ARTE E CULTURA
Comunicato Stampa

Reggio Calabria: incontro da remoto con il Circolo Culturale “L’Agorà” sul settecentenario dantesco che giunge al il terzo ciclo di incontri sul Sommo Poeta.

16/12/21

A Reggio Calabria continuano le letture dantesche organizzate dal Circolo Culturale “L’Agorà”. Il sodalizio culturale reggino, dopo gli appuntamenti di marzo ed ottobre, conclude l’anno con cinque conversazioni su Dante Alighieri.“Dante e il cibo” apre il ciclo delle conversazioni, da remoto, sul Settecentenario del Sommo Poeta. Per Dante ’Alighieri il peccato di gola era uno dei sette peccati capitali, considerato uno dei più gravi nel medioevo, poiché si tendeva ad insegnare a controllare i desideri futili e l’eccessivo consumo di alimenti.

Nella notte tra il 13 e il 14 settembre del 1321, moriva a Ravenna Dante Alighieri, il Sommo Poeta, simbolo e icona della cultura italiana nel mondo e creatore della Divina Commedia, testo base della lingua italiana. Il 2021 è l’anno del Sommo Poeta e nel corso di questo periodo sono stati organizzati vari eventi, mostre, spettacoli, convegni e itinerari dedicati alla sua figura. Anche il Circolo Culturale “L’Agorà” di Reggio Calabria, nel suo piccolo, ha organizzato una serie di incontri coinvolgendo vari studiosi, accademici di diversa provenienza che ricorderanno il padre della lingua italiana, e simbolo dell’unità del nostro Paese. L’influenza culturale di Dante Alighieri consiste nella ricezione che la produzione poetica del Sommo Poeta ha vestito in Italia e nel resto del mondo nel corso dei secoli, andando incontro a periodi avvicendati di stima e di chiara malevolenza da parte dei critici e degli artisti italiani e stranieri. Il Circolo Culturale “L’Agorà” di Reggio Calabria proprio nel mese di dicembre, darà inizia ad un terzo ciclo di incontri, dopo quelli del mese di marzo e di ottobre scorsi, con cinque nuovi appuntamenti dedicati a Dante Alighieri. I prossimi cinque appuntamenti (14,17,21,28 e 31 dicembre) organizzati dal Circolo Culturale “L’Agorà” saranno un percorso variegato su argomenti alquanto eterogenei riguardanti il cibo, la medicina, i fumetti, la televisione, la radio, il cinema, la pubblicità. L’influenza culturale di Dante Alighieri consiste nella ricezione che la produzione poetica del Sommo Poeta ha vestito in Italia e nel resto del mondo nel corso dei secoli, andando incontro a periodi avvicendati di stima e di chiara malevolenza da parte dei critici e degli artisti italiani e stranieri. Fin dal XIV secolo, la Divina Commedia aveva avuto una vasta e favorevole ricezione da parte del pubblico, constatazione che si può ricavare dai vari codici conservati, tra i quali troviamo un autografo di Giovanni Boccaccio. Conosciuta e apprezzata nel corso del ‘400, la produzione dantesca cominciò quindi a diffondersi anche in Spagna, Francia, Inghilterra e Germania, conoscendo una popolarità che durerà fino agli anni ’30 e ’40 del ‘500, quando infine il letterato Pietro Bembo escluse Dante dai modelli d’imitazione letteraria. In seguito, con la Controriforma, Dante conobbe anche la censura ecclesiastica per via del trattato “filo-imperiale” De Monarchia, iscritto nell’Indice dei libri proibiti. Ignorato o addirittura disprezzato nel ‘700, Dante ritrovò il favore dei critici e del pubblico nella stagione romantica, per via della forte religiosità, delle immagini poetiche ricche di pathos sentimentale e, anche, del messaggio politico adottato dal Risorgimento. “Dante e il cibo” apre il ciclo delle conversazioni, da remoto, sul Settecentenario del Sommo Poeta. Ma cosa mangiava Dante e come considerava il cibo? Pare che non fosse molto ghiotto. Riteneva che bisognasse mangiare per vivere, non viceversa, e riteneva disdicevole abbandonarsi smisuratamente al cibo. Alla tavola dei signori che lo ospitavano, sicuramente avrà rispettato il dettame della Chiesa di astenersi dal “grasso” il mercoledì, il venerdì e il sabato di ogni settimana, la vigilia delle feste e nei quaranta giorni della Quaresima, sostituendo la carne con il pesce. A questo proposito, un aneddoto popolare veneto racconta che Dante fu invitato a pranzo dal Doge in un giorno di magro e gli furono serviti pesci piccoli, pieni di spine. Il poeta non protestò, ma se ne infilò uno nell’orecchio; il Doge, incuriosito, chiese delucidazioni e Dante rispose che, poiché suo padre era morto in quel tratto dell’Adriatico, sperava che il pesce potesse dargli qualche informazione, ma “El dise lui e i soi compagni - indicando quelli nel piatto - esser troppo giovini e non si ricordano, ma che qui ne sono vecchi e grandi, che mi saranno dar novella”. Capita l’allusione, il Doge ordinò che gli fosse servito un pesce più grosso. Al tempo di Dante i pesci, più che pescati erano allevati nelle peschiere, e nel canto V del Paradiso afferma: “Come ’n peschiera ch’è tranquilla e pura traggonsi i pesci a ciò che vien di fori per modo che lo stimin lor pastura...”. Di anguille si legge nel Purgatorio, con papa Martino IV, messo tra i golosi che si sono pentiti in punto di morte: “... purga per digiuno / l’anguille di Bolsena e la vernaccia”; un gran mangiatore tanto che alla sua morte fu composto l'epitaffio “le anguille sono felici del fatto che qui giaccia morto quel tale, che le scorticava come per punirle della loro morte”. Nell’Inferno, invece, nel canto XXIX, dove sono puniti i falsificatori di metalli, a proposito di Griffolino d’Arezzo e di Capocchio da Siena, Dante usa una similitudine piuttosto violenta paragonando il grattare delle loro unghie al coltello che squama un pesce dalle dure scaglie: “e sì traevan giù l’unghie la scabbia/come coltel di scardova le scaglie/ o d’altro pesce che più larghe l’abbia”.Tenuto conto dei protocolli di sicurezza anti-contagio e dei risultati altalenanti della pandemia di COVID 19 e nel rispetto delle norme del DPCM del 24 ottobre 2020 la conversazione sarà disponibile, sulle varie piattaforme Social Network presenti nella rete, a far data dal 14 dicembre.



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