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IL SUPERAMENTO DELLA MORTE in una nuova visione della vita

Per Milo De Angelis torna a splendere un po' di luce, dopo il TEMA DELL'ADDIO

di Ninnj Di Stefano Busà



Segna una svolta la nuova raccolta di versi: QUELL'ANDARSENE NEL BUIO DEI CORTILI di Milo De Angelis.

Dopo il libro Il TEMA DELL'ADDIO che aveva marcato una tappa cronologicamente avvertita nel percorso lirico e umano del poeta, questa raccolta segna un nuovo itinerario, un avvio più moderato e meno stringente, una sorta di tregua che prelude al superamento di quel lutto che l'aveva colpito. Un grande salto in avanti, una sterzata repentina quanto salvifica di un rapporto "a due" che aveva prodotto "Il tema dell'addio" (2005).

De Angelis sembra aver attenuato il tormento nell'attraversamento dello Stige.

In un considerevole, seppur riluttante percorso di riadattamento solitario e silenzioso verso lidi di memoria meno accesi e lacerati, un po' stemperati dalla consapevolezza dell'ineluttabile, dell'irreparabile, ritrova la luce.

Oggi il poeta esce allo scoperto, si libera o tenta di liberarsi dal groviglio di dolore e morte, si riossigena a nuova fonte, cerca di riprendere quota, di respirare una non meglio identificata parentesi di "vita nova " non più serrata dal distacco.

In profondità, si avverte ancora il morso feroce: "ma poi ritorna qui, alla radice/ di una stanza e di una donna,/ quell'idea sovrana e incenerita/ che ci ha tenuti per un verso." e anche in Via Salvanesco riprende la nostalgia a trascrivere più avvampanti recrudescenze: "Tu ritorni da un refolo di vento/.../ ti alzi dalla risaia e mi raggiungi, drastica presa/ che tiene congiunti/.../ e ogni cosa per noi sembra creata."

L'amaro insiste, batte ancora tra le carte appena sbiadite del poeta, è nella logica delle cose, anche se stemperato da una sorta di decentramento autonomo che consente battute d'arresto più ravvicinate. Ma è tangibile in questi nuovi versi lo spartiacque: il deflusso avviene per gradi, si stempera in un discreto rimaneggiamento dei fili di memoria che, faticosamente, seppure con diverso grado di sofferenza fa dire a De Angelis: "Distruzione, tu mi hai generato".

Più avanti però "le alberelle serene nella pioggia/.../ tutto era vasto e fuori tempo e tutti/ gli incubi, per un intero pomeriggio, mi lasciarono."

Poesia che allarga i cerchi nell'acqua, poesia della rinascita: nuove offerte, indagini psicologiche all'interno di un "senso" che, seppure appare un -controsenso- ha dalla sua la rigenerazione e il riadattamento ad una visione più larga, più aperta a proseguire solitario dell'uomo sulla terra dolorante.

Una finestra sul mondo si riapre, vede De Angelis più dichiaratamente spettatore di quanto lo sia stato nel 2005 col "Tema dell'addio". Auguri Milo.

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