ECONOMIA e FINANZA
Comunicato Stampa

Nasce il Governo Monti. inizia, tra preoccupazione e speranza, una fase nuova

18/11/11

Il nuovo premier ha detto che l’attività del governo sarà improntata al rigore e, quindi, sacrifici, ma all’insegna dell’equità, e che occorre rilanciare la crescita economica del Paese. Noi ci sentiamo in perfetta sintonia con questa impostazione. Al nuovo Ministro dei trasporti chiediamo innanzi tutto che, prima di farsi distorcere il giudizio dai troppi cliché che circolano sui trasportatori, si faccia carico di indagare, con onestà intellettuale e voglia di comprendere, sulle ragioni strutturali di quanto è avvenuto e sta avvenendo in questa realtà. Sarebbe già questo un primo, vero segnale di novità.

Il Governo Monti, in queste ore, deve ancora ricevere la fiducia, peraltro largamente scontata, delle Camere.

E’ troppo presto, quindi, per emettere giudizi. Ma alcune considerazioni vanno fatte proprio adesso, prima che la macchina politico-istituzionale si rimetta in moto.

Innanzitutto, sui tre anni e mezzo appena passati: il bilancio per l’autotrasporto è fallimentare.

Lo abbiamo detto più volte. Gli innumerevoli giri di valzer attorno ai vari tavoli ministeriali hanno prodotto una legge di improbabile applicazione, a cui non crede nessuno, ivi compresi molti degli autori.

Sull’altro versante, quello dei costi, ben più concreti sono stati i risultati negativi accumulatisi sulle spalle degli autotrasportatori: svariati e notevoli gli aumenti del costo dei pedaggi autostradali, ancor peggio per gli aumenti delle accise, per non parlare di quel che è successo alle tariffe RCA. Così che i famosi 4-500 milioni, che ogni anno sono stati stanziati dal governo per l’autotrasporto, anziché dalle imprese del settore sono stati ampiamente fagocitati da una strana compagine composta dallo Stato medesimo, dalle concessionarie autostradali, dai petrolieri e dalla compagnie di assicurazioni.

Pur non essendovi rilievi penali, si è trattato (e si tratta) di una vera e propria razzia a danno delle nostre imprese.

Per di più, accompagnata dalla sprezzante accusa, nemmeno troppo velata, di essere una categoria assistita dallo Stato, cioè, che vive sulle spalle della collettività.

Se a tali considerazioni uniamo le enormi difficoltà economiche oggettive che la crisi economica più generale, scarica sul setto, avremo il quadro di una drammaticità eccezionale e di un fallimento su tutta linea delle " medicine" fino ad ora approntate dai tanti, più o meno improvvisati, guaritori.

Aggiungo che, in questo fallimento, le responsabilità principali sono da addossare, prima che alla politica, alle organizzazioni della rappresentanza dell’autotrasporto, che hanno potuto dettare la linea, in questi anni, al compiacente sottosegretario di turno.

Una condizione per certi versi irripetibile; ma buttata al vento.

Del resto non è la prima volta che con un sottosegretario “amico” l’autotrasporto si ritrova, come si suol dire, becco e bastonato.

Basti pensare che l’esperienza del 2005, da questo punto di vista, la stanno ancora pagando assai cara tutti i trasportatori italiani, sulla cui pelle è stato realizzata un feroce esperimento di “liberalizzazione selvaggia” e di cedimento acritico alle cosiddette “richieste del mercato”

Non fosse altro che per questo, per il fatto cioè che ci aspettiamo da un governo “tecnico” maggiore autonomia dalle corporazioni, noi guardiamo al nuovo con un certo ottimismo, nonostante i precedenti dovrebbero farci dire che l’avvicendamento dei governi ha visto, negli ultimi anni, per il nostro settore, cambiare i suonatori, ma la musica è rimasta sempre la stessa.

Un oggettivo elemento di novità c’è, e notevole, nel governo Monti: nasce come soluzione straordinaria per fronteggiare una situazione di emergenza di uno Stato sull’orlo della bancarotta.

Il nuovo premier ha detto che l’attività del governo sarà improntata al rigore e, quindi, sacrifici, ma all’insegna dell’equità, e che occorre rilanciare la crescita economica del Paese.

Noi ci sentiamo in perfetta sintonia con questa impostazione.

Sarà soprattutto l’equità la cartina di tornasole, perché senza di questa, non potrà esserci coesione sociale che, mi pare, tutti riconoscano come la condizione indispensabile per vincere la difficile sfida che abbiamo di fronte.

Il richiamo è importante, perché il concetto di equità calata nel nostro settore, porta a considerazioni non scontate.

Per esempio: come si declina questo concetto quando parliamo di assicurazioni, quando parliamo di costo del gasolio? Come si fa a portare equità dentro la filiera delle merci?

Se ci si dice che su questi temi, purtroppo, è la legge del mercato che vige, siamo al dejà vu.

Se ci si dice che, se un trasportatore deve dichiarare al fisco più di quello che effettivamente guadagna, in base a criteri astratti e datati (studi di settore), sia per evitare le ritorsioni del fisco che per non farsi chiudere il fido in banca, siamo a quello che succede già oggi.

Ci piacerebbe che il nuovo governo riflettesse su questi elementi:
1.l’autotrasporto non investe più da anni (vedi il crollo delle vendite di autocarri), facendo così mancare all’intero Paese un grande obiettivo di riualificazione tecnologica e ambientale;
2.metà del personale alla guida dei veicoli che ogni giorno le imprese italiane fanno viaggiare è di età assai avanzata, mentre l’altra metà è reclutata tra gli stranieri e addirittura tra gli extracomunitari (niente di male, beninteso. Ma è singolare che moltissimi italiani – e soprattutto quasi tutti i giovani - rifiutino un’occupazione in un settore in cui la dotazione di capitale per addetto è elevata – fino 180 mila euro/addetto. Sarà mica perché, nonostante ciò, questo lavoro continua ad essere pesante e misconosciuto?);
3.l’autotrasporto è considerato dal sistema bancario uno dei settori imprenditoriali a più alto rischio (valutazioni non ideologiche da parte delle banche, ma basate sui bilanci delle imprese, prevalentemente inconsistenti);
4.l’autotrasporto presenta un saldo delle imprese in attività negativo (e lo sarebbe ancor di più, se le imprese in attività riuscissero a chiudere senza farsi troppo male);
5.nessun trasportatore (a proposito di ascensore sociale) raccomanda al figlio di proseguire la sua attività e i figli più accorti non aspettano nemmeno il consiglio del padre, con il risultato che sono pochissime le imprese che giungono alla seconda o alla terza generazione;
6.infine, l’autotrasporto è uno dei settori preferito per l’infiltrazione malavitosa.

Ben lungi dall’essere esaustivo, già questo può costituire materiale sufficiente per far considerare come urgentissima l’esigenza di ripensare l’autotrasporto in Italia, cioè per riflettere su come impostare una riforma vera.

Un'ultima cosa.

Al nuovo Ministro dei trasporti chiediamo innanzi tutto che, prima di farsi distorcere il giudizio dai troppi cliché che circolano sui trasportatori, si faccia carico di indagare, con onestà intellettuale e voglia di comprendere, sulle ragioni strutturali di quanto è avvenuto e sta avvenendo in questa realtà.

Sarebbe già questo un primo, vero segnale di novità.

Noi saremo a completa disposizione nell’operazione-verità, se la si vorrà intraprendere.

Con i migliori auguri, nell’interesse di tutti, al nuovo governo da parte mia e di TRANSFRIGOROUTE ITALIA ASSOTIR.



Claudio DONATI
Segretario Generale di
TRANSFRIGOROUTE ITALIA ASSOTIR



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