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Comunicato Stampa

Il progetto faraonico che prevede la costruzione di venti dighe lungo il Rio Marañón mette a rischio l’intero ecosistema amazzonico

29/08/11

Nell'Amazzonia peruviana potrebbero essere costruite ben 20 dighe che imbriglierebbero il Rio Marañon, un affluente del Rio delle Amazzoni.

Il Rio Marañón scorre in direzione sud-nord nella cordigliera centrale, in Perú. Nasce a circa 5800 mt. s.l.d.m., presso la laguna Lauricocha, e fu per molto tempo considerato erroneamente il braccio principale del Rio delle Amazzoni (oggi si sa che è invece il Rio Ucayali-Ene-Apurimac).
Il Marañón, che dalle sue fonti fino allo sbocco nel Rio delle Amazzoni è lungo 1600 chilometri, è comunque un fiume molto importante, sia per la sua enorme portata d’acqua e quindi per l’umidità che genera, sia per i vari biomi che attraversa.
Si va infatti dal clima polare andino, fino alla selva bassa amazzonica, passando per il bosco andino e la selva alta.
Nel suo percorso vi è anche uno spettacolare stretto (detto “pongo del Manseriche”) dove la profondità raggiunge i settanta metri e la corrente è fortissima.
Questo paradiso naturale dal valore incommensurabile è purtroppo in forte pericolo.
Infatti recentemente, quando con il decreto supremo 02-2011, l’ex presidente della repubblica del Perú Alan Garcia, ha reso pubbliche le futuristiche opere per produrre enormi quantità di energia idroelettrica nell’intero paese, il Rio Marañon è stato descritto come la “testa di ponte” dell’intero progetto.
Infatti sembra che la totalità dei 1600 chilometri del Rio Marañon stiano per essere dati in concessione ad imprese estere per la costruzione di ben venti centrali idroelettriche.
Bisogna considerare che diciotto delle venti dighe in progetto si troverebbero in delicati ecosistemi come il bosco andino e la selva alta, luoghi nei quali il Rio Marañón lascia, al suo passaggio, il cosidetto limo, ovvero un fertilizzante naturale importantissimo per l’agricoltura. Se il livello del fiume principale e dei suoi affluenti diminuirà in quelle vallate, si verificherà anche una diminuzione della produzione agricola, con conseguenti carestie.
Secondo l’ex presidente Garcia questo enorme progetto sarà capace di generare ben 12400 megawatt di energia, che saranno venduti principalmente al Brasile, generando così enormi profitti nell’ordine di 6 miliardi di $ annui per lo Stato peruviano.
Come sappiamo questi enormi progetti mettono a rischio gli ecosistemi e minacciano di sradicare interi popoli ed etnie di indigeni dalle loro valli (per esempio le comunità di Wanpis e Awajúns).
Il progetto della gigantesca diga del Rio Inambari (affluente del Rio Madre de Dios), è stato per fortuna bloccato, proprio per l’opposizione dei popoli dell’omonima vallata che si sono ribellati alla decisione che era stata presa dal governo.
Ma il progetto d’imbrigliare il poderoso Rio Marañon (includendo una grande diga proprio nello stretto del Manseriche), che prevede la costruzione di ben venti dighe nel suo bacino, potrebbe realmente rivelarsi catastrofico per l’intera Amazzonia e, con la reazione a catena che ne deriverebbe, potrebbe addirittura alterare il clima dell’intero pianeta.
Il ricercatore Celio Bermann dell’università di San Paolo (Brasile), ha analizzato il progetto e sostiene che la sua costruzione sarebbe pericolosa in quanto si è già comprovato che i bacini artificiali amazzonici producono un’alta quantità di gas metano.
La vegetazione inondata imputridisce e libera così nell’atmosfera migliaia di tonnellate di gas tossici, come è successo nel comune di Itapuà del Este, nello Stato di Rondonia, Brasile.
Il metano è 21 volte più pericoloso per l’atmosfera rispetto al diossido di carbonio che viene emesso dalle normali centrali termoelettriche.
Inoltre la costruzione di venti dighe trasformerebbe il fiume Marañón in una specie di “scalinata sterile”, nella quale i primi animali ad essere danneggiati sarebbero naturalmente i pesci, che vanno a depositare le loro uova nella parte alta del corso del fiume.
La popolazione che vive nella conca del Marañón sarebbe fortemente danneggiata.
Alcuni paeselli sarebbero irrimediabilmente sommersi e migliaia di persone dovrebbero essere re-ubicate. Siccome la risorsa ittica diminuirebbe notevolmente, verrebbe a mancare un importante apporto proteico nella dieta degli abitanti del bacino.
Inoltre secondo alcuni studi medici, le piante in putrefazione sommerse, oltre a causare un gran aumento di gas metano potrebbero favorire l’insorgere di pandemie, como dengue e malaria.
Senza contare i danni climatici che potrebbero derivare da un progetto così colossale.
Il diminuito livello del Rio Marañon potrebbe causare una diminuzione dell’umidità e quindi delle precipitazioni nell’intera Amazzonia.
Anche se lo scopo ufficiale sarebbe quello di produrre “energia pulita”, vediamo che purtroppo i risultati sarebbero negativi.
La fame di energia del Brasile, paese in pieno boom economico e candidato a diventare il quinto paese del mondo per produzione di beni e servizi, non può risolversi a scapito dell’ambiente amazzonico, che funge da regolatore del clima mondiale.



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