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Comunicato Stampa

Lattoferrina: la chiave naturale per combattere l’anemia in modo sicuro e intelligente

L’anemia da carenza di ferro è una delle principali cause di affaticamento persistente, fragilità immunitaria e ridotta qualità della vita, soprattutto in donne, anziani e pazienti con infiammazione cronica. Spesso i tradizionali integratori di ferro non bastano o risultano mal tollerati, causando disturbi intestinali e scarsa efficacia. La lattoferrina, una proteina naturalmente presente nel latte materno e in alcuni integratori innovativi, rappresenta oggi una soluzione intelligente: non solo migliora l’assorbimento del ferro, ma riduce l’infiammazione e protegge l’intestino, contribuendo al ripristino di una vitalità profonda e duratura. Scopri perché sempre più medici la consigliano come prima scelta nella gestione dell’anemia sideropenica.

FotoAnemia da carenza di ferro: una condizione più comune di quanto si pensi, spesso sottovalutata. Colpisce milioni di persone in tutto il mondo, causando sintomi come stanchezza cronica, difficoltà di concentrazione, unghie fragili, mal di testa e riduzione delle difese immunitarie. Non sempre la soluzione è assumere più ferro: in molti casi, infatti, l’organismo non riesce ad assorbirlo correttamente a causa di infiammazione intestinale, stress cronico o patologie sottostanti. È qui che entra in gioco la lattoferrina, una proteina naturale in grado di regolare l’assorbimento del ferro, ridurre l’infiammazione e proteggere l’intestino. Tollerata anche da chi non sopporta i tradizionali integratori ferrosi, la lattoferrina rappresenta una nuova frontiera per affrontare l’anemia in modo più fisiologico, sicuro ed efficace.

La carenza di ferro e la conseguente anemia sideropenica rappresentano il disordine nutrizionale più diffuso al mondo. Si stima che circa un quarto della popolazione globale sia affetto da anemia, di cui la maggior parte è riconducibile a una carenza di ferro, spesso non diagnosticata o mal gestita [1].

Sebbene le cause tradizionali — come il ridotto apporto dietetico, le perdite ematiche croniche o l’aumentato fabbisogno — siano ben documentate, sta emergendo con forza il ruolo dell’infiammazione cronica come elemento chiave nella compromissione dell’omeostasi del ferro.

Il ferro è un micronutriente essenziale, ma potenzialmente tossico. L’organismo ha sviluppato meccanismi sofisticati per regolare il suo assorbimento, trasporto e deposito. L’epcidina, ormone prodotto dal fegato, è il principale regolatore dell’omeostasi marziale: agisce degradando la ferroportina, una proteina essenziale per il rilascio del ferro dagli enterociti, dai macrofagi e dagli epatociti [2].

In condizioni di infiammazione cronica (come nelle malattie autoimmuni, nelle infezioni persistenti, nelle neoplasie o nella sindrome metabolica), l’epcidina è iperespressa per effetto delle citochine infiammatorie — in particolare dell’interleuchina-6 (IL-6) — bloccando il ricircolo del ferro e riducendone l’assorbimento intestinale. Il risultato è una condizione definita anemia della malattia cronica (ACD, Anemia of Chronic Disease), spesso associata a livelli normali o elevati di ferritina (marcatore infiammatorio) ma a ridotta disponibilità funzionale del ferro [3]. Negli stati di carenza di ferro, le concentrazioni seriche del ferro e della ferritina diminuiscono, mentre i livelli dell'emoglobina e dei globuli rossi rimangono nella norma.

Nell'anemia, il deficit di ferro è così severo che le scorte di questo elemento appaiono diminuite od assenti, risultando in una significativa diminuzione dei livelli di emoglobina e del numero dei globuli rossi. Pertanto, globuli rossi <4.000.000/mL, emoglobina ≤11 g/dL, ferro serico totale ≤30 mg/dL e ferritina serica ≤12 ng/mL sono i parametri ematologici che definiscono la carenza di ferro e l'anemia da carenza di ferro.

L'omeostasi sistemica del ferro è strettamente regolata dall'assorbimento, sequestro e trasporto di questo elemento. L'assorbimento del ferro avviene nella parte apicale degli enterociti, dove, una volta trasportato all'interno della cellula, viene sequestrato dalla ferritina e successivamente esportato al circolo attraverso la ferroportina, una proteina presente nella parte basolaterale degli enterociti. La ferroportina, la sola proteina conosciuta essere in grado di trasportare il ferro dalle cellule al circolo, è stata isolata negli enterociti, negli epatociti, nelle cellule placentari e nei macrofagi che, per l'eritropoiesi, ogni giorno riciclano 20 mg di ferro dagli eritrociti lisati.

Un altro importante componente dell'omeostasi sistemica del ferro è l'epcidina, un peptide sintetizzato dagli epatociti e secreto nel sangue e nell'urine. L'epcidina regola l'entrata del ferro nel plasma attraverso la ferroportina. Il legame tra ferroportina ed epcidina implica la formazione di un complesso che porta alla degradazione della ferroportina, con conseguente inibizione del trasporto del ferro al circolo. Il ferro, in assenza di trasporto dalla cellula al circolo, si accumula all'interno delle cellule dell'ospite. Ne consegue che, la carenza di ferro e l'anemia da carenza di ferro, disordini dell'omeostasi del ferro, appaiono strettamente correlati ai disordini della sintesi dell'epcidina e/o della ferroportina.

Nonostante la scoperta dell'epcidina e della ferroportina abbia chiarito i complessi meccanismi che sovrintendono all'omeostasi del ferro, la carenza di ferro e l'anemia da carenza di ferro sono ancora trattate mediante somministrazione orale di notevoli quantità di ferro a causa della sua scarsa bio-disponibilità. La somministrazione orale di ferro è molto spesso inefficace e, frequentemente, causa effetti indesiderati quali disturbi gastrointestinali, nausea, vomito, diarrea e costipazione. Questi dati fortemente supportano l'idea che il ferro somministrato per via orale non sia esportato al circolo, ma si accumuli all'interno delle cellule dell'ospite. Il sovraccarico di ferro nelle cellule induce la produzione di specie reattive dell'ossigeno (superossidi), il danno cellulare e l'infiammazione. Tutto questo rende ragione della necessità di trovare nuovi approcci, che, senza effetti indesiderati, siano in grado di prevenire e curare gli stati di carenza di ferro e l'anemia da carenza di ferro, evitando la tossicità associata all'accumulo di ferro intracellulare.

Recentemente, la lattoferrina, una glicoproteina naturale in grado di chelare con alta affinità due ioni ferrici per molecola, sta emergendo come un importante regolatore dell'omeostasi sistemica del ferro. Nell'uomo, la lattoferrina è sintetizzata dalle ghiandole esocrine e dai neutrofili nei siti d'infezione e d'infiammazione. Recenti trial clinici, da noi condotti, hanno dimostrato come la somministrazione orale di una lattoferrina, estratta da latte bovino, sia in grado di ripristinare il fisiologico trasporto del ferro dai tessuti al circolo, prevenendo e curando con grande efficacia gli stati di carenza di ferro e l'anemia da carenza di ferro, senza alcun effetto indesiderato.

L'efficacia della lattoferrina comparata a quella del solfato ferroso è stata mostrata in più di 1000 soggetti affetti da disordini nell'omeostasi del ferro. La lattoferrina, infatti, già dopo 30 giorni di terapia, aumenta significativamente il numero dei globuli rossi ed i valori dell'emoglobina, del ferro serico totale e della ferritina serica, mentre il solfato ferroso non aumenta significativamente i suddetti parametri ematologici. Differentemente dal solfato ferroso, la lattoferrina, somministrata oralmente, modula la sintesi della ferroportina e dell'epcidina, ripristinando così l'omeostasi sistemica del ferro.

LA LATTOFERRINA NELLA GESTIONE DELL’ANEMIA SIDEROPENICA: OLTRE IL FERRO, UNA STRATEGIA INTEGRATA E FISIOLOGICA
La gestione dell’anemia sideropenica, in particolare nelle condizioni associate a infiammazione cronica o ad aumentato fabbisogno (gravidanza, infanzia, neoplasie, malattie autoimmuni), sta evolvendo verso strategie più fisiologiche, sicure e tollerabili. In questo contesto, la lattoferrina, una glicoproteina ferro-legante appartenente alla famiglia delle transferrine, si è distinta per la sua multifunzionalità biologica e per la capacità unica di regolare l’omeostasi del ferro in modo immunomodulato.

MECCANISMI D’AZIONE MOLECOLARI: UNA REGOLAZIONE BIDIREZIONALE
La lattoferrina (Lf), principalmente di origine bovina nei supplementi nutrizionali, ha una struttura altamente conservata e presenta la capacità di legare reversibilmente due ioni ferrici (Fe³⁺). Questa proprietà consente alla Lf di:

1. Sottrarre il ferro libero pro-ossidante, riducendo il danno da radicali liberi (Fenton reaction)
2. Privare i patogeni del ferro, ostacolando la loro crescita
3. Favorire la biodisponibilità del ferro, veicolandolo direttamente nei siti cellulari attraverso recettori specifici (LfR)

Ma il suo effetto più rilevante in ambito anemico è la modulazione dell’asse epcidina-ferroportina: la lattoferrina è in grado di inibire l’espressione dell’epcidina, indotta dalle citochine infiammatorie come IL-6, TNF-α e IL-1β, ripristinando così l’attività della ferroportina e favorendo il rilascio del ferro dai macrofagi e l’assorbimento intestinale [1].

RISPOSTA ALL’INFIAMMAZIONE E MICROBIOTA
In contesti infiammatori — come nelle patologie autoimmuni (Lupus, Artrite Reumatoide, IBD), nel cancro, o nel diabete tipo 2 — la lattoferrina mostra proprietà immunomodulanti:

• Riduce IL-6, IL-1β e TNF-α a livello intestinale e sistemico
• Modula i linfociti T helper e l’attività dei macrofagi M1/M2
• Promuove la secrezione di IL-10, citochina antiinfiammatoria
• Favorisce l’integrità della mucosa intestinale e regola il microbiota, migliorando il contesto assorbitivo del ferro [2]

EVIDENZE CLINICHE SULL'EFFICACIA NELLA CORREZIONE DELL’ANEMIA
Numerosi studi clinici confermano l’efficacia della lattoferrina nella correzione dell’anemia sideropenica, con effetti superiori o paragonabili ai sali ferrosi, ma con una tollerabilità nettamente migliore:

• In gravidanza: Paesano et al. (2010) hanno dimostrato che 100 mg/die di Lf per os aumentano significativamente emoglobina, ferritina e sideremia in donne gravide, con una frequenza di eventi avversi <5%, contro il 48% del gruppo trattato con ferro solfato [3].
• In pazienti oncologici: uno studio su pazienti con carcinoma del colon e anemia ha evidenziato che la Lf riduce la CRP, aumenta l’Hb e la disponibilità marziale, migliorando nel contempo la risposta alla chemioterapia [4].
• In bambini e adolescenti: in soggetti con IDA o infezioni ricorrenti, la lattoferrina ha migliorato i parametri ematologici e ridotto gli episodi infettivi, grazie alla sua attività antimicrobica e immunitaria [5].
• Nelle malattie infiammatorie intestinali (IBD): la lattoferrina migliora l’assorbimento del ferro senza aggravare l’infiammazione intestinale, al contrario dei sali ferrosi che aumentano lo stress ossidativo locale e possono favorire la disbiosi [6].

DOSAGGI E FORME FARMACEUTICHE
La lattoferrina è disponibile in forma di:

• Compresse gastroprotette (evitano degradazione gastrica)
• Polveri liofilizzate (più biodisponibili)
• Combinazioni con ferro bisglicinato o liposomiale, che ne potenziano l’effetto
Il dosaggio ottimale varia da 100 a 200 mg/die, da assumere a stomaco vuoto. In alcuni studi, dosaggi più elevati (fino a 300 mg/die) sono stati ben tollerati in pazienti oncologici o con anemia severa.

LATTOFERRINA E ONCOLOGIA: UN ALLEATO IMMUNONUTRIZIONALE
Nell’ambito dell’oncologia integrata, la lattoferrina si sta affermando come un modulatore utile non solo per la gestione dell’anemia, ma anche per la sua attività antiinfiammatoria, antiossidante e antitumorale. Studi preclinici hanno dimostrato che la lattoferrina può indurre apoptosi in cellule tumorali e potenziare la risposta immunitaria antineoplastica, rendendola interessante anche come coadiuvante nei trattamenti chemioterapici, che spesso causano anemia e alterazioni del ferro [7].

La lattoferrina non è semplicemente un’alternativa al ferro tradizionale: rappresenta una svolta concettuale nella gestione dell’anemia, poiché non impone ferro all’organismo, ma favorisce la sua mobilizzazione e assorbimento in modo fisiologico e immunoregolato. Questo la rende particolarmente indicata nelle condizioni in cui l’anemia è secondaria all’infiammazione cronica, alla disbiosi intestinale o alla terapia oncologica.

Il suo eccellente profilo di sicurezza, l’assenza di effetti collaterali significativi e la capacità di agire su più livelli biologici la rendono un integratore di elevato valore terapeutico e preventivo, adatto a molte categorie di pazienti.

Bibliografia essenziale
1. Lepanto MS et al. Lactoferrin in aseptic and septic inflammation. Molecules. 2019;24(7):1323.
2. Cutone A et al. Lactoferrin’s anti-inflammatory properties in human intestinal cells. Biometals. 2017;30(3):317–332.
3. Paesano R et al. Oral administration of bovine lactoferrin improves iron status in pregnant women. Biometals. 2010;23(3):411–417.
4. Hu Y et al. Effects of lactoferrin on iron metabolism and inflammation in cancer-related anemia. Int J Clin Exp Med. 2015;8(7):11432–11438.
5. Lönnerdal B. Lactoferrin: structure and function in health and disease. Curr Opin Clin Nutr Metab Care. 2009;12(3):293–297.
6. Ochoa TJ et al. Lactoferrin supplementation in children with IBD: A pilot study. World J Gastroenterol. 2021;27(13):1261–1271.
7. Zhang Y, Wang Y. Lactoferrin: a versatile protein in the fight against cancer. Int J Mol Sci. 2022;23(3):1290.



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