Quando chiedere i danni al marito o alla moglie
Infedeltà, rifiuto di avere rapporti sessuali, maltrattamenti in famiglia: ecco quando e perché la giurisprudenza ammette il risarcimento del danno.
Il risarcimento dei danni tra i membri della famiglia costituisce una realtà molto giovane all’interno del nostro ordinamento. Se andiamo indietro di qualche anno, infatti, scopriamo che la Cassazione era piuttosto restia ad accogliere le domande risarcitorie tra coniugi.
La motivazione principale? Il diritto di famiglia veniva visto come un sistema autonomo, quasi chiuso, con regole proprie e «sanzioni» specifiche dettate per chi non rispettava i doveri coniugali.
Il nostro codice civile afferma che «qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno». Inoltre, «il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi determinati dalla legge».
Per danno non patrimoniale si intende il pregiudizio psicologico (o fisico) patito a causa dell’azione altrui (si pensi ad una depressione conseguente ad un tradimento).
Ad esempio, se uno dei coniugi rifiuta di avere rapporti sessuali, l’altro potrà chiedere il risarcimento del danno perché leso nel suo diritto alla sessualità, oramai inteso come diritto inviolabile della persona e, quindi, costituzionalmente garantito.
Va altresì sottolineato che la famiglia costituisce l’ambiente per eccellenza ove ogni individuo esprime la sua personalità e consegue la propria autorealizzazione. La lesione di alcuni suoi diritti inviolabili, paradossalmente, assume in ambito familiare una consistenza abbastanza grave, proprio perché è principalmente nella famiglia che ogni persona (marito o moglie che sia) ha diritto di star bene e raggiungere le proprie aspirazioni.
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