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Intervista a E. Magni e S.P. Scaccabarozzi sul pensiero delirante

22/11/16

Edizioni Psiconline ha pubblicato una nuova intervista agli autori di Delirio. Composizione e scomposizione del pensiero delirante

FotoApprofondiamo la comprensione di "Delirio. Composizione e scomposizione del pensiero delirante" di Enrico Magni e Simon Pietro Scaccabarozzi (punti di Vista - Edizioni Psiconline) grazie all'intervista (a cura della dott.ssa Alice Fusella), che analizza dettagliatamente i contenuti del volume. (L'intervista completa è sul Blog di Edizioni Psiconline)

D. Partiamo dal titolo: “Delirio. Composizione e scomposizione del pensiero delirante”.

Cos’è il delirio e cosa vuol dire comporre e scomporre il pensiero delirante? Cosa comporta?
R. Rispondere a questa domanda in sintesi è quasi impossibile. Il concetto di delirio si rifà a DMSIV o V , senza scomodare tutto quello che sta dietro. Delirare è un atto psicotico, è un “distacco” dalla realtà del qui ed ora del presente. Il delirio si caratterizza per un'alterazione del pensiero e delle emozioni. Il pensiero subisce delle alterazioni di significato, di composizione della struttura linguistica, è una confabulazione che esclude la terzietà; inoltre si possono manifestare anche delle alterazioni sensoriali con allucinazioni visive, il paziente vede delle cose che non esistono, delle alterazioni uditive, sente delle
voci che sono solo nella sua mente, oppure percepisce delle deformazioni corporee irreali.
La domanda ne include una seconda. Il delirio non è soltanto una alterazione biologica legata ai neurotrasmettitori che coinvolgono prevalentemente il sistema dopaminergico: la dopamina aumentando favorisce uno stato di eccitazione e di confusione.
Fermarsi alla dimensione neuropsicologica che coinvolge le vaie aree encefaliche e i neuromediatori è importante ma è riduttivo. Ogni delirio si esprime per mezzo di un costrutto che concerne a come si formano i pensieri e i ragionamenti. Scomporre il ragionamento del pensiero delirante permette di prendere conoscenza di come è strutturato e quindi si possono inserire delle proposte linguistiche modificanti.

D. Nel libro, dedicate la prima parte ad una dissertazione di carattere principalmente storico-concettuale. Perché questa scelta? Non temevate di poter uscire dal tema (o dal seminato, per restare nel linguaggio da voi usato)?

R. La ricostruzione storia è indispensabile per poter provare a fare un passo in avanti. Sul delirio si è riflettuto, scritto molto sul piano psicopatologico, nosografico, fenomenologico, psicoanalitico e attualmente le neuroscienze si stanno sbizzarrendo alla ricerca di nuclei, molecole e geni, ma poco o nulla si è scritto della patologica del ragionamento. La psicologia del ragionamento si è impegnata in ricerche specifiche che coinvolgono il come si compiono errori, si formano convinzioni... tutto però all'interno della normalità.
La seconda domanda è un po' criptica perché sottende il rischio di scivolare e confondersi. La conoscenza della psicolinguistica postchomskyana, quella sperimentale e alcune curiosità riguardanti l'intelligenza artificiale sono state indispensabile per stare dentro il solco.

D. Procedendo con la lettura della prima parte, spicca il ruolo della logica. Come siete arrivati a determinare la sua importanza?

R. Sono stati i pazienti a farci incontrare la logica formale. L'attività clinica è stato il punto di volta per modificare l'angolo di osservazione sulla patologia. Le conoscenze
psicopatologiche cognitive e psicoanalitiche non bastavano. La scoperta terapeutica e linguistica della metafora è stata utile e sostanziale per fare un passo verso la psico-logica.
La lettura di migliaia di pagine scritte dei pazienti è servita per comprendere la struttura grammaticale, sintattica, semantica e disfunzionale del pensiero. Da questo lavoro
faticoso e certosino è stato possibile come decriptare certi errori. Il testo, il libro riporta soltanto degli esempi tratti dagli scritti dei pazienti.
Un paziente per dieci anni, ogni volta che veniva in seduta, portava dalle dieci alle 30 cartelle scritte. Si sono accumulati scatoloni di pagine.
Per poter analizzare il materiale è stato necessario e indispensabile adottare un metodo di ricerca attraverso una classificazione e quantificazione nominale. Poi si è applicata la
logica formale.
È stato fatto un lavoro come se si fosse stati in un laboratorio: le frasi scritte sulla lavagna venivano classificate, composte e scomposte. È stato un lungo lavoro di analisi
psicolinguistica.
Si sono impiegati anni di lavoro e di riflessione. La prima stesura del testo riportava in modo analitico e quantitativo le proposizioni: occupavano più o meno quattrocento
cartelle fitte. Tra i vari scopi c'era quello di costruire un software per classificare e identificare la tipologia del delirio attraverso la classificazione e gli errori del pensiero, per
far questo però necessitava il contributo di un informatico e di un matematico.

D. Come spieghereste, ad un lettore che non è del mestiere, l’importanza di un approccio di tipo psico-logico?


R. Nel presentare il libro alle persone non del settore si spiega che il testo è utile per capire come si pensa e come pensa il mio interlocutore. Cioè come funziona la
comunicazione.
E che è utile per riconoscere, evitare dei tranelli, inganni tra soggetti comunicanti.

D. Il libro è indicato, principalmente, per professionisti del settore: psicologi, psichiatri, psicoterapeuti... ma, se ad accostarsi alla lettura fosse un “estraneo”, una persona che
non conosce queste tematiche, quali consigli vi sentite di dargli per poter addentrarsi, con maggiore successo, in questo discorso?


R. Gli operatori del settore dovrebbero essere interessati, ma non solo. Ribadiamo il concetto. Tutti dovrebbero essere incuriositi a scoprire come funziona il pensiero
disfunzionale e come si sviluppa la comunicazione.
Esempio banale. Spesso si sente dire da commentatori televisivi, politologi o generali che è asimmetrica la guerra in atto tra Isis e gli Stati perché l'Isis è composto da terroristi e
non da militari, oppure perché si combatte con modalità diverse... Ma è una affermazione sbagliata: i terroristi sono persone armate come i soldati, combattono con armi come
fanno gli eserciti. L'atto terroristico non è un atto asimmetrico. Affermare che è una guerra asimmetrica è funzionale alla comunicazione per ottenere un consesso e classificare in un
certo modo il terrore.
Il pensiero asimmetrico è composto da eventi in cui l'inverso non è identico all'originario: il figlio non è il padre.



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