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Le Feste Di Compleanno Dei Bambini - Prova solo a organizzarne una e capirai

13/06/22 Nazionale

Hai presente quel punto della vita in cui i tuoi coetanei cominciano a sposarsi uno dietro l’altro? Quando, dopo quel milletrecentocinquantesimo invito, inizi ad apprezzare l’esistenza ritirata scelta dall’eremita e a capire le motivazioni degli asociali. Concluso l’iniziale entusiasmo, ti ritrovi a pensare a ogni scusa plausibile per non presentarti. “Caspita, vorrei tanto esserci ma non me la sento proprio di lasciare tutto il giorno il gatto in casa da solo.” Ma nonostante gli sforzi nessuna di queste giustificazioni risulta abbastanza convincente dal far desistere l’obiezione degli sposi. “Ah. Non sapevo che avessi un gatto.”

Dunque, ti ritrovi un’altra volta a rimpinzarti in un ristorante stratosferico con le scarpe con i tacchi ai piedi doloranti e un paio di ballerine che attendono il loro turno, ben piegate in una minuscola borsetta.

Hai presente quei momenti? Ecco, se in seguito hai avuto figli puoi comprendere come non fossero nulla rispetto a questo: le feste di compleanno dei bambini. Prova solo a organizzarne una e capirai. “Ehi, ma lo fai per i bambini!”, ti diranno. Certo, se lo facessi per me, sarebbe puro sadismo.

Organizzare una festa di compleanno è un’impresa diplomatica nulla da ridere. Una serie di sorrisi finti, ricambiati da altri sorrisi finti.

– “Ciao, sto organizzando la festa di compleanno del mio Pietro, voi ci siete?”

– “Oh, che bello! Noi veniamo molto volentieri, non aspettavamo altro!”

– “Purtroppo noi non ci siamo, Gaietta ha gli allenamenti proprio proprio quel pomeriggio!”,

– “Ah. Non sapevo che avessi un gatto.”

– “Scusa? Non ho capito.”

– “Nulla, nulla. Va beh, sarà per un’altra volta!”

– “Ma certo, non mancheremo!”

La prima risoluzione diplomatica riguarda un punto fondamentale, se lo sbagli sei già fottuto. La questione è questa: chi invitare al compleanno?

Un’antica scuola di pensiero attuata dalla fine del ‘700, prevede che l’invito debba essere rivolto solo agli amici più stretti, ossia ai bambini con cui il piccolo Pietro, durante quei pochi anni di vita, ha legato maggiormente. Questo criterio viene attuato anche se si dovesse trattare di bambini dell’asilo, epoca in cui il concetto di amicizia deve essere altamente interpretato. “Dunque vediamo… Davide non ti ha mai morso, invitiamolo, Martina ti ha spinto, mi ricordo bene, a lei niente invito.”

La pratica che prevede la selezione degli invitati ha diversi pro per la salute mentale del genitore. Vuoi mettere avere a che fare con 3-4 bambini anziché con uno sciame d’infanti che svolazza da una parte all’altra della sala senza mostrare alcuna pietà per le cose e le persone? C’è da dire però che anche questa usanza non sia affatto priva di rischi. Seppure diffusamente utilizzata, ci sono madri che, per principio, non riescono ad accettare l’esclusione. Così, di fronte al mancato invito, anziché tirare un sospiro di sollievo, ti tolgono il saluto. Per sempre.

La seconda scuola di pensiero ha influssi che provengono dalla tipica ospitalità delle zone del sud del mondo e si applica attraverso l’invito esteso. Questo consiste principalmente nel fare il gesto della croce e procedere a distribuire le partecipazioni all’intera classe. Si avanza come se non ci fosse un domani. In questo modo, se sopravvivi e non muore nessuno, saranno tutti tuoi amici. Almeno fino alla successiva festa di compleanno.

Una volta che hai distribuito gli inviti, inizi a segnare le conferme su un foglio. Cavolo, sono sempre di più del previsto.

– “Siccome non so dove lasciare i sette fratelli di Matteo, posso portare anche loro?”

– “Certo, certo. Nessun problema”.

Chiudi le somme e non ti capaciti come possano fare le maestre a gestire una classe di centodieci bambini. Senza nemmeno contare gli assenti!

Arriva quindi il giorno della festa. Qualche ora prima ammetti a te stessa che non potrai mai farcela da sola e corri alla ricerca di risorse umane. Arruoli zie, nonne, amici, la vicina di casa e anche un passante che stava andando a comprare il pane nel negozio di fronte casa. Li metti in fila davanti al tavolo del buffet, li nomini per grado e illustri loro lo schema d’azione con tanto di test finale per valutare le competenze.

– “Soldato 1, cosa fai se un bambino vuole proprio le patatine che sono terminate?”

– “Gli dico di farsene una ragione, Signore.”

– “Bene. Soldato 2, tocca a te. Come ci posizioniamo durante la consegna dei regali?”

– “Al primo grido di scarta la carta, mi posiziono davanti alla fila di bambini con il sacchetto, il soldato 1 s’installa di fianco al festeggiato per sostenerlo nello scarto, il soldato 3 starà dietro di loro pronto a fare pallottole degli incarti e a lanciarli al soldato 4 che, lesto, li infilerà nel sacco dei rifiuti.”

– “Perfetto. Direi che ci siamo. Soldato 3, veniamo alla torta con le candeline. Come fai a portare gli invitati in raccolta davanti al tavolo?”

– “Ma… penso che bisogna capire quando i bambini sono un po’ stufi e che…”

– “Male, malissimo! Non sei stato chiamato qui per pensare ma per agire. Devi solo agire, non pensare.”

– “Soldato 4, rispondi tu.”

– “Non lo so… Io, veramente, volevo solo comprare il pane…”
Suona il campanello. Ecco che iniziano ad arrivare i bambini, ciascuno accompagnato da un adulto. Quelli saranno gli unici minuti in cui i compagni di classe di tuo figlio ti sembreranno dei piccoli angeli, ingenui e delicati. Li guardi, hanno ancora la manina stretta a quella della loro mamma, il sacchetto del regalo nell’altra mano e gli occhioni timidi. Allora pensi che in fondo non potrà succedere nulla di male. Sono così carini e sembrano così buoni!

Con tutte le premure materne di cui sei stata dotata, li conduci, uno alla volta, dentro la sala. Le mamme hanno solo una cosa impellente da dirti:

– “Se non ti dispiace ne approfitterei per fare alcune commissioni. A che ora posso tornare a riprenderlo?”

– “Vai pure tranquilla, ci sentiamo dopo!”

Appena gli accompagnatori girano i tacchi, quei bambini che avevano un’aria tanto angelica, sollevano un braccio, aprono le fauci e iniziano a correre all’impazzata come farebbe l’ispanico nell’arena. Ed è in quel momento che comprendi che saranno in pochi a sopravvivere.



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