D.lgs. 231/01 e reati Tributari. Il sequestro preventivo e la confisca
Il sequestro preventivo e la confisca possono essere disposti se la violazione tributaria costituisce il fine dell’associazione a delinquere. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24841 del 6 giugno 2013, appare sempre più orientata ad allargare la forbice dei reati previsti dal D. Lgs. 231/01 in tema di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche.
La Corte di Cassazione appare sempre più orientata ad allargare la forbice dei reati previsti dal D. Lgs. 231/01 in tema di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche.
In particolare, nel recentissimo caso oggetto di pronuncia della Suprema Corte del 6 giugno u.s., una società veniva indagata ex 24-ter del D.lgs. 231/2001, per il reato di associazione per delinquere finalizzata alla commissione dei reati di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti ed emissione di fatture false (artt. 2 e 8 del D.Lgs. 74/2000). Il Gip, allo stato dei fatti, provvedeva immediatamente a disporre il sequestro preventivo dei beni della Società, in funzione della confisca per equivalente ex art 19 D. Lgs. 231/01 .
La ricorrente giungeva dinanzi alla Suprema Corte ritenendo illegittima l’applicazione della misura del sequestro preventivo nel caso de quo in quanto il reato tributario commesso dalla stessa, non rientrerebbe tra quei reati presupposto contemplati nel D. Lgs. 231/01 .
La Cassazione rigettava le richieste della società ricorrente, confermando la legittimità della misura cautelare preventiva disposta dal Gip e affermando che il sequestro era stato disposto per “illecito finalizzato al reato tributario”.
La Corte giustifica pertanto il sequestro in funzione della confisca, non in ordine al reato” fine”, ovvero quello tributario escluso dall’applicazione del D. Lgs. 231/01, bensì per il reato “mezzo” associativo ex art. 416 c.p. ed art. 24 ter D. Lgs..
Di fronte all’orientamento prevalente della più recente giurisprudenza penale, il rischio è che le società e gli enti possano essere chiamati a rispondere penalmente di un qualsivoglia reato-fine, seppur non direttamente contemplato nella normativa di riferimento sulla responsabilità delle persone giuridiche, in tutti i casi in cui lo stesso sia commesso da più autori avvalendosi di un legame associativo.
Il modo più semplice ed immediato per far sì che la responsabilità amministrativa della società possa essere esclusa è quello di creare dei Modelli di organizzazione, gestione e controllo che prevedano strumenti di controllo idonei a garantire la prevenzione di tutti quei reati che, seppur non menzionati all’interno dell’elenco dei reati presupposto del D. Lgs. 231/2001, potrebbero comunque risultare astrattamente configurabili con riferimento alla singola realtà aziendale, lasciando ipotizzare che gli stessi possano essere commessi nell’ambito di una associazione a delinquere con rami anche all’interno dell’ente.
A nostro avviso, appare pertanto opportuno implementare fin da subito i Modelli di organizzazione, gestione e controllo, prevedendo già nel corso nella valutazione dei rischi, una serie di reati che, sebbene non previsti come “reati presupposto” dal D. Lgs. 231/01, siano strettamente interconnessi con i reati associativi e con i settori di attività nel cui ambito la società opera e che, dunque, per tale motivo siano ad alto rischio di contestazione.
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