Tutto partì da quei colli ...
Da secoli sembrano vigilare sulle coste pontine. E da la ebbe inizio la gloriosa civilità romana (...)
Secondo il poeta romano Ovidio il nome latino latium significherebbe nascondiglio (narra infatti una leggenda che il Dio Saturno si sia nascosto in questa terra per sfuggire alle ire di Giove); e se consideriamo che il ‘Latium Antiquum’ era il territorio compreso tra il fiume Tevere e il capo Circeo, mai nome fu così appropriato per rappresentare una zona d’impervia natura, ricca di selve e foreste, paludi, e di alture caratterizzate da grotte, caverne, anfratti e dirupi.
I Colli Albani, residuo di un apparato vulcanico di età quaternaria, con i suoi laghi di Albano e Nemi, in origine crateri laterali, impenetrabili e caratterizzati da una fitta vegetazione, sono i territori che inizialmente hanno visto i primi insediamenti umani (testimonianze di manufatti in selce risalenti al paleolitico); solo però con l’avvento della civiltà laziale e del popolo degli Albani si formano in quell’area le prime città, tra cui la più importante è Alba Longa.
Sempre secondo la tradizione Alba venne fondata da Ascanio , figlio del Troiano Enea, e successivamente diede anche i natali a Romolo e Remo, principi Albani e fondatori della Città Eterna. Il ruolo dominante e centrale di Roma, già lo troviamo presente nella “madre”, in quanto Alba Longa secondo la tradizione sarebbe stata la capitale di una antica Lega Religiosa dei ‘Prisci Latini’ composta da trenta piccole comunità (in proposito si ricorda che l’attuale stemma comunale di Albano Laziale, che con Castel Gandolfo rivendica le origini illustre dell’antica città, reca l’immagine della scrofa bianca con trenta porcellini, come a rammentare il ruolo di madre che ebbe nei confronti dei Latini).
Ogni anno infatti i trenta ‘Populi Albenses’ si riunivano in primavera nel santuario federale sito sulla sommità del Monte Cavo, per celebrare, in onore di ‘Jupiter Latiaris’ le celebri Feriae Latinae, che dopo spettacoli di gare e giochi, si concludevano con un grandioso e solenne banchetto durante il quale si mangiava la carne degli animali sacrificati sull’altare del Dio Protettore.
Ai nostri giorni, comunque, nonostante vari interventi non sempre edificanti e manomissioni intervenute, rimane di grande interesse l’escursione che risale il Monte Cavo (l’antico Mons Albanus) lungo l’antica ed intatta Via Sacra (o Via Triumphalis), che tra castagneti secolari e suggestivi scorci panoramici sui laghi sottostante di Nemi e Castel Gandolfo, fa rivivere un passato illustre anche per la presenza sull’originario ed integro basolato di graffiti e segni propiziatori incisi dagli antichi devoti, pellegrini, e viaggianti d’ogni tempo.
Giunti alla sommità (mt.949 s.l.m.) si possono ancora ammirare i resti dell’antico santuario, ormai dimenticati e semi-nascosti dalla vegetazione.
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