"Terra dei fuochi". Il reato di combustione illecita di rifiuti: una nuova ipotesi di responsabilità degli enti?
Dopo l'approvazione con modifiche ed emendamenti della Camera dei Deputati, ieri, 5 febbraio 2014, è giunto anche il sì del Senato della Repubblica alla legge di conversione del D.L. 136/2013 per le emergenze ambientali e industriali.
Il famigerato decreto "Terra dei fuochi", oramai convertito in legge, prende il nome da quella parte di territorio campano, compreso tra le province di Napoli e Caserta, interessato dal fenomeno dei roghi di rifiuti tossici. Infatti, il convertito decreto legge reca disposizioni per le situazioni di emergenza ambientale in Campania e in Puglia, oltre ad ulteriori disposizioni riguardanti talune gestioni commissariali e la disciplina dei commissari per la difesa del suolo.
Proprio allo scopo di fronteggiare l'emergenza dei roghi di rifiuti, l'articolo 3 introduce una nuova fattispecie incriminatrice all'interno del Codice dell'Ambiente. Si tratta del reato di combustione illecita di rifiuti, prevista dal nuovo art. 256-bis che punisce con la reclusione da due a cinque anni, "salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque appicca il fuoco a rifiuti abbandonati ovvero depositati in maniera incontrollata".
Nel caso in cui sia appiccato il fuoco a rifiuti pericolosi, si applica la pena della reclusione da tre a sei anni.
Le stesse pene si applicano altresì a chi commette le condotte previste dai reati di abbandono di rifiuti (art. 255, comma 1, D.Lgs. 152/2006), di gestione non autorizzata (art 256 D.Lgs. 152/2006) o traffico illecito di rifiuti (art. 259 D.Lgs. 152/2006), che saranno dunque punite ben più severamente ai sensi dell'art. 256-bis comma 2 in tutti i casi in cui siano poste in essere in funzione della successiva combustione illecita di rifiuti.
Il responsabile è tenuto al ripristino dello stato dei luoghi, al risarcimento del danno ambientale e al pagamento, anche in via di regresso, delle spese per la bonifica. Sono inoltre soggetti a confisca i mezzi impiegati per la commissione del delitto in esame ed i luoghi dallo stesso interessati.
I successivi commi della norma in esame introducono anche delle circostanze aggravanti specifiche che determinano l'aumento di un terzo della pena per i casi in cui il fatto sia commesso in territori che, al momento della condotta e comunque nei cinque anni precedenti, siano o siano stati interessati da dichiarazioni di stato di emergenza nel settore dei rifiuti ai sensi della L. 225/1992 e per il caso in cui il delitto di combustione illecita sia commesso nell'ambito di un'attività di impresa o comunque di un'attività organizzata (si pensi ad esempio al caso dei rifiuti prodotti e illecitamente smaltiti nell'ambito dei cantieri edili).
Il comma 3 dell'art. 256-bis introduce una posizione di garanzia per i titolari delle imprese o, comunque, per i responsabili di attività organizzate. In particolare, si prevede un vero e proprio obbligo di vigilanza in capo ai responsabili sull'operato dei soggetti riconducibili alla propria attività e, nel caso in cui tale obbligo rimanga inadempiuto e siano poste in essere le condotte incriminate dalla norma in esame, i responsabili saranno chiamati a rispondere penalmente unitamente ai propri sottoposti.
Il comma 3 dell'art 256-bis prevede inoltre, all'ultimo periodo che "ai predetti titolari d’impresa o responsabili dell’attività si applicano altresì le sanzioni previste dall’articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231".
Si tratta delle c.d. sanzioni interdittive, applicate in seguito al riconoscimento di responsabilità amministrativa degli enti in seguito alla commissione di un reato nel loro interesse o vantaggio per mano di un soggetto agli stessi riconducibile.
Il periodo citato, in effetti, non risulta affatto chiaro. Ci troviamo di fronte ad una nuova ipotesi di reato presupposto di responsabilità amministrativa ex D. Lgs. 231/2001? O l'intenzione del legislatore era quella di punire l'impresa o l'attività organizzata per l'omessa vigilanza del suo responsabile, senza sottoporla ad un procedimento ad hoc, dal momento che non si prevede il diretto inserimento del reato in esame all'interno dell'elenco del D. Lgs.231/2001?
Dubbi leciti perché, di fatto, se il legislatore con la previsione in esame avesse inteso sanzionare il responsabile dell'impresa o dell'attività organizzata inteso come persona fisica, avrebbe fatto senz'altro riferimento alle pene accessorie di cui all'art. 19 del codice penale e non alle sanzioni interdittive poste a carico degli enti ex art. 9 D. Lgs. 231/2001.
Ciò che appare più probabile è che si tratti di un altro strafalcione di un legislatore sempre più distratto.
Il Decreto "terra dei fuochi", infatti, nel suo testo originale, non conteneva alcun cenno al Decreto 231. L'idea di estendere l'ambito applicativo della responsabilità amministrativa degli enti anche al delitto di combustione di rifiuti è infatti frutto dei lavori parlamentari.
In vero, presentando emendamenti al testo originario del terzo comma dell'art. 256-bis, è stato il deputato Gallo (M5S) a suggerire di prevedere "- un aumento di pena di un terzo se l’illecito è commesso nell’ambito di attività d’impresa; - una responsabilità amministrativa per omessa vigilanza (sugli autori del reato) a carico del titolare dell'impresa o del responsabile dell'attività illecita organizzata" e che "a tali soggetti si applicano sanzioni amministrative interdittive (interdizione dell'esercizio dell'attività, sospensione o revoca delle autorizzazioni, divieto di contrattazione con la P.A, esclusioni e revoca da finanziamenti, sussidi, ecc.)". Il deputato suggeriva inoltre di valutare "per esigenze sistematiche, l’opportunità di aggiungere il nuovo delitto di combustione illecita di cui all’art. 256-bis al catalogo dei reati del Codice dell’ambiente per cui il D. Lgs. 231/2001 prevede sanzioni pecuniarie (art. 25-undecies, comma 2)".
Probabilmente dalla proposta del deputato grillino è stata tratta l'ispirazione per la formulazione del fraseggio analizzato, prodotto di un emendamento dell'assemblea intervenuto durante l'esame del testo di conversione alla Camera dei Deputati.
Ora, così come formulato, dopo aver superato l'esame del Senato della Repubblica, il terzo comma dell'art.256-bis non pare certo idoneo ad introdurre il delitto di combustione dei rifiuti tra i reati presupposto di responsabilità amministrativa degli enti, ma al più a porre a carico del solo titolare d'impresa o responsabile di attività organizzata delle sanzioni accessorie ideate per essere comminate ad enti collettivi.
Non resta dunque che attendere l'ennesimo intervento legislativo chiarificatore, che permetta di comprendere cosa, in realtà, con tale previsione si sia voluto significare.
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