SALUTE e MEDICINA
Comunicato Stampa

VITILIGINE una nuova scoperta fa luce sulle possibili cause

02/12/13

Una recente scoperta di un gruppo di ricerca condotto dal Dott. Matteo Bordignon ridà la speranza a milioni di pazienti afflitti dalla malattia della vitiligine

VITILIGINE
una nuova scoperta fa luce sulle possibili cause


Pubblicato nel “Journal of Dermatological Science” (una delle riviste più autorevoli nel campo della ricerca dermatologica) uno studio di un gruppo di ricerca italiano in cui è stata identificata per la prima volta una proteina che sembra essere la vera causa dell’espressione clinica della patologia, finora attribuita ad un malfunzionamento del sistema immunitario. Si aprono nuove prospettive terapeutiche.


La vitiligine è una malattia della pelle che si manifesta con la formazione di chiazze cutanee acromiche in vari distretti corporei. Si stima che oltre 100 milioni di pazienti al mondo ne siano affetti. La malattia (che ha colpito anche personaggi del calibro di Michael Jackson) non ha finora ancora una chiara spiegazione patogenetica e le terapie a disposizione sono spesso molto deludenti.

L’ipotesi ad oggi più accreditata riconosce una causa autoimmunitaria all’origine della vitiligine. Tuttavia, questa teoria non è mai stata in grado di spiegare le caratteristiche cliniche della patologia (vale a dire la formazione delle chiazze acromiche senza altri segni infiammatori cutanei, di solito presenti in tutte le altre dermatosi ad eziologia autoimmune) e né il manifestarsi della stessa in particolari e costanti distretti corporei (in particolare volto, mani e piedi). Sulla base di tale convinzione, inoltre, le terapie ad oggi disponibili si basano essenzialmente su farmaci immunosoppressori (corticosteroidi, derivati della calcineurina, fototerapia), che spesso non hanno alcun effetto sulla patologia.

Lo studio, realizzato da un team di ricerca dell’Università degli Studi di Padova e coordinato dal Dr. Matteo Bordignon, è riuscito ad identificare per la prima volta una proteina che potrebbe essere capace di produrre le manifestazioni cliniche della vitiligine, senza alcun ruolo del sistema immunitario.

La proteina in questione, denominata MIA (Melanoma Inhibitory Activity – anche se l’acronimo non rispecchia le vere funzioni di tale proteina) è una molecola già nota in ambito scientifico per la sua capacità di favorire le metastasi a distanza del melanoma maligno cutaneo, un gravissimo tumore della pelle che deriva proprio dai melanociti (le stesse cellule assenti in corso di vitiligine). Tale proteina agisce tagliando alcune molecole di adesione dei melanociti maligni (le integrine alpha5beta1) e favorendo così il distacco delle cellule tumorali, aumentando la probabilità della loro diffusione nell’organismo umano.

Lo studio ha preso in esame 10 biopsie cutanee di pazienti affetti da vitiligine e 5 campioni di cute sana. 9 campioni su 10 sono risultati positivi per la presenza di MIA, mentre tutti i campioni di controllo sono risultati negativi. L’unico caso negativo, inoltre, è stato revisionato evidenziando che il paziente su cui era stata eseguita la biopsia soffriva di una forma diversa di vitiligine (cosiddetta segmentaria), mentre tutti gli altri pazienti risultavano affetti dalla forma non-segmentaria (la forma progressiva e più diffusa al mondo).
E’ stato inoltre verificato che su tutti i casi positivi, il fattore MIA si colocalizzava con le integrine alpha5beta1 (espresse anch’esse fisiologicamente sui melanociti non neoplastici).

“E’ stata una sorpresa enorme trovare il MIA su campioni di cute patologica ma non neoplastica - commenta il Dr. Matteo Bordignon - poiché la cute sana era già stata analizzata in precedenza con esito negativo, come confermano i nostri dati.”

“Il meccanismo patogenetico in accordo con i nostri studi - prosegue il Dr. Bordignon - spiegherebbe molti lati oscuri della patologia. Il fattore MIA attaccherebbe le molecole di adesione - le integrine alpha5beta1 - poste tra i melanociti e la membrana basale (la struttura che separa l’epidermide dal derma e su cui normalmente appoggiano i melanociti) e poi un secondo stimolo patogenetico (come traumatismo cutaneo esterno, stress ossidativo o autoanticorpi) provocherebbe il distacco completo del melanocita dalla membrana basale, il quale – per così dire - abbandonerebbe la scena “in silenzio”, senza cioè attivare le sentinelle immunitarie del nostro organismo, abbandonando la porzione di cute interessata assieme ai cheratinociti circostanti e quindi lasciandola del tutto priva della melanina.”

“Sebbene altri studi siano necessari per confermare questa osservazione, il fatto che il 100% dei pazienti testati affetti da vitiligine non-segmentaria sia risultato positivo per l’espressione di MIA è un dato veramente incoraggiante e che forse ci fa sperare di essere sulla strada giusta, in particolare - conclude il Dr. Bordignon - per aprire nuove prospettive terapeutiche mirate per la cura di questa malattia”.


Per informazioni di carattere scientifico contattare:
Dr. Matteo Bordignon - matteo.bordignon@gmail.com
Medico-Chirugo
Specialista in Dermatologia e Venereologia
Dottore di Ricerca in Biomedicina e Scienze Immunologiche


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