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I millenni del Velabro: alla scoperto di una Roma meno nota

24/05/10

La zona del Velabro è particolarmente ricca di testimonianze storiche di diverse epoche: scopriamo il valore di monumenti meno conosciuti ma ugualmente pieni di fascino.

I millenni del Velabro

L’area del Velabro è costellata di monumenti e luoghi cardine della storia romana. Si tratta di un perimetro pianeggiante confinante a nord con il Campidoglio, a sud con il Foro Boario, a est con il Foro Romano e a ovest con il Foro Olitorio.

Il Velabro era un quartiere commerciale, solcato da due strade molto importanti: il vicus Tuscus e il vicus Iugarius che collegavano il Foro Romano con il Tevere. In tempi remoti, prima della bonifica del VI secolo a.C., il fiume si riversava sovente nella piana, depositandovi la sabbia dorata: non a caso il nome Velabrio deriva proprio dal latino velum aureum, ovvero palude aurea.

La suggestiva simbiosi tra pietra antica e verde che caratterizza il vicino Palatino risalta le antiche vestigia del colle, tra le quali il Tempio di Vesta. I resti di quest’ultimo si trovano Lungo la Via Sacra, accanto alla Casa delle Vestali, e sembrano ancora emanare un’aurea di inviolabilità dovuta alla secolare presenza del fuoco sacro all’interno del colonnato circolare. Il compito di tenere vive quelle fiamme, simbolo della continuità di Roma, era riposto nelle mani delle intoccabili vestali, le sacerdotesse vergini devote alla sorella di Giove Capitolino: Vesta.

A testimonianza dell’animo mercantile che impregnava la zona del Foro Boario, l’Arco di Giano assurge ancora a porta d’ingresso per i visitatori. Difatti non si tratta di un arco trionfale, né di un monumento dedicato a Giano, bensì di un passaggio coperto (ianus in latino, da cui il nome) per i mercanti e i venditori. Il suo arco quadrifronte fu utilizzato come fortezza dalla famiglia romana dei Frangipane nel 1830, anno in cui perse l’attico originario che svettava sopra di esso.

Presso l’Arco di Giano, sorge la Chiesa di San Giorgio in Velabro. In quel punto, attratta dal suono di vagiti, una lupa scoprì la culla di Romolo e Remo, trasportata dalle acque del Tevere. Fu il mito, fu l’inizio della storia di Roma. La chiesa fu eretta probabilmente nel VI secolo, mentre è certo che nel 570 san Gregorio Magno la innalzò a diaconia cardinalizia. Fu continuamente restaurata e abbellita nel tempo dai signori della città. Nell’VIII secolo papa Zaccaria vi fece portare la testa di san Giorgio dalla Cappadocia, unendovi quindi il culto.

Su queste testimonianze della millenaria storia dell’Urbe si affacciano bellissimi palazzi seicenteschi, tra i quali il Residence Palazzo al Velabro. I clienti della struttura hanno la fortuna di poter spalancare le finestre direttamente sull’Arco di Giano e il Tempio di Vesta, lasciando così entrare nelle splendide camere un fiume di pittoriche immagini capitoline.

A pochi passi dal lussuoso residence, davanti all’Isola Tiberina, si trova Piazza Bocca della Verità. Qui, murato nella parete del pronao della chiesa di Santa Maria in Cosmedin, si trova un mascherone del I secolo dopo Cristo, rappresentante un volto maschile barbuto con occhi, naso e bocca forati e cavi. Non si sa cosa rappresenti il viso, se un dio o un fauno, fatto sta che esso attira ancora frotte di turisti e curiosi per via di inquietanti leggende. Si racconta che l’imperatore Giuliano, una volta infilata la mano nella bocca, sia stato trattenuto e tentato dal Diavolo. Altre storie parlano della terribile sorte che toccherebbe a chiunque, pronunciando una falsità, metta la propria mano tra le fauci del mascherone: questa verrebbe mangiata! A meno che non si sia abbastanza furbi da ingannare il giudizio della Bocca…

Tra leggende e miti, di certo rimane l’unicità dei luoghi che caratterizzano il Velabro e le zone adiacenti. Come le sabbie dorate lasciate dalle antiche piene del Tevere, i monumenti del luogo testimoniano il continuo scorrere dei secoli. Che a Roma non conosce argini.



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