Congresso ASH: immuno-oncologia e targeted therapy le parole chiave nella guerra alla leucemia linfoblastica acuta e al mieloma multiplo
Al 57° Congresso dell'American Society of Hematology Amgen ha presentato importanti nuovi dati per il trattamento di due tumori ematologici rari e aggressivi.
Al 57° Congresso Annuale dell'American Society of Hematology (ASH), che si è chiuso ieri a Orlando (Florida), Amgen ha presentato importanti nuovi dati dai programmi di sviluppo clinico di due farmaci innovativi che fanno parte del portafoglio dell'Azienda in oncoematologia: carfilzomib (Kyprolis®), primo degli inibitori del proteasoma di nuova generazione per il trattamento del mieloma multiplo e blinatumomab (BLYNCITO®), primo di una nuova classe di anticorpi bispecifici chiamati BiTE® (bi-specific T-cell engagers), per il trattamento della leucemia linfoblastica acuta da precursori delle cellule B. Gli studi presentati a Orlando vanno a consolidare la mole di dati disponibile su questi farmaci, sulla quale si è basata la recente approvazione per entrambi da parte della Commissione Europea.
I dati presentati su carfilzomib sono basati su analisi di sottogruppi degli studi di Fase III ASPIRE e ENDEAVOR, per valutare l'utilizzo di regimi a base di carfilzomib su pazienti difficili da trattare, inclusi i pazienti over-70, e sui pazienti con profilo citogenetico ad alto rischio.
Lo studio ENDEAVOR, appena pubblicato su The Lancet Oncology, è un trial registrativo testa a testa di Fase III che ha messo a confronto Kyprolis® (carfilzomib) in associazione a desametasone a basso dosaggio con Velcade® (bortezomib) e desametasone a basso dosaggio in pazienti con mieloma multiplo recidivato. I dati hanno mostrato che i pazienti trattati con carfilzomib e desametasone hanno raggiunto una sopravvivenza libera da progressione (PFS) di 18.7 mesi rispetto ai 9.4 mesi di quelli riceventi bortezomib e desametasone (HR=0.53; 95% CI: 0.44,0.65 p< 0.0001), l’attuale standard di terapia per questo tipo di tumore.
Tali risultati dimostrano che i pazienti con mieloma multiplo recidivato trattati con carfilzomib hanno vissuto il doppio del tempo senza peggioramento della malattia rispetto a quelli trattati con bortezomib con minori effetti collaterali, in particolare l’endpoint secondario ha dimostrato una riduzione clinicamente e statisticamente significativa degli eventi neuropatici (rispettivamente 32% vs 6%).
«Come ematologi abbiamo necessità di avere a disposizione nuovi farmaci, soprattutto quelli che rappresentano un’innovazione, perché sono quelli che si traducono in un guadagno in termini di efficacia terapeutica – dichiara Fabrizio Pane, Presidente della Società Italiana di Ematologia (SIE) – riserviamo dunque una grande attenzione verso questo nuovo prodotto che è atteso con ansia proprio per i risultati che ne hanno consentito la registrazione».
Presentati anche nuovi dati dal programma di sviluppo clinico di blinatumomab, considerato un farmaco rivoluzionario, il più importante progresso raggiunto dopo quasi vent’anni per la leucemia linfoblastica acuta: è il capostipite di una nuova classe di anticorpi monoclonali bispecifici chiamati BiTE® – bi-specific T-cell engagers, una piattaforma tecnologica all’avanguardia che aiuta il sistema immunitario a individuare e colpire il cancro. Particolare interesse ha suscitato lo studio di Fase II ALCANTARA multicentrico, internazionale, senza confronto con altri farmaci che prevedeva la somministrazione dell'anticorpo monoclonale bispecifico blinatumomab. Lo studio ha arruolato 45 pazienti in un periodo di circa 1 anno affetti da leucemia linfoblastica acuta Philadelphia positiva in diversi Paesi, ben 14 solo in Italia. Il 36% dei pazienti ha ottenuto una remissione completa. Nella maggior parte (l'88%) dei pazienti che hanno risposto al trattamento, è stata rilevata la completa scomparsa delle cellule leucemiche in tutto l’organismo, anche dopo ricerca con le tecniche più sensibili di biologia molecolare. Lo studio ALCANTARA è condotto sulla variante Philadelphia positiva, mentre attualmente il farmaco è indicato nella LLA da precursori delle cellule B Philadelphia-negativa recidivata o refrattaria.
«L'anticorpo monoclonale bispecifico agisce da mediatore: da una parte c’è la cellula leucemica che deve essere uccisa, dall’altra c’è il linfocita citotossico T che deve ucciderla e questo anticorpo monoclonale fa da "ponte", avvicinandoli – spiega Giovanni Martinelli, Docente di Ematologia, Dipartimento di Medicina Specialistica, Diagnostica e Sperimentale, Alma Mater Studiorum Università di Bologna – è una strategia assolutamente innovativa, molto interessante ed efficace. È auspicabile che questa terapia possa dare risultati ancora migliori se, in futuro, potrà essere applicata in prima linea, cioè all'inizio della malattia».
Entrambi i farmaci si sono mostrati in grado di raggiungere una profondità di risposta senza precedenti che per il mieloma multiplo significa allungamento della sopravvivenza senza progressione della malattia mentre, nel caso della leucemia linfoblastica acuta, vuol dire arrivare e mantenere la remissione. Una malattia in remissione si traduce in una prognosi più favorevole per i pazienti che si sottopongono al trapianto, che resta la terapia d’elezione per questa patologia, ma anche per i pazienti nei quali il trapianto non è indicato.
I risultati ottenuti negli studi clinici con carfilzomib e blinatumomab sono un importante riconoscimento dell’impegno di Amgen, prima Azienda al mondo nel campo delle biotecnologie, nello sviluppo e ricerca di farmaci innovativi destinati al trattamento di malattie per le quali esiste un rilevante bisogno medico insoddisfatto, e aprono nuovi scenari nella gestione di patologie gravi come mieloma multiplo e leucemia linfoblastica acuta.
Nel corso dell'Annual Meeting ASH di Orlando Amgen ha presentato anche nuovi dati su altri due farmaci del suo portafoglio in oncologia: romiplostim per il trattamento di pazienti pediatrici e adulti con trombocitopenia autoimmune e pegfilgrastim per la riduzione della durata della neutropenia e dell'incidenza di neutropenia febbrile in pazienti trattati con chemioterapia citotossica per neoplasia, nonché i dati della pipeline sulla molecola AMG 330.