trovano all’interno di funghi velenosi).
Inoltre, un recente studio, ha anche dimostrato che la silibina e la silicristina sono capaci di esercitare un effetto protettivo sui reni dal danno cellulare provocato da paracetamolo, vincristina e cisplatino, attraverso l’aumento del tasso di proliferazione, la stimolazione della sintesi di proteine e DNA e l’incremento dell’attività della lattato deidrogenasi nelle cellule renali.
I frutti di cardo mariano, inoltre, vengono utilizzati in infusi per il trattamento – anche a lungo termine – di lievi disturbi dispeptici (utilizzo che, per altro, è stato approvato).
Grazie alle proprietà antiossidanti ed epatoprotettive che la silimarina e i suoi componenti presenti all’interno del cardo mariano hanno dimostrato di possedere, questa pianta può essere impiegata come coadiuvante nel trattamento di disturbi epatobiliari, quali: danni epatici causati da agenti tossici, cirrosi epatica e patologie infiammatorie croniche del fegato.
Per il trattamento di questi disturbi, il cardo mariano viene assunto internamente, generalmente, sotto forma di estratto secco. La quantità di prodotto da assumere può variare in funzione della quantità di silimarina in esso contenuto.
A titolo indicativo, da alcuni studi condotti, è emerso che un dosaggio giornaliero di circa 140-420 mg di silimarina, da assumersi in dosi frazionate, può essere efficace nel trattamento dei suddetti disturbi epatici.
N.B.: quando il cardo mariano viene utilizzato per fini terapeutici, è essenziale utilizzare preparazioni definite e standardizzate in principi attivi (silimarina calcolata come silibina rispetto alla droga essiccata), poiché solo così si può conoscere la quantità esatta di sostanze farmacologicamente attive che si stanno assumendo.
Quando si utilizzano preparazioni a base di cardo mariano, le dosi di prodotto da assumere possono variare in funzione della quantità di silimarina contenuta. Tale quantità, solitamente, è riportata direttamente dall’azienda produttrice sulla confezione o sul foglietto illustrativo dello stesso prodotto, pertanto, è molto importante seguire le indicazioni da essa fornite. In qualsiasi caso, prima di assumere per fini terapeutici un qualsiasi tipo di preparazione contenente cardo mariano, è bene rivolgersi preventivamente al proprio medico.
CARDO MARIANO NELLA MEDICINA POPOLARE E IN OMEOPATIA
Le proprietà benefiche del cardo mariano nei confronti del fegato sono conosciute da tempo dalla medicina popolare che utilizza la pianta (frutti e foglie) proprio per il trattamento di disturbi epatici. Inoltre, il cardo mariano viene usato anche come antidoto in caso di avvelenamento da funghi velenosi del genere Amanita.
Il cardo mariano viene sfruttato anche dalla medicina omeopatica, dove trova impieghi in caso di ittero, coliche biliari, epatiti, mal di stomaco, ulcere peptiche e insufficienze circolatorie venose. Il cardo mariano come rimedio omeopatico, generalmente, lo si può trovare sotto forma di tintura madre, gocce o granuli.
La dose di rimedio da assumere può essere diversa fra un individuo e l’altro, anche in funzione del tipo di disturbo che si deve trattare e della tipologia di preparazione e di diluizione omeopatica che s’intende utilizzare.
N.B.: le applicazioni del cardo mariano per il trattamento dei suddetti disturbi non sono né approvate, né supportate dalle opportune verifiche sperimentali, oppure non le hanno superate. Per questo motivo, potrebbero essere prive di efficacia terapeutica o risultare addirittura dannose per la salute.
INTERAZIONI FARMACOLOGICHE
Il cardo mariano può instaurare interazioni farmacologiche con:
• Metronidazolo, poiché l’assunzione concomitante della pianta o sue preparazioni può diminuirne l’efficacia.
• Aspirina, poiché il metabolismo del farmaco è alterato dalla contemporanea assunzione della silimarina.
CARCIOFO (Cynara scolymus)
Anche nelle foglie del carciofo si trova una sostanza che ha mostrato negli anni effetti benefici per le problematiche epatiche, particolarmente per il fegato grasso. La medicina ha considerato fino a poco tempo fa questa patologia come una condizione benigna; in anni recenti, però, si è resa conto che si tratta di una malattia che porta con sé il rischio di gravi complicazioni. Inoltre, si conta che circa un italiano su quattro sarebbe portatore di NAFLD.
Un recente studio clinico ha reclutato 100 pazienti con steatosi epatica non alcolica che hanno ricevuto 600 mg al giorno di estratto di foglia di carciofo o un placebo per un periodo di 2 mesi. Il gruppo che ha assunto l’estratto di foglia di carciofo, a confronto con il gruppo placebo, ha mostrato miglioramenti in numerosi parametri tra cui, soprattutto, quelli relativi a trigliceridi e colesterolo. Nessuno dei partecipanti ha segnalato effetti collaterali.
Lo studio offre una conferma in più sull’efficacia dell’estratto di foglia di carciofo in pazienti con fegato grasso: un aiuto semplice e alla portata di tutti. Se il carciofo viene considerato un potente alleato contro la steatosi epatica molto del merito va alla cinarina, un polifenolo presente nelle foglie della pianta, derivato dell’acido caffeico. Fra le tante proprietà della cinarina, spicca quella epatoprotettiva: questa sostanza aromatica, nota per dare al carciofo il suo tipico sapore amarognolo, ha dimostrato infatti di proteggere le cellule del fegato danneggiate da alcool e tossine, ma non solo. La cinarina infatti svolge un’importante funzione per la produzione della bile. Inoltre stimola lo svuotamento della colecisti e il deflusso della bile nel duodeno.
Sono ormai molti gli studi scientifici (vedi bibliografia), che hanno attestato come le sostanze contenute nei carciofi non solo non siano tossiche, ma abbiano anche effetti terapeuti. Ciò non significa ovviamente che chi soffre di problematiche di natura epatica possa curarsi soltanto con i carciofi, ma è certo che un’integrazione nella propria dieta possa rappresentare un potente alleato nel trattamento della steatosi.
In uno di questi in particolare, uno studio clinico randomizzato in doppio cieco, i ricercatori hanno valutato gli effetti del carciofo sui biomarcatori epatici e biochimici di soggetti con steatoepatite non alcolica (NASH).
Nello studio in questione sessanta persone che presentavano questa condizione sono state assegnate in modo casuale, tramite randomizzazione, a ricevere un estratto di carciofo (6 compresse al giorno) come gruppo sperimentale oppure un placebo (gruppo di controllo) per due mesi. Il confronto dei cambiamenti nei marcatori a seguito degli interventi ha evidenziato un miglioramento degli enzimi epatici: i livelli dei trigliceridi e del colesterolo erano stati ridotti in modo statisticamente significativo nel gruppo che aveva assunto l’estratto di carciofo rispetto al gruppo placebo.
Il confronto fra Cynara scolymus e il placebo nei parametri esaminati dallo studio è stato effettuato con modelli di regressione lineare multivariata che hanno quindi indicato un miglioramento maggiore sia degli enzimi epatici sia del profilo lipidico, in particolare dei trigliceridi e del colesterolo totale, dopo l’assunzione dell’estratto di carciofo rispetto al placebo. Questo studio conferma la potenziale attività epatoprotettiva e l’effetto ipolipemizzante dell’estratto testato nella gestione della steatoepatite epatica non alcolica.
L'AZIONE DELLA CURCUMINA
La curcumina è un pigmento vegetale di colore giallo-arancio acceso. E' abbondantemente rappresentata nel rizoma tuberizzato (radice) di varie specie di curcuma, in particolare in quello della Curcuma longa (o Curcuma domestica).
Secondo alcuni autori (vedi bibliografia), la curcumina potrebbe migliorare la steatosi, se non addirittura inibirla. In un recente studio, il team di ricerca, formato da esperti iraniani, polacchi e statunitensi, ha sfruttato la bioinformatica per valutare i possibili target, le interazioni e i percorsi che consento alla curcumina di impattare sulla steatosi. Partendo da alcuni database gene-droga e gene-malattia, gli autori hanno individuato inizialmente 227 possibili interazioni proteina-curcumina e 95 geni associati con il fegato grasso.
Una volta analizzati con un diagramma di Venn, si è giunti a identificare 14 possibili target per la curcumina, per ognuno dei quali è stato valutato il pathway biologico. A questo punto sono stati utilizzati due strumenti per capire la funzione dei target selezionati: la gene ontology (OG), una specie di dizionario che racchiude informazioni sulle funzioni dei geni in tutte le specie viventi che fanno parte dell'albero della vita, e la banca di dati bioinformatici Kyoto Encyclopedia of Genes and Genomes (KEGG).
L'OG ha evidenziato che molti dei target hanno a che fare con stress e metabolismo dei lipidi, mentre la KEGG ha messo in luce da una parte la cancerogenicità chimica di alcuni target e la principale via di azione, la AGE-RAGE, implicata nei processi infiammatori tanto nelle complicazioni del diabete quanto nella steatosi non alcolica. Certo, se la curcumina bloccasse queste vie di segnale, potrebbe rallentare il processo di steatosi ed essere utile nella cura di questa malattia. Occorre ancora studiare e approfondire la questione, ma secondo gli autori la curcumina si rivelerà come una molecola utile nel contrastare il fegato grasso.
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Fonti: https://www.erboristeriarcobaleno.it/vitamine-e-minerali/zolfo-e-benessere/ e A-Magazine, PRIMAVERA 2024
Bibliografia
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• Trattato completo degli abusi e delle dipendenze. Volume 1 - U. Nizzoli, M. Pissacroia - Piccin - pag 984
• Terapia medica ragionata - A. Zangara - Piccin - pag 927
• EMA/HMPC/294188/2013
• Drug and Chemical Toxicology 2018, 43, 240-254
• https://www.salute.gov.it/portale/temi/allegato_decreto_botanicals.pdf
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• Metabolites 2023, 13, 440
• Zhong S et al.The therapeutic effect of silymarin in the treatment of nonalcoholic fatty disease. A meta-analysis (PRISMA) of randomized control trials. Medicine. 2017.
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• Mahmoudi, A.; Butler, A.E.; Majeed, M.; Banach, M.; Sahebkar, A. "Investigation of the Effect of Curcumin on Protein Targets in NAFLD Using Bioinformatic Analysis". Nutrients 2022, 14, 1331. https://doi.org/10.3390/nu14071331
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