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Ada Incudine, Recensione a Roberto Pasanisi, 'Gli Angeli', Salerno, Ripostes, 2004

17/02/09

"L’animo del poeta, nobile e trasparente come un prezioso fiore di vetro, racconta una storia singolare ed originale sulla vita, l’amore e ‹‹la bellezza››, in uno struggente romanzo poetico dove sogno e realtà, ideali e amore, solitudine ed aspettative si fondono in un disperato e sublime canto dell’anima. Il testo è musica allo stato puro, espressione delle emozioni e degli stati d’animo, voce del disagio e della sofferenza, come i ritmi, le atmosfere e le malie del blues. Un romanzo onirico, visionario, a nervi scoperti che ha i colori dell’anima, un dolente canto solitario alla luna nel ritratto di un mondo che muore, che è già morto e non lo sa. Un mondo scucito, impotente nell’abisso del nulla, senza più ‹‹la bellezza››, la spiritualità e la tensione morale. [...] Nel caos della Storia e nel tramonto dei personaggi, come nel West crepuscolare, quel che conta è non dimenticarsi mai di se stessi, ricercarsi, mantenere integra la propria pura essenza, la propria identità, ‘bussando alla porta del Paradiso’." (Ada Incudine, già Università di Roma "La Sapienza")

Roberto Pasanisi, "Gli Angeli", Salerno, Ripostes, 2004


L’animo del poeta, nobile e trasparente come un prezioso fiore di vetro, racconta una storia singolare ed originale sulla vita, l’amore e ‹‹la bellezza››, in uno struggente romanzo poetico dove sogno e realtà, ideali e amore, solitudine ed aspettative si fondono in un disperato e sublime canto dell’anima.
Il testo è musica allo stato puro, espressione delle emozioni e degli stati d’animo, voce del disagio e della sofferenza, come i ritmi, le atmosfere e le malie del blues. Un romanzo onirico, visionario, a nervi scoperti che ha i colori dell’anima, un dolente canto solitario alla luna nel ritratto di un mondo che muore, che è già morto e non lo sa. Un mondo scucito, impotente nell’abisso del nulla, senza più ‹‹la bellezza››, la spiritualità e la tensione morale.
I passaggi narrativi, di sapiente ricchezza stilistica, lasciano filtrare le notevolissime conoscenze saggistiche, filosofiche, psicologiche e sociologiche dell’Autore, in un susseguirsi simbolico di storie, luoghi, emozioni, nella tensione crescente di un finale misterioso e ineluttabile. La voce dell’io narrante attraversa la vita degli altri che scorre nella sua, egli ne è spettatore, vorrebbe entrarvi ed a tratti vi partecipa per poi ritirarsi smarrito e disgustato dall’insolenza della volgarità, dai sogni che si frantumano come cristalli di Baccarat.
Nello scontro fra il prendere la vita di petto, vivendola con ‹‹semplicità››, e il rifugiarsi nel sogno, L’Autore ordisce la texture narrativa in un viaggio emblematico, catartico, di ricerca interiore, in bilico fra il sogno, i ricordi fallimentari ossessivi e la ricerca dell’amore e dell’Assoluto. Amore per la donna-angelo, portatrice di vita, donna- bellezza, donna-mistero, con cui fondersi per l’eternità.
Gli Angeli non sono soltanto le figure femminili rincorse e poi tragicamente disperse nel cuore e nella realtà, ma angeli sono soprattutto questi uomini che svelano la loro parte femminile, la loro stupenda fragilità, il bisogno totalizzante di ricerca, costi quel che costi. Parlar d’amore non è di questi tempi, parlar d’amore da parte di un uomo, anche se scrittore - poeta, evoca tenerezza e candore; cercare l’amore e volerlo trattenere a sé per l’eterno nella sua unicità ed irripetibilità, estraneo alle mercificazioni e agli imbarbarimenti della società contemporanea, è semplicemente nobile, spirituale, altissimo. Nell’Amore ‘vero’ c’è la ricerca di Dio, del riconoscimento di quella parte incorruttibile della natura umana che è essenza primigenia.
L’Amore unico ed esclusivo, al quale il protagonista anela, viene narrato sotto le diverse maschere di un solo attore il quale, come un ‹‹vivisezionista››, esamina spietatamente se stesso nella ricerca dei propri errori e della conoscenza di sé.
Sarà la realtà, il nichilismo con il suo testamento amorale a porre fine all’Eden, alla conclusione ultima, all’atto immobile e paradossale della resa finale a cui lasciamo al lettore la sorpresa.
La storia si snoda come una scommessa fra estranei che si imbattono l’uno nell’altro e che sembrano aspettarsi da sempre e da mai.
La passione è un accidente, un regalo della sorte e un contrappasso del desiderio.
Il sesso si esplicita, il più delle volte si sfoga, pulsa, si esprime, si appaga nel pensiero e in parole compresse.
È la pelle dei pensieri: le parole, le emozioni sono fatte per nascondere e non spogliano mai la vera intimità.
Il protagonista declina un lessico amoroso solitario e isolato, con i suoi tempi e le sue fughe, le sue chiavi e il suo personale pentagramma emotivo.
È l’esistenza di un uomo segnato dalla sua crisi esistenziale e dal suo inarrestabile prosciugarsi a livello emotivo e psicologico, che si estrinseca in una conclusione tanto inevitabile quanto simbolica.
Si sviluppa, così, un flusso verbale vigoroso, vorticoso, amaro, tagliente, serrato e sconsolato tra fallimenti e fughe, incantamenti improvvisi, esasperati, disperati, tra il lungo tempo ansiogeno della conquista, la speranza della possibile felicità, e poi il baratro dell’amarezza per la perdita, con il cuore ustionato dall’abbandono.
L’Autore mette in scena, senza retorica e fuori dalle convezioni una scrittura creativa fatta con il corpo dei sostantivi, degli aggettivi e dei verbi delle emozioni amorose, dei cieli azzurrati e delle praterie stellate, delle cavalcate nostalgiche fra i bagliori metallici della Harley Davidson e il furore coraggioso di Geronimo il semidio, le cui ‹‹frecce sono raggi di sole››. La morte al ralenti, di banditi, cowboys, bounty killers, sguardi e sangue, carneficine, banche, pallottole e gringos sono sovrastati dal combattimento all’ultimo sangue con il mondo stesso del leggendario Billy the Kid. È così che l’Autore stringe e inchioda il lettore in una successione sincopata di climax narrativo deflagrante.
I personaggi vivono nel segno della morte vicina, hanno tutti più vita dietro che davanti, in uno struggimento consapevole di voler vivere altre vite, ma di essere destinati ad un addio tragico e desolato. Nathaniel, il suo nome derivante dall’ebraico emblematicamente significa regalo del Signore, incrocia il termine della sua lunga notte con un carico saturo di sogni e di pessimismo filosofico, facendo i conti con le sue frustrazioni e il suo grande salto.
Il suo è un West serrato, astratto e metropolitano, c’è nell’aria il sapore dell’antieroe perdente sbalzato in una modernità da terzo millennio, cruda, frettolosa e fredda.
È la rotta di collisione fra le aspettative, uno scampolo di sogni, e la realtà degli ‹‹orrori metropolitani››, dove donne infernali si rivelano al fine, glaciali meretrici, al limite della mostruosità. L’Autore è un jazzista immerso nell’improvvisazione di una jam session narrativa dai colori e dalla velocità di un action movie visivo e narrativo, fra discoteche fatte di corpi sudati e calci al cuore, di stordimento e precisione d’analisi.
Il conflitto fra razionalità e istinto, fra freddezza e passione è portato all’esasperazione fino all’arrivo del Male che avviluppa tutto nella sua notte verdastra di neon e flash psichedelici. Le strade fatte di luci orizzontali colorate e innaturali, smaglianti di polluzione, vengono fagocitate nel nulla, come nulla sono i suoi abitanti, vicoli ciechi della perdita totale del Sé. Sarà l’occhio del Cantore accorato ad avvolgere i personaggi, modellandone le psicologie, ritmandone i tempi, giù fino al fondo del suo e del nostro disperato cuore notturno.
Nel caos della Storia e nel tramonto dei personaggi, come nel West crepuscolare, quel che conta è non dimenticarsi mai di se stessi, ricercarsi, mantenere integra la propria pura essenza, la propria identità, ‘bussando alla porta del Paradiso’.


Ada Incudine
(già Università di Roma “La Sapienza”)



Ada Incudine, Recensione a "Gli angeli", Ripostes, Salerno, 2004, in “Prospettiva Persona”, XIV, 53-54, dicembre 2005, pp. 111-112



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