MACA (Lepidium meyenii): un alimento più completo della pappa reale
"Nasce questa pianta nelle zone della sierra più aspre e fredde, dove non si può coltivare nessuna altra pianta per il sostentamento dell'uomo" Padre Bernabè Cobo 1653.
Storia
Un tempo la sua coltivazione era diffusissima in molte parti dell'altopiano peruviano e boliviano: la zona di Huancavelica, di Ayacucho e il dipartimento di Puno conservano ancora denominazioni come "Macapata", "Macapampa" o "Macachacra" (Johns et al. 1981). Di fatto oggi il suo areale è ristretto a poche zone corrispondenti alle zone ecologiche di Suni y Puna, sulle rive del lago Chinchapoya, nel dipartimento del Junin e del Pasco, ad un'altezza compresa tra i 3700 ed i 4450 m.s.m. In totale meno di 50 ha sono oggi dedicati alla coltivazione di questo alimento (Tello et al. 1992). Come è stato possibile una così drastica riduzione dell'areale di crescita?
Da resti preistorici è oramai assodato che i primi abitanti dell'altopiano peruviano conoscevano la Maca: tra il 4000 ed il 1200 a.C. nacque un'agricoltura basata sulla domesticazione della "papa shillinco" della Maca e della Oca. Ma fu la nascita del Cusco e della civiltà Inca che valorizzò completamente questo tubero. Le truppe incaiche erano alimentate con razioni di Maca per aumentarne forza e prestazioni fisiche nelle marce estenuanti e nei duri combattimenti. Qualche studioso (Obregon Vilches 1998) si è persino spinta ad ipotizzare che l'ascesa di questa civiltà potesse essere in qualche maniera relazionata con un'alimentazione a base di questo alimento.
Il motivo della impressionante restrizione dell'areale di crescita della Maca è principalmente dovuto al progressivo esaurimento dei suoli (Castro de Leon 1990). La Maca infatti, alimento ricchissimo in nutrienti, esaurirebbe progressivamente i suoli. E' quindi necessario un sistema di coltivazioni rotatorie,con un periodo di riposo dei suoli di 5-10 anni, ma anche con questo sistema, con il passare degli anni, il numero delle zone coltivabili scende progressivamente. Ecco che dopo secoli la Maca cresce solo in un area relativamente piccola dell'altopiano peruviano e questo nonostante le ricerche dell'Instituto Nacional de Investigacion Agraria y Agroindustrial (INIAA) che ha ripetutamente cercato di estendere queste coltivazioni.(Canales 1992).
Botanica
La prima descrizione botanica della maca fu merito del dr. G. Walpers nel 1843 che utilizzò uno specimen del dept. di Puno è coniò il termine Lepidium meyenii Walp. Tale descrizione è rimasta indiscussa fino al 1989 quando Gloria Chacon propone la distinzione tra Lepidium meyenii e Lepidium peruvianum Chacon, affermando che solo quest'ultima costituisce la legittima maca (Chacon 1990). Il lavoro di quest'ultima autrice si basava su un esemplare coltivato proveniente dalla città di Cerro de Pasco, dept. di Pasco,. Di fatto questa distinzione non ha avuto oggi particolare seguito e tutti gli Autori parlano oggi esclusivamente del Lepidium meyenii come dell'unica maca esistente in natura, considerando il termine Lepidium peruvianum un sinonimo.
La maca è un alimento ideale per lo sportivo proprio per la ricchezza in quei nutrienti essenziali allo sviluppo di una massa muscolare adeguata per sostenere sforzi notevoli e, soprattutto, prolungati. Questo ovviamente non significa che siamo davanti alle concentrazioni che ci hanno abituato, con grosse preoccupazioni per la sicurezza e perplessità per la reale efficacia, certi integratori "da palestra". La posizione della maca come integratore alimentare è più diversificata e in un certo senso più "completa".
Contiene in pratica, alle corrette concentrazioni alimentari, tutti gli alimenti di cui necessita una persona sottoposta a intensi sforzi fisici (quale è un contadino costretto a lavorare per 8-10 ore ad oltre 4.000 m. di quota). Inoltre l'azione energizzante della maca non si limita al suo valore nutritivo.
Esperimenti su ratti hanno dimostrato che l'assunzione di maca a dosaggi alimentari è in grado di aumentare i livelli di glucosio in ratti ipoglicemici dopo digiuno prolungato (18 h.) o dopo induzione farmacologica (insulina): tale dato è particolarmente significativo in quanto evidenza un'azione sulla glucogenesi, la produzione di glucosio a partire dalle riserve di glicogeno dell'organismo (Miura et al. 1999).
La disponibilità di glucosio viene messa in relazione con le riserve energetiche dell'organismo e la crisi ipoglicemica è il primo segnale del "crollo" negli atleti sottoposti a sforzi prolungati. L'utilità della maca per lo sportivo è quindi particolarmente indicata per coloro che cercano un miglioramento nella resistenza fisica e nello sforzo prolungato.
La presenza di rilevanti concentrazioni di ferro e calcio la rendono inoltre adatta ad integrare tutte le situazioni di aumentato fabbisogno, soprattutto nella donna: gravidanza ed invecchiamento innanzitutto. In particolare la concomitante presenza di elevate concentrazioni di questi minerali e di tutti gli amminoacidi essenziali necessari per la crescita del feto ne fanno un eccellente alimento in gravidanza, come riportato dalla tradizione andina. Naturalmente purché si raggiungano dosaggi alimentari significativi, corrispondenti a circa 5-10 gr al giorno. Lascia invece più perplessi il suo utilizzo, tanto pubblicizzato in sede commerciale, di integratore dimagrante. Dato il basso ma non trascurabile valore calorico, la maca infatti può costituire un interessante alimento per le diete dimagranti purché entri nel conteggio calorico giornaliero: in caso contrario il suo impiego come integratore additivo rischia di alterare il reale apporto calorico compromettendo l'esito dei provvedimenti dietetici.
Per quanto riguarda i composti secondari attualmente identificati nella maca, questi sono sostanzialmente di tre categorie:
- Composti di natura steroidea. Allo stato delle attuali conoscenze e delle concentrazioni di questi composti presenti nella maca nessuno di questi componenti sembra poter esercitare un'azione significativa sulle proprietà di questo alimento.
- Glucosinolati aromatici
La maca contiene isotiocianati di natura aromatica già evidenziati in numerose altre Brassicaceae. Tra essi sono stati evidenziati in particolare la gluvotropaenolina e la mmetossiglucotropaeolina (Piacente et al 2002). Tali composti sembra possiedano attività preventiva nei confronti di numerosi modelli di tumori (soprattutto del tratto gastrointestinale) su animali da esperimento. Va comunque precisato che la concentrazione di queste sostanze è decisamente più elevata in alimenti più vicini alla nostra tradizione alimentare (cavoletti di Bruxelles, broccoli, etc) per cui sembra decisamente illogico ricorrere alla maca per cercare questo effetto chemopreventivo.
- Alcaloidi
Nella maca sono stati individuati quattro alcaloidi (Obregon Vilches 1998): macaina 1,2,3 e 4. La presenza di questi composti è stata messa in relazione con l'attività afrodisiaca e antiserilità della maca, ma manca ad oggi una evidenza scientifica per poter sostenere tale funzione.
- Acidi Grassi Polinsaturi:il problema dei principi attivi.
La maca possiede, nella medicina tradizionale andina, una funzione afrodisiaca e antisterilità. L'altitudine ha infatti un'azione fortemente inibente sulla sessualità e sulla capacità di riprodursi dell'uomo e degli animali.
I popoli andini hanno sempre affermato che l'alimentazione a base di maca è in grado di contrastare questo effetto. Questa azione è stata oggi dimostrata in alcuni esperimenti su animali da allevamento. L'assunzione regolare di maca induce un aumento dei rapporti sessuali e ad un aumento dei follicoli di Graaf negli animali femmina, mentre negli animali maschi aumenta il volume di fluido seminale del 20%, la motilità spermatica del 40% e il numero di spermatozoi del 33%: tutto ciò si traduce alla fine in un maggior numero di parti a termine (Obregon Vilches 1998). Per raggiungere tali risultati la percentuale di farina di maca nell'alimentazione dovrebbe corrispondere a circa il 6%. Il limite di tali studi consiste principalmente nell'assenza di un gruppo controllo.
Tale effetto è stato oggetto successivamente di almeno quattro studi su animali (con relativo gruppo di controllo) che hanno quantomeno confermato l'effetto afrodisiaco. Sulla base di tali ricerche è probabile che la frazione attiva sia quella che riguarda gli acidi grassi polinsaturi: tra questi due in particolare assumerebbero particolare importanza, il macaene ed il macamide (Muhammad et al. 2002). La presenza di questi composti varia comunque enormemente nei vari preparati in commercio oscillando tra un 0.15% ed un 0.84%, con il risultato che il consumo di questi composti oscilla tra 1-52 e 14.88 mg/die (Ganzera et al. 2002). Altri Autori avevano ipotizzato in questo senso un ruolo degli isotiocianati (Johns 1981) o delle sostanze steroidee (Dini et al. 1994).
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