GASTRONOMIA
Comunicato Stampa

Malga bellunese e Agordino di malga, formaggi rari delle Dolomiti

19/09/17

Un’indagine-ricerca condotta da Michele Grassi presso le malghe del bellunese

FotoDopo l’importante manifestazione Cheese, che quest’anno ha riguardato l’attualissimo i formaggi a latte crudo, si parla di un’altro tema che sta a cuore a Slow Food, quello dei prodotti rari, ovvero quelli che sono a rischio vero e proprio di estinzione.
È un argomento che sta molto a cuore anche a Michele Grassi, critico ed esperto di tecnologia casearia che si occupa anche di problematiche e di progetti che mirano alla ricerca dei formaggi tradizionali e delle loro tecnologie e che spesso non hanno alle spalle un consorzio o un’associazione che possa tutelarli.
Per l’anno corrente, il 2017, il progetto di Michele Grassi si è svolto nel territorio bellunese alla ricerca di due formaggi della tradizione alpina, il Malga bellunese e l’Agordino di malga.
Michele Grassi, che si occupa principalmente di tecnologia legata alla trasformazione del latte crudo e specificamente del latte d’alpeggio, ha passione per i formaggi di malga in generale e in particolare per quelli degli alpeggi delle provincie venete, dove ha vissute esperienze dirette e anche per aver personalmente prodotto formaggi tradizionali in alcune malghe delle Alpi dela regione.
La finalità della ricerca si basa su una domanda, “il Malga bellunese e l’Agordino di malga, sono davvero di difficile reperibilità sul mercato locale e direttamente nelle malghe che li producono?
Sono quindi, il Malga bellunese scheda e l’Agordino di malga a rischio di estinzione?
La ricerca parte da una scelta e da priorità, desunte dalla lista compresa nel progetto Strada dei Formaggi e dei sapori delle Dolomiti bellunesi, nell’apposita sezione delle malghe
Una delle finalità della ricerca è quella di segnalare all’ “Arca del gusto” della Fondazione Slow Food, i prodotti rari. È bene specificare che l’Agordino di malga è già segnalato all’Arca del gusto”.
Il progetto vuole però risultare lo specchio di una reale situazione, non semplicemente un’indagine teorica o realizzata con contatti indiretti come possono essere quelli telefonici o tramite il web.
La parte pratica della ricerca si è svolta direttamente sugli alpeggi per verificare la reale trasformazione del latte per ottenere Malga bellunese o Agordino di malga.
Per la ricerca delle malghe da visitare e la seguente verifica dei formaggi prodotti è stata considerata la suddivisione territoriale che l’Amministrazione provinciale di Belluno ha costruito e pubblicato nel sito che tratta le malghe del bellunese.
Le malghe bellunesi sono 173 ma non tutte producono formaggio, molte non sono nemmeno più attive.
Un patrimonio anche questo da rivalutare.
Desunti i numeri e le caratteristiche delle realtà agro-pastorali, le malghe che si occupano della trasformazione attualmente sono 47 mentre quelle visitate e oggetto della ricerca sono state 33. La ricerca è quindi stata realizzata sul 70% delle malghe attive alla trasformazione.
Le visite alle malghe sono state effettuate personalmente da Michele Grassi, che ha rivolto alcune domande direttamente al malgaro o a chi si occupava della vendita del formaggio, acquistato in porzioni di circa 3oo gr. allo scopo di verifica e scatto dell’immagine.
Tra le righe di conclusione della ricerca di Michele Grassi si nota quanto sia importante la salvaguardia di questi due formaggi; “Numericamente appare che solo il 27% delle malghe visitate produce il Malga bellunese, ma se si considera che questo formaggio può essere prodotto in tutto il territorio della provincia, solo il 18,75% del totale malghe visitate si preoccupa di fare questo formaggio.”
Accertata la rarità del Malga bellunese e dell’Agordino di malga, la ricerca affronta le motivazioni per le quali nelle realtà d’alpeggio non vengono più prodotti questi formaggi e pone le basi per la risoluzione di questa emergenza.
Un’indagine vera e propria, quella di Michele Grassi, resa pubblica integralmente, e presentata alle istituzioni che si occupano del settore dell’agro-alimentare tradizionale e all’Arca del gusto di Slow Food.
«C’è molto da fare affinché i formaggi tradizionali non scompaiano nel nulla, devono essere salvati e anche migliorati nelle loro caratteristiche. Oggi abbiamo le conoscenze per farlo, con metodi “moderni” capaci però di non mutare le caratteristiche tecnologiche che ci sono state tramandate. Solo così potremo continuare a degustare quelle eccellenze che solo l’aleggio può concede» conclude Michele Grassi.



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