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Crisi da sovraindebitamento: come evitare la revoca del fido bancario? Una strategia poco nota può salvare famiglie e imprese

Una mossa semplice ma decisiva può evitare il blocco del conto corrente e salvare il piano di risanamento economico prima ancora di iniziare.

pexelsBergamo, maggio 2025 – Ogni giorno, famiglie e piccoli imprenditori alle prese con debiti non più sostenibili si rivolgono ai professionisti per accedere alle procedure di sovraindebitamento previste dal Codice della Crisi. Ma c’è un passaggio poco conosciuto – e spesso devastante – che rischia di compromettere ogni piano di risanamento: la revoca del fido bancario da parte della banca, anche quando il debitore è ancora formalmente “in regola”.

“È un paradosso frequente – spiega il Dott. Andrea Gerardi, commercialista esperto in crisi d’impresa e sovraindebitamento – il debitore è in bonis, paga regolarmente, ma il solo fatto di avviare una procedura può essere interpretato dalla banca come segnale di insolvenza e portare alla revoca immediata del fido in conto corrente, con conseguenze gravi e spesso irreversibili sulla sua liquidità operativa.”

Ma esiste una soluzione concreta, legittima e facilmente attuabile, capace di prevenire questa reazione e mettere in sicurezza il rapporto bancario prima della presentazione della domanda.

La strategia: trasformare il fido in prestito personale

Il rimedio si chiama consolidamento del fido in un prestito rateale. In sostanza, il cliente chiede alla banca di trasformare il credito revocabile (fido) in un normale finanziamento a rate. Questa manovra comporta diversi vantaggi:

il prestito non è più revocabile unilateralmente, come accade invece per i fidi;

le rate possono essere sospese o rimodulate nella proposta di ristrutturazione dei debiti;

il debitore mantiene la continuità operativa, evitando il blocco del conto o lo scoperto improvviso.

“È una mossa semplice, ma spesso determinante. Mette in salvo l’equilibrio finanziario prima che la procedura abbia effetti sul merito creditizio del cliente. E consente al professionista di costruire un piano più solido e sostenibile,” continua Gerardi.

Perché questa soluzione funziona?

Le banche, come previsto dai contratti di apertura di credito, hanno la facoltà di revocare in ogni momento il fido concesso, in presenza di segnali di crisi, anche solo potenziali. La presentazione della domanda per una procedura di composizione della crisi rappresenta, per gli istituti di credito, uno di questi segnali.

“Molti ignorano che il vero pericolo non è l’insolvenza in sé, ma il tempismo - aggiunge Gerardi - Se il debitore attende troppo e presenta la domanda senza aver messo in sicurezza il rapporto bancario, rischia di perdere l’unica linea di liquidità che ancora lo sostiene.”

Una scelta preventiva che tutela e responsabilizza

La trasformazione del fido in prestito non è una scorciatoia, ma un’azione consapevole e trasparente. Serve a prevenire una reazione automatica e sproporzionata da parte dell’intermediario, e a dimostrare la volontà del debitore di affrontare la crisi con serietà e responsabilità.

È anche un messaggio chiaro per i professionisti che operano nell’ambito della crisi: non si tratta solo di predisporre piani tecnici, ma di governare il passaggio alla procedura con visione e strategia, anticipando gli effetti collaterali e proteggendo gli elementi vitali dell’economia del cliente.

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Andrea Gerardi – Dottore Commercialista e Advisor in crisi d’impresa e sovraindebitamento

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