ECONOMIA e FINANZA
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Professionisti al servizio del cittadino : “SOVRAINDEBITAMENTO” sono sempre di più gli italiani, Aziende o Famiglie, che si trovano a dover

26/08/15

Situazioni di vario genere, complice la crisi economica, hanno portato tante famiglie ad uno stato di sofferenza economica, tale da aver dovuto vendere tutto quanto in proprio possesso, abbandonare l’immobile già coperto da ipoteca ed appellarsi allo status di “sovraindebitamento”.

Verona, 21/08/2015 Con l'entrata in vigore del decreto legge n. 83/2015, viene introdotto una serie di importanti novità in materia di esecuzioni, prevedendo, attraverso la modifica del comma 2 dell’art. 480 c.p.c., l’obbligo del creditore di avvertire, nel medesimo atto, il debitore della possibilità di chiedere aiuto ad un organismo di composizione della crisi o ad un professionista nominato dal giudice, per “porre rimedio alla situazione di “sovraindebitamento”, concludendo con il creditore stesso un accordo di composizione della crisi o proponendo un piano del consumatore., preferibilmente evitando di arrivare in sede giudiziaria. L’istituto della composizione della crisi da sovraindebitamento nasce per porre rimedio a “una situazione di perdurante squilibrio economico fra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte”, che determina la definitiva incapacità del debitore di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni (art. 6, comma 2, della Legge n. 3/2012). Si tratta, in sostanza, della mancanza, protratta nel tempo, di risorse economiche per far fronte agli impegni assunti: una situazione analoga a quella che può determinare il fallimento dell’imprenditore commerciale. La fonte normativa è rappresentata dalla Legge 27 gennaio 2012, n. 3, rubricata “Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione della crisi da sovraindebitamento”, cosiddetta legge “Salva – Suicidi”, entrata in vigore in data 29.02.2012 e modificata, a distanza di nemmeno un anno dalla sua introduzione, con il D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, che ha integrato e corretto in più punti il Capo II° della Legge n. 3/2012. In realtà, tale previsione normativa non ha sinora avuto una significativa attuazione pratica, per una serie di ragioni, non ultima la scarsa conoscibilità da parte degli operatori del settore. Con l’entrata in vigore, in data 27.06.2015, del Decreto Legge 27 giugno 2015 n. 83, rubricato “Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell'amministrazione giudiziaria”, lo scenario, almeno nelle premesse, è destinato a mutare. Tutte le misure adottate con questo decreto legge, si legge nel comunicato stampa diffuso dal Governo, “muovono da un principio comune: un’azienda con problemi rischia di trascinare con sé altre imprese (fornitori di beni e servizi e intermediari finanziari) continuando a contrarre obbligazioni che non potrà soddisfare. Affrontare tempestivamente i casi di crisi aziendale consente di limitare le perdite del tessuto economico, sia nella dimensione strettamente imprenditoriale sia sul piano finanziario, o di risanare l’azienda, con benefici sul piano occupazione e più in generale tutelando il tessuto economico contiguo” (Gli imprenditori possono evitare un fallimento affrontando per tempo eventuali difficoltà e tenendo d'occhio la situazione finanziaria dell'impresa). Ma passiamo ora ad esaminare quali sono i rimedi messi a disposizione del Legislatore del 2012 per uscire dalla situazione di “sovraindebitamento”, precisando che essa si rivolge a tutte le situazioni di insolvenza o, comunque, di squilibrio patrimoniale sottratte alle regole del concorso fallimentare, il che significa che possono ricorrere ai nuovi procedimenti “tutti” i soggetti non fallibili. Il debitore in crisi ha tre possibilità:

1. Un procedimento generale per l’omologazione degli accordi di composizione della crisi: l’accordo con i creditori. Il debitore in stato di sovraindebitamento può proporre ai creditori, con l’ausilio degli organismi di composizione della crisi con sede nel circondario del tribunale competente un accordo di ristrutturazione dei debiti e di soddisfazione dei crediti sulla base di un piano che, assicurato il regolare pagamento dei titolari di crediti impignorabili ai sensi dell'articolo 545 del codice di procedura civile e delle altre disposizioni contenute in leggi speciali, preveda scadenze e modalità di pagamento dei creditori, anche se suddivisi in classi, indichi le eventuali garanzie rilasciate per l'adempimento dei debiti e le modalità per l’eventuale liquidazione dei beni. E’ possibile prevedere che i crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca possono non essere soddisfatti integralmente, allorché ne sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali insiste la causa di prelazione, come attestato dagli organismi di composizione della crisi. In ogni caso, con riguardo ai tributi costituenti risorse proprie dell'Unione europea, all'imposta sul valore aggiunto ed alle ritenute operate e non versate, il piano può prevedere esclusivamente la dilazione del pagamento. L’accordo di ristrutturazione dei debiti può essere utilizzato sia dai privati cittadini che da professionisti, associazioni, start up innovative, imprenditori agricoli e piccoli commercianti.

2. Un procedimento speciale, per l’omologazione del Piano del consumatore: può essere utilizzato da una persona fisica che non riesce a ripagare i propri debiti o che si trova in una “situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile”. Condizione per accedere al piano è che il debito non provenga da un’attività professionale o imprenditoriale. La definizione di “consumatore” che possiamo leggere nel nuovo art. 6, comma 2 della Legge 3 sostanzialmente rimanda alla definizione “ufficiale” di consumatore elaborata dall’art. 3 del Codice del Consumo (D. Lgs., n. 206/2005). Il procedimento non differisce sostanzialmente da quello previsto per l’accordo di composizione della crisi se non per il fatto che non è prevista alcuna votazione dei creditori e che il piano è omologato dal tribunale all’esito di un giudizio di omologazione fondato sulla fattibilità del piano e sulla meritevolezza del debitore valutata con riguardo alle cause del sovraindebitamento.

3. Un procedimento residuale: la Liquidazione del patrimonio: tale procedimento si apre a domanda del solo debitore e riguarda l’intero patrimonio di quest’ultimo, salvo i beni espressamente esclusi (i crediti impignorabili, i crediti alimentari e di mantenimento, etc..). Nei casi di revoca, cessazione di diritto, annullamento e risoluzione dell’accordo e di revoca e cessazione del piano del consumatore, la liquidazione dei beni si apre d’ufficio. Ognuna delle tre vie sopra descritte conduce all’esdebitazione, con il beneficio per il debitore di essere liberato dai debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali non soddisfatti. Come detto, a seguito dell’entrata in vigore del D.L. n. 83/2015, c.d. “anti credit crunch”, approvato dal Governo il 23 giugno scorso, sono state introdotte alcune importanti novità. Ai nostri fini, segnaliamo, in particolare, la modifica alla formula dell’atto di precetto che si arricchisce di una nuova dicitura. La riforma, infatti (ex art. 13), va a novellare il 2° comma dell’art. 480 c.p.c., dedicato alla “forma del precetto”, prevedendo un nuovo adempimento formale per il creditore, il quale è tenuto ad avvertire il debitore che può concludere con i creditori un accordo di composizione della crisi o proporre un “piano del consumatore”, con l’ausilio di un “organismo di composizione della crisi o di un professionista nominato dal giudice”. In questo modo, gli strumenti predisposti dal legislatore del 2012 per consentire ai debitori di uscire dalla situazione di crisi da sovraindebitamento, possono acquisire migliori margini di visibilità.

Certo, è necessario dare atto anche dei limiti di tale previsione normativa: è bensì vero, infatti, che l’atto di precetto si arricchisce di questo importante contenuto, ma è anche vero che il legislatore non indica quali siano le conseguenze dell’omissione di tal avvertimento. Inoltre, è bene precisare che il mero deposito della domanda di ammissione alle procedure sopra descritte non blocca ex se l’azione del creditore: non sospende il corso di procedure esecutive né ne inibisce l’avvio, restando riservata tale facoltà unicamente al giudice in fase di decreto di fissazione udienza. Concludiamo osservando che, qualcosa, comunque, si sta muovendo. E che il debitore, in crisi, affrontando in modo lucido e tempestivo la propria situazione, potrà, ove ben consigliato, uscire dalla situazione di allarme e giungere, in presenza degli idonei presupposti normativi, all’esdebitazione cioè alla liberazione dai debiti tutti, così come nelle migliori intenzioni del legislatore. Si tratta ora di comprendere se, anche in forza delle novità introdotte con il recente D.L. n. 83/2015, questi strumenti normativi possano finalmente trovare migliori margini di attuazione e giungere ad una conoscenza, per così dire, generalista e diffusa.
Avv. Sara Mischi Avv. Giulia Rossiello
Studio Legale saramischi@virgilio.it



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