SALUTE e MEDICINA
Comunicato Stampa

L’acqua che beviamo

Un tempo limpida e pura, ora l’acqua delle falde è troppo spesso vittima dell’inquinamento. Negli ultimi anni è cresciuta la consapevolezza dei rischi che l’ambiente e il patrimonio naturale possono correre a causa dell’inquinamento e degli sperperi.

FotoACQUE SORGIVE O DI BOTTIGLIA?

L’acqua pura e limpida che sgorga da un pozzo o scende da una sorgente in altura è senza dubbio adatta la consumo umano. In questo caso essa contiene tutta una serie di informazioni vitali naturali, acquisite scorrendo nei meandri della terra, informazioni che in molti casi rendono biologicamente compatibili i sali in essa presenti anche se in concentrazioni sempre diverse da sorgente a sorgente. Energizzando un’acqua di tale natura ne aumentiamo la biocompatibilità e, talvolta, ne miglioriamo anche il sapore. Pochi di noi però hanno la fortuna o la possibilità di disporre o di approvvigionarsi di un’acqua di sorgente. La maggior parte delle persone usa l’acqua del rubinetto per scopi alimentari e per necessità di cucina e quindi cerchiamo di capire quali caratteristiche sono connesse con questa situazione.

E’ altresì vero che gli italiani sono grandissimi consumatori di acqua minerale imbottigliata e tale stato di cose dipende sì dalla pubblicità e dalle consuetudini cittadine, ma dipende molto dal fatto che il nostro paese dispone veramente di moltissime fonti che erogano acque qualitativamente apprezzate e ricche di vari oligoelementi.

DIFFERENZE

Purtroppo però passa una grande differenza tra l’acqua raccolta alla sorgente ed imbottigliata nei pressi della stessa e quella che arriva sulle nostre tavole. La differenza consiste nel tempo di permanenza in bottiglia, nella distanza tra sorgente ed il punto vendita al dettaglio, distanza che comporta trasporti su camion, stoccaggi nei centri di smistamento, magazzinaggio nei supermercati, esposizione sugli scaffali, etc… Tempo di permanenza in bottiglia significa perdita delle informazioni vibrazionali per staticità, mancanza di ossigenazione, mancanza di turbolenza, fenomeno che dà energia e coerenza all’acqua in natura. Distanza significa acquisizione di informazioni vibrazionali emesse dall’ambiente di stoccaggio, area vendita etc.., dove sicuramente i campi magnetici ed elettromagnetici dei capannoni industriali, delle luci al neon, dei cementi armati, nonché radiazioni UV da esposizione al sole nei piazzali e shock termici durante l’estate modificano in senso altamente peggiorativo l’armonia dell’acqua di partenza.

IMBOTTIGLIATA SÌ MA A BASSO RESIDUO FISSO

Ecco che allora diverse associazioni di consumatori, media e programmi di informazione indipendenti consigliano di bere le acque a basso residuo fisso (meno di 30 mg per litro di soluti) perché più leggere e quindi più digeribili. In realtà il consiglio è corretto ma non mette l’accento sul vero problema che è connesso con l’acqua “morta” perché ferma e tappata, e quindi non è in grado di formare cluster “biologici” attorno ai sali minerali in essa disciolti. E’ questa la ragione che induce il nostro organismo ad accantonare calcio, magnesio, sodio, potassio, etc.. presenti in un’acqua oligominerale imbottigliata, poiché dall’organismo detti elementi vengono considerati zavorra e come tale vengono trattati, accantonandoli in agglomerati che possono diventare calcoli, depositandoli negli interstizi delle giunture ed isolandoli con altri meccanismi biologici.

MEGLIO IL RUBINETTO!

Riteniamo quindi corretto che un numero sempre maggiore di persone ritornino a bere l’acqua di rubinetto, nei confronti della quale molte aziende municipalizzate e molti comuni stanno oggi investendo in impianti che garantiscano sicurezza igienico-sanitaria ed assenza di inquinanti. Va loro fatto un encomio, poiché la realtà delle falde acquifere da cui attingono l’acqua o la situazione dei fiumi è veramente a rischio. Non possiamo esimerci dal citare almeno 3 classi di elementi inquinanti che in futuro rappresenteranno un vero e proprio congegno a tempo se non sapremo disinnescarlo in maniera opportuna.

POSSIBILI INQUINANTI

La prima classe di inquinanti è senz'altro legata alle attività produttive agricole e zootecniche. La legislazione nazionale infatti non riesce a precedere, e nemmeno a seguire con tempi accettabili l’evoluzione delle sostanze usate in qualità di diserbanti e pesticidi. Grazie agricoltura intensiva!
Per fornire qualche dato numerico riferito all'Italia possiamo ricordare che ogni anno vengono utilizzati in agricoltura circa 165.000 tonnellate di pesticidi. Di questi sono stati classificati come cancerogeni 280 diversi pesticidi, mentre nelle acque potabili si sono ritrovati residui di circa 300 pesticidi di vario genere. Nel 1992 si ricercava la presenza di 63 pesticidi mentre oggi la ricerca è limitata a 16 molecole e le quantità tollerate sono state maggiorate, dato l’uso sempre più massiccio che se ne fa in agricoltura.
Oggigiorno antiparassitari e diserbanti non sono più preparati con molecole semplici ma risultano come combinazioni di più prodotti e, per alcuni di essi, non si conoscono gli effetti sull’essere umano. A lato la molecola dell’atrazina uno dei più diffusi antiparassitari largamente impiegato in agricoltura.

VIVA IL PETROLIO

La seconda classe riguarda gli idrocarburi usati per autotrazione; oggi il piombo non è più presente nella benzina verde, ma all’interno della stessa ci sono maggiori percentuali di benzene ed altri simili aromatici. Nuove molecole sono state predisposte dai laboratori chimici nell’ultimo decennio al fine di aumentare il numero di ottani alla benzina senza piombo, con lo scopo cioè di evitare uno scoppio anticipato del carburante compresso nei cilindri del motore.

Una molecola ancora poco conosciuta in Europa, ma largamente usata da tempo negli USA quale additivo della benzina verde, è l’etere metilico ter-butilico (MTBE): se ne producono 20 miliardi di litri ogni anno (50 litri per ogni americano). La sua caratteristica chimica è l’alta stabilità, per cui non si decompone e rimane inalterato nelle acque del sottosuolo, a seguito di perdite dei serbatoi o sversamento al suolo di carburanti nei trasporti e nei travasi. Ha un sapore simile all’acqua ragia e quindi rende imbevibile l’acqua che lo contenga anche in quantità infinitesime: si è calcolato che una sola tazza di MTBE rende non potabile l’acqua di un bacino idrico di 22 milioni di litri, pari ad uno dei nostri piccoli laghi di montagna. Una tazza di MTBE è la quantità contenuta nel serbatoio di una piccola utilitaria. Oggi ne è stata accertata la presenza in tutti gli stati degli USA e si calcola che gli abitanti di alcune città di 100.000 persone non possono più bere l’acqua perché contaminata da MTBE.

NOI SIAMO TUTTI PERSONE PULITE!

La terza classe comprende tutta una serie di prodotti per l’igiene personale: i PPCP. Questa sigla fa riferimento a qualsiasi prodotto usato da un individuo ragioni di igiene personale e cosmesi, includendo un’ampia e diversificata gamma di migliaia di sostanze chimiche tra cui farmaci su ricetta e medicinali da banco, profumi, cosmetici, creme solari, agenti diagnostici, nutraceutici, biofarmaci e molte altre. Sino a poco tempo fa si è data pochissima importanza alle conseguenze determinate dagli imponenti quantitativi di sostanze chimiche che finiscono nei lavandini, nelle docce, nelle deiezioni umane. Secondo uno scienziato dell’EPA (ente nazionale statunitense preposto alla tutela ambientale) la quantità dei farmaci e prodotti per l’igiene personale diffusi ogni anno nell’ambiente corrisponde all’incirca alla quantità di pesticidi usati nel medesimo arco di tempo. Tra i principali responsabili del sovraccarico di PPCP sono ospedali, studi medici, cliniche veterinarie, fattorie, allevamenti e civili abitazioni.

Non si conoscono a tutt’oggi gli effetti di tali composti chimici sugli organismi acquatici, sugli ecosistemi né tantomeno quelli sulla salute umana, se vengono assunti come cocktail presente in concentrazioni infinitesimali nell’acqua di rubinetto. Nessun impianto di depurazione di liquami è predisposto per l’eliminazione dei PPCP.

FARMACI NEL SOTTOSUOLO E NELL'ACQUA

Da studi effettuati in Germania risulta che in diverse acqua di falda sono presenti farmaci antinfiammatori, antidolorifici ed anticonvulsivi, nonché ormoni derivanti da contraccettivi orali.
Ognuno di noi espelle con l’urina una percentuale variabile dal 40% al 90% degli antibiotici che assume. Enorme è il consumo di antibiotici nel settore dell’allevamento, sia come trattamento profilattico che come promotori della crescita, tanto che negli Stati Uniti il 70% degli antibiotici prodotti vengono consumati dagli allevatori: il letame zeppo di antibiotici va a finire poi nelle falde freatiche e nei corsi d’acqua. Va detto infine che alcuni prodotti per l’igiene della casa contengono antibiotici quali il triclosan, composto che può trasformarsi in diossina a causa dell’esposizione alla luce solare. La grande diffusione di antibiotici nelle acque e nell’ambiente è sicuramente una ragione primaria che porta allo sviluppo di ceppi batterici antibiotico-resistenti.

Per maggiori dettagli e testimonianze rimandiamo all’articolo “Farmaci e sostanze chimiche direttamente dal rubinetto” di Sherrill Sellmann – NEXUS nr. 58 nov-2005.

Va sottolineato che oggi nessuna azienda che metta in commercio un nuovo prodotto, specialmente se difficilmente biodegradabile, studia, conosce e men che meno è responsabile del ciclo vitale di suddetto prodotto.

ANCHE NOI CONTRIBUIAMO ALL’INQUINAMENTO

Con una situazione di questo genere vien quasi paura pensando all’acqua che andiamo a bere quotidianamente. E’ comunque, a nostro avviso, essenziale conoscere rischi e problematiche delle quali siamo tutti responsabili per modificare alcune consuetudini quotidiane che possono realmente rallentare i processi di inquinamento sopra descritti. Già l’utilizzo dell’acqua di rubinetto a scopi alimentari ci rende più attenti alle caratteristiche dei vari solventi che impieghiamo per la pulizia del corpo e della casa, sapendo che nel ciclo dell’acqua quelli biodegradabili non porteranno inquinamento, mentre gli altri continueranno la loro corsa per rientrare, anche se in concentrazioni molto ridotte, nelle nostre case dai rubinetti. Vediamo ora cosa possono fare le aziende che pescano l’acqua e la trattano per distribuirla alla cittadinanza e cosa possiamo fare noi nel nostro ambito privato.

MA COS’È L’ACQUA POTABILE?

L’acqua per definirsi potabile deve avere i seguenti requisiti: deve essere limpida, inodore e priva di sapori sgradevoli, con caratteri fisici, chimici e batteriologici tali da non recare alcun danno all’organismo umano. Gli impianti di depurazione pertanto si pongono l’obiettivo di raggiungere questo tipo di standard e di contenere i costi di trattamento dati gli enormi volumi d’acqua che vengono oggigiorno consumati dalla popolazione.

LA CLORAZIONE DELL’ACQUA POTABILE

La soluzione più largamente adottata fa uso dell’ipoclorito di sodio (candeggina) quale principale liquidatore delle flore batteriche, perché tale sistema risulta il meno costoso ed il più efficace per garantire le caratteristiche igienico sanitarie minimali. Naturalmente l’aggiunta di ipoclorito di sodio non è fine a se stessa ma richiede ulteriori passaggi finalizzati a trattenere metalli pesanti, prodotti di reazione e, soprattutto, la parte di cloro in eccesso che non ha reagito (flocculazioni, decantazioni, filtraggi attraverso strati di sabbia, etc..).

Il risultato medio è un’acqua igienicamente priva di flora batterica patogena, con bassi contenuti di metalli pesanti, ma contenente prodotti di reazione organoclorurati, come i trialometani (bromoformio, cloroformio, bromoclorometano, bromodiclorometano) che risultano mutageni nei test effettuati con Salmonella. Una correlazione diretta di questi derivati del cloro e del bromo con l’insorgenza di malattie degenerative è oggi allo studio in diverse università, tra cui quella di Padova; sicuramente questi composti che non si ritrovano alle sorgenti naturali, hanno effetti nocivi per la nostra salute e dovrebbero risultare assenti da quello che beviamo.

L’Unione Europea ha stabilito un limite di 1 microgrammo per litro, mentre la legislazione italiana ne ammette 30 microgrammi per litro. Va inoltre considerato che il cloro presente in questo tipo di derivati emette frequenze dissonanti completamente diverse da quello presente in un buon sale himalayano od oceanico integrale (NaCl=cloruro di sodio), frequenze che secondo il biofisico Ludwig orientano in modo materialistico le onde celebrali, ed era stato introdotto in Germania nelle acque domestiche già ai tempi di Hitler con lo scopo di avere meno oppositori che contestassero i suoi megalomani piani imperialistici.
Proprio questo eccesso di cloro ancora presente dopo la depurazione mantiene l’effetto ossidante di disinfezione nelle tubature a valle, sino ai punti di consumo.

OZONO O RAGGI UV?

Esistono metodi alternativi, alcuni imposti per legge nei locali pubblici o nei processi industriali che usano l’acqua quale componente base dei fitoterapici o degli alimenti, quale il trattamento con raggi ultravioletti che elimina ogni vitalità di protozoi e batteri presenti ma compromette irrimediabilmente le informazioni vibrazioni e vitali presenti nell’acqua, che, così trattata, risulta antitetica alla vita. L’immissione di ozono ha effetti ossidanti molto efficaci ma necessita di costi quattro/cinque volte maggiori che la clorazione. Qualche comune già adotta queste nuove misure e non è escluso che in futuro la clorazione verrà pian piano abbandonata, consentendoci anche una maggiore libertà di pensiero.

COME DISTRICARSI QUANDO LA SETE CI ATTANAGLIA?

Alla luce di tali considerazioni sembra quasi un paradosso consigliare l’utilizzo alimentare dell’acqua di rubinetto e quindi possiamo sicuramente capire quel 50% della popolazione italiana che sceglie la scorciatoia, naturalmente più costosa, del consumo di acque minerali imbottigliate. E’ altresì vero, come abbiamo visto, che solamente una percentuale molto bassa (2-3%) di acque imbottigliate hanno un residuo fisso inferiore ai 30 mg/litro e non si ritrovano in tutti i supermercati. Una considerazione da tener presente per coloro che amano la natura e l’ecologia del nostro pianeta nel suo complesso è relativa al costo energetico e sociale delle acque imbottigliate, che risulta essere, per quelle contenute nella plastica (PET=polietilene) di almeno cento volte superiore all’acqua di rubinetto. Non ci riferiamo ovviamente al prezzo in euro od in dollari che paghiamo noi, ma ad un costo dovuto al consumo di energie, materie prime e risorse umane, che pesa sul ciclo completo: bisogna infatti estrarre petrolio, costruire stampi, attivare un processo di stampaggio per estrusione delle bottiglie, costruire uno stabilimento per l’imbottigliamento dell’acqua, incanalare questa nelle tubature, spesso addizionarla di anidride carbonica, riempire le bottiglie, imballarle e palettizzarle dopo averle etichettate, caricarle sui TIR, trasportarle nei magazzini, posizionarle sugli scaffali, acquistarle, pagarle, portarsele a casa, raccogliere i vuoti a perdere (i più bravi li introducono nelle campane per la plastica dove esiste la raccolta differenziata), smaltirli in modo che non finiscano nell’ambiente poiché non sono biodegradabili. Tutto questo per 1 litro d’acqua morta! Ne vale la pena?

ENERGIZZARE L’ACQUA CON IL SISTEMA OJAS

Una soluzione fantastica ed a costo contenuto esiste ed è di una semplicità unica: è l’applicazione di un energizzatore (tipo Ojas Generator 1”) alla tubatura che porta l’acqua a tutti i rubinetti di casa nostra, dopo il contatore. Il bloccaggio dell’energizzatore esternamente al tubo stesso avviene stringendo due fascette di plastica e non richiede l’intervento dell’idraulico. Grazie a questa apparecchiatura che “informa” per scorrimento adiacente tutta l’acqua di casa nostra, il cloro perde tutte le sue frequenze dissonanti ed acquista quelle biologiche vitali (il cloro è presente nel liquido intracellulare in concentrazioni maggiori che nel liquido interstiziale ed è necessario al mantenimento dell’omeostasi e della nutrizione cellulare); eventuali elementi chimici sicuramente presenti in concentrazioni minime e normalmente considerati “velenosi”, vengono idratati dall’acqua energizzata in modo che non vengano riconosciuti come “veleni” e che quindi il corpo non scateni nei loro confronti potenti azioni di aggressione e di accumulazione, ma vengono letti come elementi inutili, zavorra presente nell’acqua bevuta, facilmente eliminabili data la capacità di detti cluster di oltrepassare le membrane biologiche di filtraggio.

IL SEGRETO DI MITRIDATE

Non si sono chiaramente trasformati i “veleni” in risorse, ma si è permesso all’organismo di allontanarli con maggiore facilità, senza subire danni rilevanti. L’idratazione infatti evita loro di reagire con altre molecole in circolo per produrre, come spesso avviene (sicuramente con tutti i trialometani di cui sopra) radicali liberi in grande quantità e stressare in tal modo il nostro sistema immunitario. Anche il calcio viene fortemente influenzato dall’ambiente acquoso “coerente” ad alta energia e, sebbene presente in concentrazioni spesso elevate, data la durezza di molte nostre acque domestiche, non risulta a rischio calcoli o depositi nelle arterie, poiché le frequenze armoniche trasmesse dall’energizzatore spostano verso l’aragonite l’equilibrio di cristallizzazione invece che verso la calcite come normalmente avviene. Il calcio che esce dalla soluzione acquosa come aragonite si presenta in cristalli romboedrici, la cui forma è scagliosa ed appuntita, cristalli che difficilmente aderiscono alle tubature e difficilmente si legano l’un l’altro a formare i sassi dei calcoli, come invece avviene per la calcite, che cresce in forma spugnosa e si lega facilmente ai metalli.

BONTÀ E LEGGEREZZA SONO LEGATE ALL’ENERGIA?

Se mettiamo l’uno vicino all’altro due bicchieri trasparenti con acqua di rubinetto, uno preso prima dell’energizzazione e l’altro dopo, potremo osservare una leggera differenza di colore: quello prima è leggermente più giallino, mentre quello dopo è più trasparente; le componenti di colore sono dovute all’assorbimento della luce incidente legato alla presenza di grossi aggregati molecolari di calcio, con inclusioni di ferro, magnesio etc.. per cui la luce che passa è mancante di alcune lunghezze d’onda e quindi assume colorazioni brunastre, gialle, rossicce etc.. Quando assaggiamo le due acque ci accorgeremo del cambiamento di gusto, soprattutto se nella prima è presente un retrogusto di cloro dovuto al processo di depurazione; la seconda infatti non ha più quel retrogusto poiché il cloro biologico è insapore. La seconda inoltre ci sembrerà più leggera, più liscia, più scorrevole in bocca, dal momento che una sensazione di pesantezza dell’acqua è dovuta all’impatto dei grandi aggregati molecolari metallici (calcio+magnesio+ferro+manganese+potassio etc..) con le mucose della lingua e del palato. L’energizzazione non permette la formazione di grossi aggregati poiché un numero molto ristretto di atomi viene idratato dai cluster e questi a contatto con le mucose non danno l’impatto dei precedenti.

PERCHÉ EFFETTUARE UNA FILTRAZIONE?

La filtrazione è il processo che permette di eliminare corpi estranei, minerali in eccesso e vari tipi di sostanze dall’acqua. Tale processo è fondamentale nel percorso di potabilizzazione dell’acqua prelevata da falde sotterranee, sorgenti naturali superficiali, fiumi e mari. A seconda delle caratteristiche chimico-fisiche dell’acqua alla fonte, nella strutturazione degli impianti di potabilizzazione si scelgono diversi tipi di filtro per renderla potabile, ovvero adatta all’uso umano. Vediamo di capire meglio che cos’è la filtrazione. Quando e come serve, oppure diciamo che è utile una filtrazione? E’ evidente che tutti i concetti suesposti, suffragati dai dati scientifici della ricerca e dalle testimonianze delle fotografie di cristallizzazione non fanno ancora parte dello scibile e delle conoscenze acquisite dalla maggior parte di noi. Risulta difficile infatti accettare l’idea che di fronte ad un veleno, noi andiamo ad assumerlo tranquillamente senza conseguenze nocive per la nostra salute (Mitridate però ci insegna che si poteva farlo 2500 anni fa!).

Ancora una volta va detto che, anche dopo un lavoro di reinformatizzazione, a diversi utenti rimane il forte dubbio che una serie di molecole organiche che possono essere presenti in concentrazioni anche molto basse quali il tetracloruro di carbonio, il cloruro di vinile, l’1,2-dicloroetano, l’1,1.-dicloroetilene, il tricloroetilene, il tetracloroetilene, gli idrocarburi aromatici policiclici (contenenti due o più anelli benzenici), l’esaclorobenzene, il diclorobenzene, il lindano, l’atrazina, la simazina, l’MTBE, i PPCP, gli antibiotici, gli ormoni di cui abbiamo parlato sopra, tanto per citare gli inquinanti più noti di cui si conoscono gli effetti tossici e la cancerogenicità, possano essere bevute senza rischio.

Capitolo a parte, ma integrante, meriterebbe il recente inquinamento da PFAS, sostanze perfluoroalchiliche, che ha coinvolto, nel solo Veneto, oltre 250.000 persone -
https://nextcloud.regione.veneto.it/index.php/s/Jj7kaAeAk5edMx3

Purtroppo sappiamo che sono molti i cibi contaminati da sostanze chimiche, della più varia natura.
Le Pfas sono sostanze chimiche considerate disturbatori delle funzionalità del sistema endocrino, con possibili conseguenze per la salute in termini di reni, polmoni, pelle, ma anche sulla tiroide. Nei casi più seri possono causare tumore del testicolo e del rene. Generati da un’industria che si è sviluppata a partire dagli anni ‘50, servono per rendere resistenti all’acqua e ai grassi vari materiali e vengono usati per schiume, vernici e insetticidi, ma anche nella produzione di abbigliamento, nelle pellicole e nella microelettrica. Quanto elencato rende indispensabile e utile individuare apparecchi che possano trattenere fisicamente la gran parte delle sostanze citate. Stiamo parlano di un “filtro”.

COSA DEVE FARE UN BUON FILTRO?

Filtro è una parola semplice che esprime bene il concetto di trattenere nella sua membrana ciò che non vogliamo bere e lasciar passare quello che ci serve. Ebbene, a nostro avviso, un tale elemento, efficace al 99% su tutta la gamma dei possibili inquinanti non esiste. Dobbiamo infatti tener presente che l’acqua per uso alimentare deve contenere tutta una serie di sali necessari al nostro organismo ed indispensabili per la nutrizione cellulare: lo stesso bistrattato calcio, il sodio, il potassio, il magnesio e molti altri presenti in percentuali assai meno rilevanti. Servirebbe allora un filtro intelligente.

Filtri con queste caratteristiche ne esistono ed alcuni di essi sono sicuramente di buona qualità: non riescono a darci un servizio totale e completo ma assolvono abbastanza bene al compito loro affidato. Uno si essi sicuramente è il Microfiltro a tre stadi a carbone attivo. Un brevetto molto noto in questo campo riguarda il corpo filtrante interno di origine americana, ma ne esistono anche altri fatti in Europa.

CARO VECCHIO CARBONE ATTIVO

Va detto che la maggior parte delle sostanze tossiche sopra elencate sono derivati dal petrolio di natura organica. E’ noto che il migliore elemento utilizzato per legare queste molecole sia il carbone attivo, che risulta molto reattivo nei confronti di quasi tutte le molecole organiche. Il carbone attivo naturale è una sostanza piuttosto spugnosa che presenta quindi grandi superfici di possibile reazione con le molecole in questione. Proprio per questa ragione è stato largamente impiegato sino agli anni ’70 per essere poi lasciato un po’ in disparte poiché gli ampi interstizi interni ed il grande contenuto di varie molecole organiche trattenute sono risultati essere il terreno di cultura ideale per i batteri.

Si è dovuto quindi lavorarlo in modo da ridurre enormemente gli interstizi ed infatti quello che viene oggi impiegato nei microfiltri intelligenti e pressato assieme a del polietilene e non presenta più l’inconveniente sopra descritto. Il filtro pertanto ha un cuore di carbone attivo precompresso e risulta molto efficace nei confronti delle sostanze organiche citate. Tale filtro lavora però a tre stadi, in modo da effettuare un lavoro piuttosto complesso. La prima barriera che l’acqua incontra è uno strato di cellulosa che effettua una prefiltrazione meccanica per tutte le particelle sospese, i batteri, i metalli pesanti e qualsiasi altro corpuscolo che abbia un diametro superiore ai 5 micrometri; in questo modo tali elementi non entrano nel cuore del filtro e non vanno ad intasare gli interstizi che devono reagire con le molecole organiche. Questa cellulosa inoltre è caricata elettrocineticamente in modo da attrarre i piccolissimi ioni di segno opposto (ad es. il Litio) che passerebbero comunque tutte le barriere successive.

Il secondo stadio del filtro è formato appunto dalla parte interna di carbone attivo, mentre un terzo stadio finale consiste in una barriera fisica che deve trattenere tutte particelle superiori a 0,5 micrometri. In questo modo la gran parte dei metalli pesanti viene fermata, mentre passano i piccoli ioni come il sodio, gran parte del calcio, il magnesio, il potassio ecc. Un’altra funzione importate affidata a questa terza barriera è quella di trattenere anche diverse molecole che possano derivare da reazioni del carbone con i composti metallorganici; infatti non tutte le molecole descritte vengono trattenute, ma una parte di esse può dar vita a nuovi composti e quindi uscire dalla matrice in carbone attivo.

DUREZZA DELL’ACQUA

Partiamo considerando l’aspetto legato alla durezza dell’acqua. Un acqua potabile e quindi ben accetta dal nostro corpo non può mancare dei sali minerali essenziali: sodio, calcio, magnesio. Pertanto una buona acqua da bere deve avere una durezza superiore ai 15° francesi. Le nostre acque spesso hanno valori attorno ai 20-25° francesi. Qualora detti valori siano molto elevati, parliamo di durezze superiori ai 30° francesi è buona cosa intervenire per proteggere le tubature, le caldaie e sicuramente anche i nostri reni.

CALCITE O ARAGONITE?

In questi casi allora noi consigliamo l’applicazione di un’apparecchiatura che, grazie ad un campo magnetico di notevole intensità, in grado di emettere frequenze molto precise legate all’equilibrio calcite/aragonite induca il calcio a cristallizzare sottoforma di aragonite anche quando è presente in concentrazioni molto elevate.

Categorie di durezza

La durezza si distingue in tre diverse categorie:

• Durezza temporanea: comprende i bicarbonati di calcio e di magnesio che danno luogo a reazioni analoghe a quella indicata.
• Durezza permanente: rappresentata da tutti gli altri sali (cloruri, solfati, fosfati etc.)
• Durezza totale: è la somma della durezza temporanea e di quella permanente e quindi esprime il contenuto totale di sali disciolti in acqua.

Abbiamo parlato precedentemente di gradi francesi: un grado francese indica la presenza di 10 mg di carbonato di calcio per litro d’acqua. Di seguito la classificazione delle acque in base al loro grado di durezza.

Classificazione Gradi francesi

• Acque molto dolci 0 - 7
• Acque dolci 7 - 14
• Acque mediocremente dure 14 - 22
• Acque abbastanza dure 22 - 32
• Acque dure 32 - 54
• Acque molto dure Oltre 54

Inconvenienti legati alla durezza

Acque abbastanza dure, dure e molto dure possono portare i seguenti inconvenienti:

• ostruzione dei tubi con conseguente diminuzione del flusso d’acqua;
• deperimento e rottura delle condutture;
• resistenze e serpentine incrostate diminuiscono la loro capacità di riscaldarsi e di trasmettere calore e vanno incontro ad una più rapida usura;
• peggioramento della resa di macchine industriali e apparecchiature domestiche, come la lavastoviglie, la lavatrice, il ferro da stiro, la caldaia, gli scambiatori di calore, i dispositivi per il raffreddamento, le caffettiere, le vasche idromassaggio, ecc.
• comparsa di aloni e macchie ruvide sulle superfici
• bagnate dall’acqua e a contatto con l’aria come ad esempio: sanitari, piastrelle, rubinetterie, miscelatori, gabinetti, vasche da bagno e accessori in genere;
• aumento dei costi energetici dovuti alle dispersioni di calore per effetto dell’isolamento termico che le incrostazioni creano attorno alle superfici intaccate (è calcolato che ogni mm di calcare depositato provoca una dispersione termica di circa il 10-15% );
• aumento del consumo di detersivi per la pulizia e la disincrostazione;
• danni ecologici recati all’ambiente per l’uso di acidi, sali, detersivi e quant’altro di chimico venga utilizzato per eliminare il calcare; spreco di fonti energetiche (come metano, gasolio, legna, ecc.), indotto dall’isolamento termico causato dalle incrostazioni.

IL GAUS ®

Il GAUS è un’apparecchiatura di alta tecnologia brevettata e collaudata per il trattamento fisico dell’acqua. E’ composta da una parte meccanica (o parte acqua) gestita da una parte elettronica (centralina). A mezzo di un forte campo magnetico, di polarità modulabile (circa 20.000 Gauss/mm2) e ad una vigorosa azione idrodinamica agisce sulle forme cristalline dei precipitati di calcio dando luogo a particelle che non si aggregano e non formano quindi concrezioni.

DOVE VA A FINIRE IL CALCIO?

Usando una terminologia abbastanza semplificativa, ma efficace per la comprensione pratica, con l’attivatore d’acqua GAUS viene provocata la microcristallizzazione dei sali minerali, trasformandone la struttura cristallina aggressiva, in una struttura amorfa. L’azione del campo magnetico sviluppato dal GAUS non impedisce la formazione del carbonato di calcio solido, la cui quantità rimane sostanzialmente inalterata (il grado di durezza dell’acqua non varia), ma induce la formazione di un residuo calcareo in forma pulverulenta, non aggressiva. I sali rimangono morbidi e vengono trascinati con il normale deflusso dell’acqua senza costituire pericolo di nessuna adesione con le superfici di contatto. Inoltre, cosa molto importante, il trattamento magnetico GAUS provoca il graduale dissolvimento delle incrostazioni già esistenti, formando sulla superficie metallica dei tubi, una pellicola protettiva contro i gas che si liberano nell’acqua e contro la ruggine.

COME FUNZIONA IL GAUS?

Vediamo come funziona: l’acqua viene convogliata e fatta scorrere attraverso una camera piatta che costituisce parte fondamentale del brevetto. Due elettromagneti ad elevata potenza, e alimentati in bassa tensione (24 V), posti verticalmente alla direzione del flusso d’acqua, assoggettano la stessa ad un campo magnetico di intensità pari a 20.000 Gauss/mm2 in modo uniforme e omogeneo su tutta la sua superficie e costantemente nel tempo.

La calcite
Il carbonato di calcio esiste in natura in due forme cristalline di eguale composizione chimica, ma di struttura diversa: la calcite e l’aragonite. La calcite, principale artefice della formazione del calcare solido, si presenta in natura in cristalli di forma prismatica e romboedrica. Si trova ad esempio anche in aggregati fibrosi e concrezionati nelle stalagmiti e stalattiti, nelle spaccature delle rocce, nei filoni metalliferi e in masse granulari, o microcristalline, nei marmi calcarei. Trova utilizzo anche e soprattutto per la formazione della calce.

L’aragonite
L’aragonite invece è un cristallo di forma normalmente filiforme con un basso potere di coesione e adesione. In assenza di campo magnetico il carbonato di calcio è cristallizzato in forma di calcite. Con l’effetto del campo magnetico generato dal GAUS si ha la formazione prevalentemente di aragonite. Sia la forma dei cristalli più minuti e sottili generati dal campo magnetico, sia la presenza di due forme cristalline di natura diversa, sono di ostacolo alla formazione di un deposito compatto. Inoltre il sistema è programmato in modo da invertire con continuità (a cicli di pochi secondi ciascuno) il campo magnetico generato: questo provoca una ancor maggiore confusione molecolare tra le particelle che potrebbero aggregarsi, con un miglioramento delle prestazioni. Inoltre l’inversione di polarità ha lo scopo importante di non magnetizzare eventuali tracce di ferro in un unico verso, evitando così che il pulviscolo ferro-magnetico si possa attaccare alle tubature metalliche o all’interno del sistema stesso.

Quanto dura l’induzione magnetica?

Con GAUS l’effetto è costante e dopo il deflusso dell’acqua dall’impianto, l’efficacia si mantiene sino a 48 ore, poi va lentamente a scemare fino a scomparire del tutto dopo circa 72 ore. Ciò significa che a contatto con l’ossigeno dell’aria il calcare può tornare a ricomporsi, ma ora non più in una forma cristallina aggressiva e intaccante, ma in una forma innocua, amorfa e pulverulenta. Sulle superfici bagnate dall’acqua, quando questa viene lasciata evaporare, si può depositare non più di un sottile strato di polvere bianca, la quale con il semplice passaggio di una mano può essere facilmente asportata. Inoltre, cosa molto importante, il trattamento magnetico provoca il graduale dissolvimento delle incrostazioni già esistenti, un po’ per trasferimento e contagio dell’energia di attivazione con le vecchie particelle sedimentate, e un po’ per lo strofinio continuo dei sali di calcio innocui e in sospensione che vanno a colpire i sali depositatisi con il tempo.



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