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Articolo

Nelle ICI Edizioni la traduzione in Italiano del nuovo appassionante romanzo del grande scrittore croato Drazan Gunjaca

10/02/09

"Il nuovo romanzo di Drazan Gunjaca, SETTE GIORNI DI SOLUTUDINE, continua il percorso inaugurato con "Buona notte, amici miei", che abbandona i soggetti di guerra per approdare a tematiche di nuovo significato. Ciò facendo, Gunjaca si rivela autore di spiccata sensibilità urbana caratterizzata da componenti intellettualistico-borghesi di quella cerchia sociale alla quale egli stesso appartiene. Ambedue i romanzi presentano in buona misura caratteristiche generazionali, per cui si potrebbe dire che Gunjaca si provi a tracimare nella letteratura l’immaginario collettivo e la sensibilità di una generazione (un po’) persa" (Srdja Orbanic). Il libro esce nella collana di narrativa delle Edizioni dell’Istituto Italiano di Cultura di Napoli (ICI Edizioni), già diretta da Giorgio Saviane, intitolata "La bellezza": "Sette giorni di solitudine" è la versione italiana di "Sedam Dana Samoće", Pula, Libro, 2005 e viene pubblicato in séguito al conferimento a Gunjaca nel 2007 del Premio Internazionale di Poesia e Letteratura “Nuove Lettere” per il romanzo "Buona notte, amici miei"

DRAZAN GUNJACA

SETTE GIORNI DI SOLITUDINE
Romanzo

Prefazione di Srdja Orbanic

Traduzione dal Croato di Gianna Dallemulle Ausenak

Edizioni dell’Istituto Italiano di Cultura di Napoli (ICI Edizioni)

Collana di narrativa dell’Istituto Italiano di Cultura di Napoli
già diretta da Giorgio Saviane
LA BELLEZZA





PREFAZIONE

Il nuovo romanzo di Drazan Gunjaca, Sette giorni di solitudine, continua il percorso inaugurato con Buona notte, amici miei, che abbandona i soggetti di guerra per approdare a tematiche di nuovo significato. Ciò facendo, Gunjaca si rivela autore di spiccata sensibilità urbana caratterizzata da componenti intellettualistico-borghesi di quella cerchia sociale alla quale egli stesso appartiene. Ambedue i romanzi presentano in buona misura caratteristiche generazionali, per cui si potrebbe dire che Gunjaca si provi a tracimare nella letteratura l’immaginario collettivo e la sensibilità di una generazione (un po’) “persa”.
Le stesse connotazioni intellettualistico-borghesi, generazionali e urbane sono onnipresenti anche in questo romanzo breve in cui Gunjaca, attraversando un periodo di sette giorni, mostra lo sfaldamento e il fallimento d’un rapporto uomo-donna. Di proposito non parlo di “legame”, poiché l’autore nella propria riflessione va oltre i semplici dettami sociali sui rapporti che incorrono tra due persone di sesso differente scoprendovi delle dimensioni umane universali fondamentali che, prendendo corpo da un’istintiva attrazione sessuale, attraverso un’intesa intellettuale alla fine perveranno ad un’affinità spirituale. In questa sua riflessione, Gunjaca ha mantenuto tre caratteristiche fondamentali del suo percorso creativo d’autore: la sperimentazione, l’immediatezza, la sincerità.
Leggendo il romanzo/i di Gunjaca, il lettore non riesce a sottrarsi all’impressione che l’autore non stia scrivendo di vicende autobiografiche o quantomeno da lui vissute, analizzando le quali è pervenuto a strutture e modelli quasi archetipici del comportamento umano, ciò che gli permette di scriverne spogliandoli dell’ipocrisia sociale e degli strati accumulatisi in seguito ad una moltitudine di interpretazioni generata da ottiche diverse. Trattasi di una introspezione immediata nella situazione che ne precede l’”adattamento percettivo” al contesto socioculturale. I fatti possiedono la scomoda caratteristica di non consentire alcuna mistificazione indotta da un’opinione personale, come Gunjaca sembra voler comunicare ai lettori, la loro “esistenza” non è soggetta ai tentativi di singoli individui che vogliono modificarli nella propria coscienza. Questa mediazione diretta dei fatti - genuino punto di vista dell’autore - impone all’autore stesso il terzo principio dispositivo, la sincerità che lo riguarda in quanto intermediario epifanico della realtà, esente da manierismi e civetterie rispetto la finzione. E nonostante, come esige il soggettivismo moderno, tutto sia relativo, perlomeno l’etica umana è assoluta, ed è proprio alla luce di tale postulato che Gunjaca con il suo romanzo sancisce la visione mediatica del mondo: ogni persona costituisce un mondo a sé, ma allo stesso tempo ogni persona è anche parte del mondo in cui vive, di conseguenza la nostra etica, quella umana, è il prodotto del coordinamento armonico di codesti due mondi e a tale proposito è compito dello scrittore esprimere con franchezza le proprie posizioni. Ed è proprio ciò che fa Gunjaca, radicalizzando con questo romanzo i suoi comportamenti compositivi. Visivamente scolpito, il contrappunto tra le componenti narrativo-riflessive e dialogiche del romanzo, a guardarci bene, è in realtà il contrappunto tra il mondo interiore e quello esteriore dell’Io narrante da cui prende vita la vicenda del rapporto intersoggettivo totalitario. Se l’amore è la caratteristica di tutti gli esseri, come ci mostra Gunjaca, allora la sua fine, la sua scomparsa, determinano la disgregazione dell’essere, dell’uomo in quanto tale senza distinzione di sesso, di età o di qualche altra caratteristica biologica.
Per tale ragione, il modo più semplice è quello di definire il romanzo di Gunjača un romanzo femminista scritto da una mano maschile. E anche in ciò intravvedo chiaramente la “sovversività” dell’autore in quanto il procedimento conta e gioca sullo sconcerto del lettore. Combinando il lato femminino e quello mascolino della sua personalità, Gunjača crea una visuale “intersoggettiva” d’autore, che gli permette di oltrepassare le solite barriere sessuali e di mettere a fuoco i rapporti interpersonali nel punto in cui due mondi interiori, siano essi simili o differenti, vengono a toccarsi. In quel dato punto nasce un mondo esteriore che con il suo divenire autonomo e tuttavia sempre razionale o quantomeno sensato, comprime e sgretola le propensioni istintive della gente.
Il risultato finale di un simile approccio di Gunjaca, è il persistente disorientamento del lettore che non riesce a comprendere fino in fondo se il “femminismo” dell’autore sia reale oppure solo ironico distacco dalla realtà. Ebbene, in entrambi i casi per il lettore la sfida è rappresentata dal distacco, quel distacco che lo farà riflettere e ripensare ai propri rapporti con il prossimo, in particolare ai rapporti basati sull’intimità emozionale del proprio essere.

Srdja Orbanic





Ai lettori

Non che t’aspetti qualcosa di particolare da questo libro particolare. Sei uno che per principio non s’aspetta più niente da niente. Ci sono tanti, più giovani di te o meno giovani, che vivono in attesa d’esperienze straordinarie; dai libri, dalle persone, dai viaggi, dagli avvenimenti, da quello che il domani tiene in serbo. Tu no. Tu sai che il meglio che ci si può aspettare è di evitare il peggio.

Italo Calvino, Se una notte d’inverno un viaggiatore





L'INCIPIT DEL ROMANZO:

Giornata prima
M’ha lasciato. Finalmente. Finalmente solo. Letteralmente e metaforicamente. Solo che questa solitudine non assomiglia a quella da me immaginata durante le tante crisi di squilibrio… Mi riferisco a quella sorta di “solitudini” che all’erompere delle frustrazioni che abbiamo accumulato scambiamo ingenuamente per libertà senza che prima ci si sia posti la domanda cosa sia la solitudine né cosa sia la libertà… Questa solitudine non ha nulla a che vedere con la tanto agognata “libertà”… Questa non è una solitudine tra virgolette e arriva a ondate sinusoidi discordi, come una tempesta sul mare. Dapprima scorgi in lontananza nuvole fosche, irose, alle quali non fai troppo caso per il semplice fatto che sono lontane. Almeno a prima vista. Vedi anche i fulmini squarciare l’orizzonte, si sente un toneggiare cupo, soffocato, ma tu, Dio solo sa per quale ragione, sei convinto che anche questa bufera girerà al largo dal tuo scoglio. Te la stai godendo in coperta d’una vecchia barca maltenuta che galleggia al largo su onde sonnacchiose mentre il tuo corpo seminudo assorbe i raggi del sole… E mentre stai sognando dimentico di tutto, all’improvviso ti sveglia un toneggiare assordante e già un fantasma nero e furente ti sovrasta e ti circonda da ogni lato infierendo senza pietà sulla barchetta che geme e sul tuo corpo gelato. Fuori di te, ti giri e rigiri tentando di scorgere attraverso una cortina buia, opaca e appiccicosa il porto tranquillo dal cui riparo hai sconsideratamente salpato, del tutto impreparato all’imprevedibile inferno…
D’altro canto, chi va a pianificare o a dir poco, a prevedere, il proprio inferno? Forse i pessimisti? I fatalisti? Io non appartengo ad alcuno di loro. Almeno, mi sembra. In effetti, neanche sono ottimista. Sono realista. Con una leggera tendenza all’idiozia. In verità, non potrei affermare di non aver avuto a disposizione già da parecchio una serie di fatti o se non altro d’indizi, che, in tutta onestà, stavano indubbiamente portando ad un ulteriore sviluppo degli avvenimenti, a quanto sta succedendo adesso, ma si dà il caso che avendo balordamente ritenuto essere io un tipo fuori dal comune, avevo creduto che in virtù di questa distinzione, ne sarei stato risparmiato… Anche se, mano sul cuore, difficilmente saprei spiegare con bastante coerenza in cosa consista questa mia “distinzione”, poiché si tratta più d’uno stato interiore difficile da esprimersi a parole, più d’una sorta di sesto senso in virtù del quale a te non possono succedere le brutte cose che si abbattono su quanto ti circonda… E fintanto che non ti colpiscono, ti lusinghi nell’idea di essere un cocco del destino; fino all’istante in cui quello stesso destino non si ricordi di te. Non ne ha di cocchi, lui. Esistono soltanto i fortunati, dei quali si è scordato più o meno a lungo. Ecco, di me, s’è ricordato. Te ne accorgi per puro caso. Così ti capita una di quelle discussioni quotidiane per… non ricordo più per che cosa, ma per come è finita, so che il destino ci ha messo il suo lungo zampino rapace… Qualcuno m’ha detto una volta che il destino è il ladro dell’avvenire e il carceriere del passato. Considerazione che trasuda amarezza, non è vero? Lasciamo stare il destino. Qualsiasi cosa gli venga attribuita, se ne farà carico con insopportabile leggerezza. Torniamo alla già menzionata discussione di un’intera serata. Ecco un piccolo saggio della fine di quell’amabile conversazione svoltasi tra lei e me, che in qualche maniera raffigura il varo della mia navicella esistenziale nelle torbide acque portuali sulle quali galleggiano gli escrementi degli spettabili abitanti di questa sovrappopolata cittadina. Avete mai analizzato il momento allorché un dialogo si trasforma in lite?





Drazan Gunjaca, avvocato e scittore, è nato nel 1958 a Sinj (Croazia). Diplomatosi all’Accademia militare di Spalato, ha indossato l’uniforme della marina di guerra dell’ex-Jugoslavia per una diecina d’anni. Dai primi anni Novanta esercita, accanto alla scrittura, la professione di avvocato a Pola. Ha pubblicato: Congedi balcanici (romanzo, parte seconda della trilogia, pubblicato in Germania, USA, Italia, Australia, Bosnia-Erzegovina, Serbia); La roulette balcanica (dramma, pubblicato in Italia, Germania, Serbia, USA; dal soggetto si sta girando un film); A mezza strada dal cielo (romanzo, prima parte della trilogia Congedi balcanici); L’amore come castigo (romanzo, terza parte della trilogia Congedi balcanici); All’ombra della ragione (dramma, pubblicato in Italia); Buonanotte, amici miei (romanzo, pubblicato in Italia); I sogni non hanno prezzo (romanzo); Quando non ci sarò più (raccolta di poesie); Tutti gli uomini sono fratelli (raccolta di racconti, pubblicata in Italia); Acquarello balcanico (dramma, pubblicato anche in Serbia); Lo stupro della ragione (romanzo, pubblicato in Italia); Anche il cielo è per gli uomini (romanzo). Fra i numerosi riconoscimenti alla sua opera, ricordiamo il Premio “Cesare Pavese – Mario Gori” nel 2003 ed il XIII Premio Internazionale di Poesia e Letteratura “Nuove Lettere” ed il Premio “Raymond Carver” nel 2004 per il romanzo Roulette balcanica. Sette giorni di solitudine è la versione italiana di Sedam Dana Samoće, Pula, Libro, 2005: viene pubblicato in séguito al conferimento nel 2007 del Premio Internazionale di Poesia e Letteratura “Nuove Lettere” per il romanzo Buona notte, amici miei.





L’Istituto Italiano di Cultura di Napoli (ICI ONLUS) (www.istitalianodicultura.org; ici@istitalianodicultura.org), in collaborazione con la rivista internazionale di poesia e letteratura “Nuove Lettere” (da esso edita), pubblica cinque collane editoriali: due di poesia (entrambe dirette da Roberto Pasanisi: una intitolata Lo specchio oscuro, l’altra — di plaquette — intitolata Nugae), due di narrativa (una già diretta da Giorgio Saviane ed intitolata La bellezza; l’altra — di plaquette — diretta da Roberto Pasanisi ed intitolata Gli angeli) ed una di saggistica letteraria (già diretta da Franco Fortini ed intitolata Lettere Italiane).
Il Comitato di lettura delle Edizioni dell’Istituto Italiano di Cultura di Napoli (ICI Edizioni) è costituito da Constantin Frosin (Lingua e letteratura francese, Università “Danubius”, Galaţi; scrittore), Antonio Illiano (Lingua e letteratura italiana, University of North Carolina at Chapel Hill), Roberto Pasanisi (Lingua e letteratura italiana, Università Statale per le Relazioni Internazionali MGIMO, Mosca; direttore, Istituto Italiano di Cultura di Napoli; scrittore), Mario Susko (Letteratura americana, State University of New York, Nassau; scrittore), Násos Vaghenás (Teoria e critica letteraria, Università di Atene; scrittore) e Nguyen Van Hoan (Letteratura italiana e Letteratura vietnamita, Università di Hanoi).





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