Micronanoplastiche nei tessuti umani: assassinio silenzioso
Invisible. Inesorabili. Le micronanoplastiche stanno penetrando i nostri tessuti, insinuandosi nel cuore stesso della vita biologica. Non fanno rumore, non uccidono all’improvviso, ma potrebbero essere tra i responsabili di un lento declino della salute umana. È l’assassinio silenzioso del nostro tempo.
Nel 2021, la produzione globale di plastica è salita a oltre 390 milioni di tonnellate (rispetto a 335 milioni di tonnellate nel 2016). A livello mondiale, il trattamento di questi rifiuti è ormai ingestibile e si stima che solo il 9 per cento della plastica sia riciclata (20, 21). La citotossicità delle micro e nanoplastiche è influenzata dalle dimensioni delle particelle, dalla presenza di gruppi funzionali sulla superficie e dalla loro carica.
In generale, la citotossicità si manifesta con induzione dell’apoptosi cellulare, produzione di specie reattive dell’ossigeno, alterazione delle membrane e delle funzioni mitocondriali. Le MNP sono in grado di alterare la struttura e/o le funzioni del sistema immunitario, disturbando le vie di segnale intracellulari e modificando l’omeostasi immunitaria sia verso l’immunosoppressione, sia verso l’immunostimolazione. Molto rimane da chiarire sulle implicazioni per la salute di questi contaminanti ubiquitari in ogni ambiente.
Negli ultimi anni, l’inquinamento da plastica ha smesso di essere un problema “solo” ambientale. Le ricerche scientifiche più recenti stanno rivelando una verità inquietante: le particelle di plastica, una volta ridotte a dimensioni microscopiche o nanometriche, riescono a superare le barriere biologiche e a depositarsi nei tessuti umani. Sangue, polmoni, placenta, fegato, cervello: nessun distretto corporeo sembra essere risparmiato.
Non è più soltanto una questione ecologica: è una nuova frontiera della medicina ambientale. E forse della medicina preventiva.
Dalla scoperta della plastica nel 1807, vari tipi di plastica sono stati studiati e ulteriormente modificati per supportare ogni campo applicato che si allinea alle esigenze dell'umanità, ad esempio, industria, casa, trasporti, medicina, agroalimentare, ecc. Allo stesso tempo, la gestione della plastica è emersa come una seria preoccupazione poiché la sua manipolazione, dalla produzione allo smaltimento, comporta la liberazione nell’ambiente di particelle di dimensioni microscopiche, microplastiche (1 μm - 10 mm) e nanoplastiche (< 1 μm), collettivamente denominati micro-nanoplastiche o MNP.
Le microplastiche sono frammenti di plastica inferiori a 5 millimetri, mentre le nanoplastiche raggiungono dimensioni ancora più ridotte, inferiori ai 100 nanometri. Si tratta di particelle originate dalla degradazione di oggetti plastici più grandi (sacchetti, bottiglie, tessuti sintetici, pneumatici), oppure prodotte intenzionalmente, come nei cosmetici o nei detergenti. Queste particelle sono composte da polimeri sintetici come PET (polietilene tereftalato), PVC (polivinilcloruro), PP (polipropilene), e possono includere anche additivi tossici come ftalati, bisfenolo A (BPA), ritardanti di fiamma e metalli pesanti. A queste si aggiungono inquinanti ambientali adsorbiti sulla loro superficie (pesticidi, PCB, IPA), creando un cocktail potenzialmente dannoso.
Le vie di ingresso principali nel nostro corpo sono tre:
• Ingestione: pesce, crostacei, sale marino, acqua potabile (soprattutto in bottiglia) contengono microplastiche. Anche frutta e verdura possono veicolarle, a causa dell’irrigazione con acque contaminate.
• Inalazione: le micro e nanoplastiche si trovano anche nell’aria, soprattutto negli ambienti chiusi dove si utilizzano tessuti sintetici, moquette e materiali plastici. Il particolato plastico può essere inalato e depositarsi nei polmoni.
• Assorbimento cutaneo: anche se limitato, l’assorbimento attraverso la pelle è possibile, in particolare con i cosmetici contenenti microplastiche o con prodotti da bagno abrasivi.
Una volta all’interno dell’organismo, le particelle più piccole possono oltrepassare le barriere biologiche, raggiungere il flusso sanguigno, attraversare la placenta e persino la barriera ematoencefalica.
Cosa sappiamo della loro presenza nei tessuti umani?
Le evidenze scientifiche, seppur recenti, sono allarmanti:
• Uno studio del 2022 ha rilevato microplastiche nel sangue umano per la prima volta, confermando la loro capacità di circolare nel sistema vascolare.
• Nel 2021, ricercatori olandesi hanno identificato particelle plastiche nei polmoni umani, prelevate da pazienti sottoposti a chirurgia.
• Altri studi hanno documentato la presenza nella placenta, suggerendo una possibile esposizione fetale già in utero.
• Si stanno accumulando prove della loro localizzazione nel fegato, reni e linfonodi.
Le micronanoplastiche possono avere effetti tossici diretti e indiretti. A livello cellulare:
• Inducono infiammazione cronica, soprattutto nei tessuti in cui si accumulano.
• Aumentano lo stress ossidativo, danneggiando mitocondri, membrane e DNA.
• Possono innescare apoptosi (morte cellulare programmata) o alterare i segnali intracellulari.
Inoltre, agiscono da veicoli per sostanze chimiche tossiche (endocrine disruptors) che possono interferire con l’asse ormonale, contribuire a infertilità, disordini tiroidei, obesità e diabete. Nei modelli animali, l’esposizione a nanoplastiche è stata associata a alterazioni neurologiche, disbiosi intestinale, modifiche epigenetiche e immunodeficienza. Nei feti, si teme un impatto sullo sviluppo neuronale e sul sistema immunitario.
Le MNP rappresentano una grave insidia per la salute umana. La loro invisibilità le rende pericolosamente sottovalutate. Le micronanoplastiche non provocano effetti acuti visibili, ma si accumulano nel tempo, silenziosamente. Non esiste ancora una soglia “sicura”, né una mappa chiara della loro distribuzione nei tessuti. L’esposizione è continua, globale, quotidiana. Inoltre, la normativa è ancora carente: la maggior parte dei paesi non ha regolamentato l’uso delle microplastiche nei prodotti di largo consumo. L’industria plastica, potente e trasversale, contribuisce a rallentare il riconoscimento del problema. E i media, salvo rare eccezioni, trattano il tema in modo superficiale.
Oggi disponiamo di tecnologie analitiche molto sofisticate per dosare i livelli di MNP nei vari tessuti, tecniche come cromatografia gassosa a pirolisi-spettrometria di massa (Pyr-GC/MS), la spettroscopia infrarossa a riflettanza totale attenuata-trasformata di Fourier (FTIR) e la microscopia elettronica con spettroscopia a dispersione di energia (EDX). Grazie a queste tecniche si è scoperto la presenza di MNP nei reni, nel fegato e, soprattutto, nel cervello umano. In questi organi le MNP sono costituite principalmente da polietilene, oltre a piccole tracce di altri polimeri. Questi attraversano la barriera emato-encefalica (BEE), e questo crea notevoli preoccupazioni in merito ad un loro ruolo nelle genesi di malattie neurologiche.
A conferma di ciò, l’associazione tra elevate concentrazioni di MNP cerebrale e una diagnosi di demenza documentata, rilevata nel cervello di defunti. E questo, indipendentemente da età, sesso, razza/etnia o causa di morte. Questo risultato è emerso analizzando campioni tissutali prelevati da defunti, nel 2016 verso 2024. In otto anni livelli di MNP nei vari tessuti (fegato, reni e cervello) sono aumentati significativamente (+50%). Le quantità di MNP presenti nel cervello umano sono 7-30 volte superiori rispetto a quanto rilevato negli altri organi. Tale quantità può essere quantificata in circa un cucchiaio! Da notare anche che le MNP presenti nel cervello erano di dimensioni più piccole (<200 nm). Nei defunti con una diagnosi di demenza, i livelli di MNP erano 3-5 volte superiori alla media. Questi risultati sono stati pubblicati “open access” su Nature Medicine 2025,da Nihart et al.
COME EVITARE L’ESPOSIZIONE ALLE MNP
È del tutto evidente che bisogna subito comprendere a fondo quali sono le vie di esposizione, i percorsi di assorbimento e di eliminazione, e le potenziali conseguenze per la salute delle plastiche nei tessuti umani, in particolare nel cervello. Gli esperti suggeriscono misure pratiche come passare dall’acqua in bottiglia a quella filtrata, evitare l’uso di plastica per il riscaldamento e la conservazione degli alimenti, assolutamente sconsigliato riscaldare il cibo al microonde in contenitori di plastica, evitare le bustine di tè che è dimostrato che possono rilasciare milioni di particelle di dimensioni micro e nano ad ogni singola infusione.
Riscaldare il cibo in contenitori di plastica, in particolare nel microonde, può rilasciare quantità sbalorditive di MNP, fino a qualche miliardo di particelle per centimetro quadrato in soli tre minuti. Anche la conservazione a lungo termine (a t.a. o in frigorifero) provoca una significativa perdita di plastica. Queste plastiche mostrano un potenziale tossico, con studi in vitro che rivelano fino al 77% di morte cellulare nelle cellule renali umane dopo un'esposizione prolungata (Environ Sci Technol. 2023;57(26):9782–92; https://doi.org/10.1021/acs.est.3c01942).
Uno studio randomizzato crossover su alimenti in scatola ha mostrato un aumento di oltre il 1000% nei livelli urinari di bisfenolo A (BPA) – un prodotti di degradazione delle plastiche - dopo cinque giorni di assunzione giornaliera di zuppa in scatola (Carwile JL, et al., JAMA 2011; 306(20):2218). Ciò suggerisce che limitare il consumo di alimenti in scatola e optare per alternative confezionate senza plastica o senza BPA può ridurre efficacemente l'esposizione.
Gli alimenti altamente trasformati, come i bocconcini di pollo, contenevano 30 volte più microplastiche per grammo rispetto ai petti di pollo, dovuto ai contenitori in plastica usati durante la lavorazione. Sul fronte opposto, gli esperti stanno studiando come favorire l’eliminazione di MNP già accumulate nei tessuti. Una possibilità è attraverso la sudorazione. Con il sudore molte MNP vengono eliminate.
Negli ultimi 70 anni abbiamo assistito ad un aumento esponenziale della produzione di plastica: stime ufficiali parlano di emissioni di microplastiche nell'ambiente, ogni anno, pari a 10 a 40 milioni di tonnellate. Quantità destinata ad essere raddoppiata entro il 2030.
La diffusione di prodotti in plastica "monouso" unita ad un lento tasso di degrado di questi materiali sta portando ad un accumulo esponenziale che, se non interverranno correttivi, nel 2050 raggiungeranno i 12 miliardi di tonnellate. Vento e acqua possono ridistribuire le MNP ovunque, così sono state segnalate presenze di questi materiali dai sedimenti dei fondali marini alle nostre montagne più alte. L'inalazione è un'altra fonte sostanziale di esposizione, con fino a 62.000 particelle negli adulti maschi all'anno. Un filtro HEPA (High-Efficiency Particulate Air) rimuove fino al 99,97% delle particelle sospese nell'aria piccole fino a 0,3 μm. (Chemosphere 2024, https://doi.org/10.1016/j.chemosphere.2024.142380)
IMPATTO SULLA SALUTE
Oltre a quanto anticipato l'esposizione a MNP può portare a impatti negativi sulla salute tramite stress ossidativo, infiammazione, disfunzione immunitaria, metabolismo biochimico/energetico alterato, proliferazione cellulare compromessa, sviluppo anomalo degli organi, percorsi metabolici interrotti e cancerogenicità. Le conseguenze per la salute sono danni diretti e/o indiretti su vari sistemi di organi, tra cui respiratorio, gastrointestinale, cardiovascolare, epatico, renale, nervoso, riproduttivo, immunitario, endocrino e muscolare. Queste evidenze derivano da studi condotti in laboratorio, su modelli animali dove si è potuto dimostrare che le MNP sono in grado di attraversare le barriere biologiche, quali la placenta e la barriera intestinale, e di accumularsi nell’intestino modificando la composizione del microbiota.
Uno studio recente, pubblicato su The New England Journal of Medicine 2024 (https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMoa2309822) ha scoperto che le persone con una placca carotidea contenente la presenza di MNP, avevano un rischio più elevato di infarto miocardico, ictus o mortalità per tutte le cause. Inoltre, le feci dei pazienti con malattie infiammatorie intestinali (IBD) contenevano circa 1,5 volte più microplastiche rispetto ai controlli sani, in media 41,8 vs 28,0 particelle/gr di feci secche. Brain Medicine 2025 (Open Access).
https://doi.org/10.61373/bm025c.0020 Nature Medicine 2025 (Open Access). https://www.nature.com/articles/s41591-024-03453-1
ZEOLITE: PUÒ AIUTARCI CONTRO LE NANOPLASTICHE?
Tra i rimedi naturali proposti per contrastare gli effetti delle sostanze tossiche ambientali, la zeolite clinoptilolite sta guadagnando attenzione. Si tratta di un minerale di origine vulcanica, altamente poroso e con carica negativa, capace di legare selettivamente sostanze nocive nel tratto gastrointestinale: metalli pesanti, ammonio, pesticidi, micotossine e altre molecole caricate positivamente.
Quando si parla di nanoplastiche, tuttavia, il potenziale della zeolite va inquadrato con cautela. Attualmente non esistono studi clinici diretti che confermino la sua efficacia nell’eliminare micro o nanoplastiche dall’organismo. Tuttavia, la sua azione può rivelarsi utile indirettamente.
Le zeoliti attivate di grado medico (come la clinoptilolite tribomeccanicamente attivata) possono:
• Ridurre il carico tossico intestinale, legando sostanze associate alle microplastiche, come ftalati, BPA, metalli pesanti o IPA.
• Limitare l’assorbimento intestinale di microplastiche ancora presenti nel lume, aiutandone l’eliminazione fecale.
• Modulare lo stress ossidativo e l’infiammazione intestinale, due effetti noti causati dalla presenza di particelle plastiche nel tratto digestivo.
Tuttavia, una volta che le nanoplastiche hanno superato la barriera intestinale ed entrano nel circolo sanguigno o si depositano nei tessuti, la zeolite non può più agire, poiché essa non viene assorbita e non circola nel sangue.
Le micronanoplastiche non sono un problema del futuro: sono già dentro di noi. Non si vedono, non si sentono, ma ci attraversano. Continuare a ignorarle significa permettere che un lento veleno agisca indisturbato. È tempo di reagire, di indagare, di prevenire. Perché la plastica non muore mai. Ma chi la ospita, sì.
Fonte: Dr. Giuseppe Giannini
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