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La vista e la visione Intervista a Simone Consorti sul suo ultimo romanzo

Le vite dello psicoanalista e del suo paziente si intrecciano e i ruoli all'inizio ben definiti divengono sempre più ibridi

FotoA un secolo di distanza dall’uscita de La coscienza di Zeno, un altro Dottor S. pubblica la storia clinica di un suo paziente, un docente scolastico. Le loro sedute si sono svolte attraverso uno scambio quotidiano di mail perché il terapeuta si rifiuta da anni di ricevere i pazienti di persona.Quando il professore dà alle stampe un romanzo dal titolo "Dacci oggi il nostro panico quotidiano", in cui delinea il suo medico come un'  incapace  di aiutare i suoi pazienti, Il medico,violando il segreto professionale,rende pubblica la loro corrispondenza. E'  un dialogo serrato in cui i ruoli, inizialmente ben definiti, diventano sempre più ibridi. Il professore perde poi la testa per una ragazza molto più giovane, conosciuta a un corso di recitazione. Il rapporto col Dottore, invece si invischia in una bolla psicotica.

D. Cominciamo dal titolo del romanzo: L'incoscienza.
R. La struttura del libro richiama quella del capolavoro di Svevo, dove uno psicanalista tradito pubblica le "confessioni" di un paziente. Come ne La coscienza di Zeno, ci troviamo davanti due antieroi che, pur cercando di portare a consapevolezza attraverso il logos e la parola, i loro problemi, faranno prevalere l'inconscio, attuando, nel finale, senza più alcun tipo di freno o controllo.
D. l libro, sia nel titolo che nell'impostazione, si rifà alla Coscienza di Zeno di Italo Svevo. Di solito noi quando leggiamo un libro, poi lo chiudiamo e lo riponiamo sullo scaffale della libreria. Tu, invece, da questo in particolare hai tratto spunto per scrivere un romanzo. Perchè?
R. Il libro di Svevo, di cui ricorrono nel 2023 i cent'anni dalla pubblicazione, mi ha accompagnato in diversi momenti della mia vita. Insieme ai film di Woody Allen direi che mi ha insegnato, più di ogni altra opera, l'ironia e l'autoironia, ovvero la capacità di pensare a sé dalla giusta distanza, con il giusto distacco spaziale e umorale. L'immenso Garcia Marquez ha intitolato il suo ultimo libro biografico Vivere per raccontarla; diciamo che l'ironia è raccontarla un bel po' dopo che la si è vissuta.Voglio aggiungere che l'ultimo romanzo di Svevo, in riferimento al personaggio dell'antieroe è stato citato come possibile antesignano ed ispiratore del mio primo, L'uomo che scrive sull'acqua 'aiuto'. Inoltre la scena di Zeno che si reca, zoppicando, a casa Malfenti per prendere moglie è stata proprio la traccia uscita nel 2000 nel concorso a cattedra che vinsi. Quindi, sono ventitrè anni che insegno anche per merito ( o colpa) di Zeno.

D. Anche in questo romanzo la fotografia ha un ruolo importante come già ne La pioggia di Cracovia. Lì erano un fotografo ed un vagabondo a dialogare. Qui è il medico a consigliare al paziente di fotografare per gestire i suoi attacchi di panico. Anche per te la fotografia è terapeutica?
R. Confesso che, anni fa,  ho sofferto di attacchi di panico e che lo psicanalista che mi seguiva, affinché mi concentrassi sugli altri, mi suggerì di "estrinsecarmi". Concretamente, per allontanare i miei pensieri fissi da me, e  in modo che constatassi coi miei occhi che gli altri, durante le crisi, non si accorgevano del mio stato, mi mise in mano una macchina fotografica.  Da allora per me la fotografia è diventata, oltre che una cura, una passione capace di cristallizzare la realtà, senza doverla letteraturizzare.Qui i miei ultimi lavori fotografici montatin in video: https://www.youtube.com/watch?v=7BAwHR1Pq00&t=6s&ab_channel=RobertoBerrettini

D. Nel romanzo ci sono anche riferimenti al teatro, che, insieme alla fotografia, sono i grandi amori del professore Salvo Ragazzi così come per te. E' Salvo Ragazzi, tra l'altro anche lui come te un docente,  il personaggio con cui ti identifichi di più? O è il dottor Sposini il cui cognome è un sinonimo del tuo? O sei tutti e due? O nessuno dei due?
R. Domanda pirandelliana!! Diciamo che sono entrambi gli alter ego di un' anima divisa in due. Non per niente l'esergo del libro, che parla di schizofrenia causata dal disamore è "La mia metà: il mio doppio". Con Salvo Ragazzi condivido il lavoro che faccio, con il Dottor Sposini quello che avrei voluto fare. Per anni mi sono lamentato di malattie immaginarie come Salvo, e me le sono curate da solo (anche perchè non c'era molto da curare) con i metodi usati dal Dottore. Diciamo che il nome di Salvo Ragazzi, oltre che ironico, è antifrastico (visto che Salvo ha abbandonato il suo ruolo di insegnante e le sue classi). In più  richiama, da lontano, il più famoso  romanzo di Salinger: The Catcher in the rye.
D. Il tuo scritto, L'incoscienza, è decisamente una critica alla psicoanalisi. Tra l'altro citi lo psicoanalista James Hillman e il suo Cento anni di psicanalisi e il mondo va sempre peggio. Come mai? Hai qualche esperienza diretta di psicoanalisi?
R. Sono andato per qualche seduta da un dottore vicino alla scuola di Palo Alto, che mi ha trasmesso tanto. La psicoanalisi è una lente prodigiosa per capire le persone e tante opere, inoltre è formidabile fonte di ispirazione. Invece non sempre mi fido di essa come terapia, soprattutto per determinate patologie psicotiche. "Se smetto di soffrire come farò ad abituarmi"? Questo straordinario verso di Caetano Veloso mi fu regalato dal mio psicoanalista e io lo rigiro a voi.

D. Dove hai pescato l'ispirazione per la tiflologa, tra l'altro strabica? Ricordiamo che 'tiflologo' è il professionista che studia le problematiche dei non vedenti ed elabora soluzioni adeguate.
R. Ho una passione, quasi un feticcio, per lo strabismo di Venere. Presentati con gli occhi un po' storti al primo appuntamento e mi fai prigioniero. Nel periodo che fotografavo modelle conobbi una ragazza che, oltre a quella caratteristica, possedeva un sorriso come una tagliola. Non ebbi scampo. Quando decisi di scrivere di lei, che nel romanzo si chiama Ionela, dopo che ebbi deciso che mi sarei concentrato sulla vista, mi aiutò  una mia amica, anch'essa, stranamente, strabica,  tiflologa di professione, che mi insegnò il braille. Gli occhi, la vista sono la metafora ritornante del romanzo. È più grave non avere la vista o non avere una visione?

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