Artemisina e cancro
L'artemisinina è un principio attivo che viene ricavato per estrazione dall'Artemisia annua, una pianta molto conosciuta e usata dalla Medicina tradizionale cinese, studiata anche per le sue capacità ossigenanti e potenzialmente antitumorali.
L'artemisinina è una molecola che è stata individuata e isolata da una farmacista cinese nel 1972, che ne ha studiato le proprietà per la formulazione di un farmaco antimalarico.
Attualmente l’artemisinina e i suoi derivati sono allo studio di comitati scientifici per la ricerca oncologica. L’Università di Washington ha pubblicato i risultati delle ricerche del Prof. Henry Lai, docente emerito della facoltà di Bioingegneria e del Prof. Narendra Pal Singh docente ricercatore della facoltà di Medicina Oncologica, sugli effetti dell’artemisinina sul cancro al seno nei ratti.
Chimicamente l’Artemisinina è un lattone sesquiterpenico con un anello triossanico comprendente un legame perossidico, al quale è essenzialmente legata l’attività antimalarica. Il plasmodio per sopravvivere metabolizza quasi il 25% dell'emoglobina dei globuli rossi in cui esso si insinua, e siccome non può eliminare il ferro contenuto nelle cellule del sangue di cui si nutre, lo immagazzina. Lo ione ferroso presente nel gruppo eme accumulato dal parassita riduce il legame perossidico comportando la formazione di radicali; questi risultano efficaci nel colpire alcuni siti proteici del parassita rendendo di fatto il ferro accumulato tossico per il parassita.
In modo simile, l’Artemisinina è in grado di influenzare l’attività delle cellule tumorali che contengono un’elevata concentrazione di ferro; infatti è riportato in diversi studi scientifici che alcuni derivati dell’Artemisinina agiscono sulla proliferazione cellulare e la vitalità delle cellule tumorali attraverso un meccanismo d'azione ancora non ben chiaro. Le cellule tumorali presentano grandi concentrazioni intracellulari di ione Ferro, abbinate ad un alto numero di recettori transmembrana per la Transferrina (necessari per captare il ferro extracellulare e trasportarlo nella cellula).
Lo ione ferro è infatti necessario a sostenere l'esasperato tasso di divisione mitotica che contraddistingue le cellule neoplastiche. Non a caso, le concentrazioni di recettori transmembrana per la transferrina correlano perfettamente con l'aggressività del tumore. Proprio per le importanti concentrazioni di ferro, le cellule maligne risultano teoricamente più sensibili all'effetto pro-ossidante dell'artemisinina, rendendola di fatto piuttosto selettiva.
L’azione molto potente dell’Artemisina è legata alla struttura chimica che lega il ferro intracellulare. Il meccanismo d’azione, diverso dagli altri antimalarici, lo rende un farmaco privo di farmaco-resistenza. L’Artemisinina e i suoi derivati stanno riscuotendo molto interesse nel campo della ricerca di base per la loro capacità di eliminare selettivamente le cellule tumorali. È interessante notare che i suoi dimeri hanno mostrato attività anti-cancro più potente della forma monomerica.
La captazione del ferro intracellulare è regolata dal recettore di transferrina (TfR) e l’attività di artemisinina dipende dalla disponibilità di ferro. I ricercatori hanno visto che questa molecola, liberando radicali liberi, colpisce selettivamente le cellule contenenti eccessive quantità di ferro (le cellule tumorali ne contengono molto più della media) portandole all’eliminazione.
Il motivo principale per il quale l’artemisinina è un trattamento efficace contro il cancro è che questa funziona principalmente attraverso l'ossidazione. Il composto entra nelle cellule cancerose e reagisce con il ferro già presente nel corpo.
Questa reazione rilascia molecole di perossido dell’artemisinina, che creano un tipo di ossigeno altamente reattivo, molto simile a un radicale libero. La reazione conseguente e naturale è che il radicale libero distrugge l'intera cellula cancerosa. Il ferro aumenta solo la reazione.
Inoltre sia l’artemisinina che i suoi composti hanno dimostrato di avere effetti anti-angiogenetici, interruzione della migrazione, modulazione della risposta recettoriale nucleare, anti-infiammatori, anti-metastatici e perturbazione di molte vie di trasduzione del segnale.
Queste caratteristiche rendono i composti di questa molecola candidati ad intraprendere la via classica di studio per valutare l’attività chemioterapica anti cancro.
Il principale effetto collaterale riportato in numerosi studi clinici su animali di grossa taglia è stato la neurotossicità. Confrontando i dati vengono evidenziati legami con il dosaggio, la modalità di somministrazione ed il tempo di somministrazione. Il dosaggio pertanto non deve essere prolungato nel tempo (3-5 gg a ciclo) per evitare l’effetto sopraindicato.
All’Università della California hanno condotto studi in parallelo sull’effetto dell’artemisinina sul tumore del polmone, e hanno scoperto come questa molecola possa essere in grado di fermare un fattore di trascrizione del tumore e quindi di arrestarne la proliferazione.
L’Artemisinina è efficace anche per il trattamento di funghi come la Candida, di parassiti e anche alcuni batteri. È un trattamento molto comune anche per i disturbi dell'appetito, problemi di stomaco, fegato e della cistifellea, contro la febbre e le mestruazioni irregolari. Può essere utilizzato esternamente anche per la cura di ferite, ulcere, lesioni cutanee e punture di insetti.
DAL CNR CEROTTI 'TRANSDERMICI' A BASE DI ARTEMISININA
Il principio di azione dell’Artemisina è allo studio anche dell'Istituto per i polimeri, compositi e biomateriali (Ipcb) del Cnr che -attraverso la partecipazione a un progetto europeo al quale collaborano ricercatori dal Brasile, dal Sudafrica e dalla Finlandia- ha lavorato alla messa a punto di una strategia finalizzata allo sviluppo di cerotti transdermici contenenti Artemisinina mediante un processo di elettrofilatura del farmaco in nanofibre costituite da materiali polimerici.
L’innovazione individuata dal team di ricercatori, coordinati dal Direttore dell'Istituto Cosimo Carfagna, ha riguardato la sintesi di un polimero iper-ramificato che potesse solubilizzare l’Artemisinina e favorirne il rilascio. I risultati fin qui prodotti da altri gruppi di ricerca avevano, infatti, fornito scarsi risultati a causa della facile cristallinità del farmaco, che quindi non si rendeva disponibile per la sua solubilizzazione nel derma.
L’agente antinucleante sintetizzato è un polimero iper-ramificato polibutilene adipato che grazie alla sua struttura e alle sue caratteristiche chimico-fisiche è in grado di ingabbiare le molecole di farmaco inibendo così la sua cristallizzazione. Il polimero di sintesi ottenuto è stato miscelato con l’Artemisinina ed utilizzato per realizzare delle fibre core-shell mediante elettrofilatura: le fibre contenenti il farmaco sono rivestite da uno shell di polivinilpirrolidone, un polimero idrosolubile che serve a proteggere il farmaco dagli agenti esterni e a coadiuvarlo nel rilascio.
Dalle caratterizzazioni eseguite sui campioni si è osservato che l’Artemisinina contenuta nelle fibre conserva non solo il suo stato amorfo ma anche il legame perossidico responsabile dell’attività farmacologica; e ciò è valido anche dopo 4 mesi di invecchiamento.
Il sistema fibroso è ora in fase di caratterizzazione per valutare il rilascio del farmaco e la sua efficacia sul Plasmodium falciparum nonché sulle cellule tumorali (cancro alla prostata). Dai test fin qui effettuati è stato possibile osservare che sia la crescita del plasmodium falciparum che quella delle cellule tumorali viene inibita dalla presenza dell’Artemisinina contenuta e rilasciata dalle fibre.
L’utilizzo dei cerotti transdermici a base di Artemisinina supera uno dei limiti più severi nell’uso farmacologico connesso alla sua biodisponibilità: infatti, sebbene l’Artemisinina abbia un’eccellente permeabilità attraverso la mucosa intestinale, è scarsamente solubile in acqua e ciò riduce la sua efficacia.
Grazie al suo basso peso molecolare e la sua breve emivita, l’Artemisinina risulta un ottimo candidato per il rilascio controllato transdermico. A tal scopo però, è risultato tuttavia fondamentale mantenere l’Artemisinina nel suo stato amorfo altrimenti in fase cristallina avrebbe diminuito la sua solubilità e permeabilità attraverso lo strato corneo.
La somministrazione di farmaci mediante via transdermica rappresenta un modo molto utile per controllare e modulare il quantitativo, il luogo e il tempo di rilascio della molecola attiva. Inoltre permette di evitare un sovradosaggio e ridurre gli effetti collaterali dovuti al farmaco non assorbito.
Nonostante la maggior parte degli studi sia ancora sperimentale ad oggi i dati sono particolarmente promettenti e possono rappresentare un interessante strumento in più sul quale confrontarsi con il proprio specialista.
FONTI:
• https://www.earthclinic.com/herbs/artemisinin.html
• https://www.cnr.it/it/news/6336/dal-cnr-cerotti-transdermici-a-base-di-artemisinina
• https://www.artoi.it/artemisinina/
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