Recensione al vol. 'Quasi una certezza' di Elena Clementelli
A cura di Ninnj Di Stefano Busà
di Ninnj Di Stefano Busà
E' un libro di memorie dolcissimo e sincero l'ultimo lavotro poetico di Elena Clementelli, un mutuare antico di ricordi a balurdo del cuore. Vi è in questi versi molto particolari, una saggezza di profonda dignità, una quasi certezza (la definisce l'autrice) che domina e accompagna le linee di fondo, segnandone il percorso, la linea tenerissima del cuore che non si stanca di riflettersi come su specchi, delineando il profilo delle cose con una strategia di linguaggio invero singolare: "ho cavalcato/ le onde di un lunghissimo tempo/ nell'assenza/ che sempre più si faceva presenza( (Amne perenne latens) pag. 23.
e ancora: "E noi percorriamo così/ tutti i sentieri/ che nel sogno si riaccendono/ di bagliori di vita: / la vostra-nostra vita,/ traccia ed eternità/ di un destino immortale." (Orme, pag.22).
E' sempre difficile emettere un giudizio in una tale armonia d'insieme, in un dettato così compatto e racchiuso in un nucleo di linguaggio maturo e pensato, perché proprio come in un gioco di specchi, i riflessi sfocano, si ricompongono, si fanno di nuovo tenui e scomposti, ma sempre ritorna l'immagine primordiale a farne una parola che li colma.
Organicamente questa raccolta indaga sulla sostanza verbale che è l'elemento primario tra l'anima e l'infinito:
"E nulla, proprio nulla è perduto:
se nel sgno i sentieri sono tutti ancora da percorrere,
se nel sogno si cela il possibile,
se il sogno è "l'infinita ombra del vero"?(Diktat, pag. 33)
Elena Clementelli dirige il linguaggio perfettamente risolto al suo infinitamente morire, o come afferma lei stessa: nel vivere un'ampia assenza e in abulia totale.
Anche nella poesia d'amore si avverte l'amaro lontanarsi del sogno, l'attimo felice che si oscura poiché la notte diventa una sequenza di pagine sbiadite, di corollari d'assenza, lontani dal tumulto del cuore...dall'urlo irripetibile del canto,"che non è dato nemmeno sognare,/ tanto sbiadita ne è la sequenza/ così travolta e coperta di polvere l'essenza.
E amaramente veri sono i versi che esplicitano la lingua della tregua, non più l'osannante canto del giorno che si va oscurando dietro il rimpianto e la memoria dei giorni felici, "Del canto d'amore interrotto/ le mani tese dall'una all'altra riva/ non si toccano più./ Incontro sospeso, /parole rubate dal vento,/ Travolte dalle rapide/ tra le pietre del ponte franato/ dove l'acqua crepita,/ strepita/ osannante, /assordante." (Frattura, pag 35)
e in altro testo: "Il tuo abbandono/ ha scosso terra e tempo,/ scoperchiato tombe e memorie/ e i fantasmi di quell'ieri perduto/ sono riemersi." (In fuga pag 25).
Infine, anche nella tematica religiosa Elena Clementelli è eccelsa, le sue parole come pietre miliari, edificano cattedrali di luce, si compongono dinnanzi al volto del Signore morto: "Tutto il mio amore che piange/ non può sollevare il tuo capo chiuso nella morte/ e mai mi sanguinò tanto nel cuore/ quest'antica eredità di peccato/ come nell'ora in cui ti guardo morto, Signore,/ teso sulla croce del tuo perdono. // Il mio pianto è impotenza,/ il mio amore è menzogna. Ma la tua morte è vera, Gesù/.../chiedo d'essere più forte del mio male.