SPETTACOLO
Comunicato Stampa

Teatro Bonci, Cesena / ER T "Le cinque rose di Jennifer" con Daniele Russo, Sergio Del Prete e la regia di Gabriele Russo

Il più simbolico testo del drammaturgo campano Annibale Ruccello.

Foto =Ne "Le cinque rose di Jennifer" di Annibale Ruccello, Jennifer è un travestito romantico che abita in un quartiere popolare della Napoli degli anni ‘80. Chiuso in casa per aspettare la telefonata di Franco, l’ingegnere di Genova di cui è innamorato, gli dedica continuamente "Se perdo te" e "Sentimento" di Patty Pravo e, poi, Mina ("Grande, Grande, Grande", "Ancora, Ancora, Ancora"). Ornella Vanoni ("L'appuntamento") e Milva ("Quatto Vestiti"), alla radio che, intanto, trasmette frequenti aggiornamenti sul serial killer che in quelle ore uccide i travestiti del quartiere.



Gabriele Russo affronta per la prima volta un testo di Ruccello – scegliendo il più simbolico, quello che nel 1980 impose il drammaturgo all’attenzione di pubblico e critica. Il regista ci preannuncia una messinscena dall’estetica potente, fedele al testo e, dunque, alle intenzioni dell’autore «ci atteniamo alle rigide regole e alle precise indicazioni che ci dà Ruccello stesso – racconta Russo – cercando di attraversare, analizzare, capire sera per sera, replica dopo replica un testo strutturalmente perfetto, che delinea un personaggio così pieno di vita che pare ribellarsi alla mano di una regia che vuole piegarlo alla propria personalissima visione. Non è un testo su cui sovrascrivere ma in cui scavare, per tirare fuori sottotesti, possibilità, suggestioni, dubbi». In scena, un inedito Daniele Russo, affiancato da Sergio Del Prete in un allestimento che restituirà.

Assistiamo ad una messinscena dall’estetica potente, fedele al testo e, dunque, alle intenzioni dell’autore.

“Ci atteniamo alle rigide regole e alle precise indicazioni che ci dà Ruccello stesso – racconta il regista – cercando di attraversare, analizzare, capire sera per sera, replica dopo replica un testo strutturalmente perfetto, che delinea un personaggio così pieno di vita che pare ribellarsi alla mano di una regia che vuole piegarlo alla propria personalissima visione. Non è un testo su cui sovrascrivere ma in cui scavare, per tirare fuori sottotesti, possibilità, suggestioni, dubbi.

I temi e i livelli di lettura non sono univoci, non possono essere ingabbiati ed intellettualizzati. Le cinque rose di Jennifer racconta di due travestiti napoletani ma racconta anche e soprattutto la solitudine, la solitudine che è il rovescio della medaglia della speranza che Jennifer mantiene dentro di sè fino alla fine e, dal mio punto di vista, oggi racconta con forza anche la condizione dell’emarginato, quella di chi si deve nascondere. Ecco perché in questa nostra messinscena Jennifer al suo ingresso in casa non vestirà panni che dichiarano la sua condizione femminile ma si nasconderà in abiti apparentemente maschili, trasformandosi solo nell’intimità casalinga, in cui è libera di essere o di provare a essere. La trasformazione è un tema centrale della nostra messinscena: il travestire più che il travestito, il che ci lega anche alla città ed ai mille modi in cui essa si “copre” e “agghinda”. Jennifer si traveste, come un attore, come Napoli. Jennifer si trasforma, come un attore, come Napoli. È fragile, come un attore, come Napoli. Prova, come un attore, non come Napoli, che non ci prova nemmeno.
L’estetica della messinscena, sarà nel segno del Kitsch, un aspetto che Ruccello tiene ad evidenziare fin dalle prime didascalie, che rimanda a uno stile e a un linguaggio specifici. Per spiegarmi meglio, prendo a prestito le parole di Kundera, secondo il quale «Nel regno del Kitsch impera la dittatura del cuore. […] Il Kitsch elimina dal proprio campo visivo tutto ciò che nell’esistenza umana è essenzialmente inaccettabile.» è un mondo di sentimenti, dove vige la dittatura del cuore e, nel caso di Jennifer, la solitudine. Le restano solo gli oggetti e le fantasie a cui aggrapparsi per non sprofondare nel vuoto, nelle mancanze, nelle ansie, nelle angoscia. L’estetica del Kitsch è finzione, così Jennifer finge con gli altri e con se stessa fino alle estreme conseguenze, respinge dal proprio campo visivo ciò che è essenzialmente inaccettabile. In tal senso è una vera attrice, perché finge talmente bene da essere vera.(Gabriele Russo)

Le scene di Lucia Imperato, i costumi di Chiara Aversano e il disegno luci di Salvatore Palladino restituiscono tutta la malinconia del testo di Ruccello, per un nuovo, inedito "Aspettando Franco".


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Teatro Bonci, Cesena / ER T

Le cinque rose di Jennifer

di Annibale Ruccello

con Daniele Russo e Sergio Del Prete

scene Lucia Imperato
costumi Chiara Aversano
disegno luci Salvatore Palladino
progetto Sonoro Alessio Foglia

regia Gabriele Russo

produzione Fondazione Teatro di Napoli - Teatro Bellini

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