Vino come farmaco
Storia di una antica terapia.
Fin dalle origini il vino era usato anche a scopi medicinali e Ippocrate (IV sec. a.C.), uno dei più eminenti medici dell’antichità, lo prescriveva per curare le ferite, come bevanda nutriente, antifebbrile, purgante e diuretica. Galeno (II sec. d.C.) a sua volta faceva grande uso di vini medicinali, e fu grazie alla diffusione delle sue opere in epoca bizantina, che l’uso del vino come medicinale riuscì a sopravvivere al crollo dell’Impero romano d’Occidente.
La raccomandazione di Galeno di ricorrere al vino per le ferite, per rinvigorire i fisici debilitati, e come febbrifugo fu ampiamente seguita nell’Europa del Medioevo soprattutto da monaci e Cavalieri Ospitalieri. Ma fu il “Liber de Vinis” di Arnaldo da Villanova (XIII sec.) a stabilire con fermezza l’uso del vino come sistema terapeutico riconosciuto. Fra l’ampia lista dei suoi usi medicamentosi, il da Villanova ne sottolineava le qualità antisettiche, corroboranti e ne consigliava l’uso nella preparazione degli impiastri. Per tutto il periodo medioevale il vino fu uno dei pochi liquidi capaci, per effetto del suo contenuto alcolico, di sciogliere e nascondere il sapore delle sostanze ritenute curative dai medici dell’epoca. Le “teriache” una sorta di vini medicati, entrarono così in uso per le affezioni più diverse.
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