Occupazione: il lavoro interinale
Cos'è il lavoro interinale e come si è sviluppato con il passare degli anni. La precarietà del lavoro sotto false forme di flessibilità.
Verso i primi anni ’90 in Italia si è incominciato a parlare di flessibilità del lavoratore.
Forse pochi se lo ricordano ma inizialmente la flessibilità veniva decantata come vantaggiosissima per il lavoratore perché in questo modo avrebbe potuto imparare sempre mansioni nuove e quindi diventare più appetibile per le azienda in cerca di manodopera.
Gli anni passavano e da questo importate concetto si è arrivati al lavoro interinale, ovvero una sorta di “lavoro a chiamata”, cioè “Io capo d’azienda ti chiamo solo quando ho bisogno”.
Così facendo a cosa siamo arrivati? Ad aziende che hanno praticamente azzerato il rischio d’impresa e vedono il lavoratore solo come “materiale umano” da sfruttare quando serve, e lasciare a casa quando non serve più.
Il capo serio di un’azienda seria assume un numero giusto di lavoratori che sa che può tenere 365 giorni all’anno, e ai quali può pagare lo stipendio ogni mese ben sapendo che in alcuni mesi ci saranno molte commesse mentre altri mesi il lavoro sarà poco.
Ovviamente non è però colpa dei titolari di imprese se i Governi che si sono succeduti hanno sempre agevolato il lavoro interinale, aumentando di fatto solo il precariato e le persone senza lavoro.
Inoltre il lavoro interinale è anche un ottimo affare per chi promette lavoro in cambio di voti: io do il voto a qualcuno, quel qualcuno mi fa assumere ma poi se dopo 3 mesi mi mandano via non è colpa del politico che ho votato se ho perso il lavoro, ma è solo perché il lavoro è diminuito che io non servo più.
In poche parole, “lavoro interinale” = “lavoratore usa e getta”.
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