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Risolvere l’enigma dei “Big Data”

14/11/11

La gestione dei documenti e dei processi come punto di partenza per estrarre valore dai Big Data, migliorando così le decisioni di business e le performance aziendali.

I volumi di informazioni che le aziende devono gestire stanno aumentando in maniera esponenziale ponendo nuove sfide. Ma questo fenomeno – chiamato “Big Data” – rappresenta anche un’opportunità per le aziende che sapranno gestirlo in maniera corretta. In un report pubblicato di recente si legge a proposito dell’esplosione dell’universo informativo: “L’aumento dei dati – causato ad esempio dalla diffusione dei social media, degli strumenti multimediali e delle applicazioni di nuova generazione – consente di capire meglio i comportamenti dei consumatori e di prendere decisioni strategiche più mirate. Aumentano i documenti che le aziende creano e archiviano in formato digitale e questo consente loro di raccogliere informazioni utili, ad esempio, per aumentare le performance finanziarie”.

Secondo Ricoh, la capacità di gestire l’esplosione dei “Big Data” sarà un fattore determinante per riuscire a guadagnare e a mantenere vantaggio competitivo. “Per raggiungere questo obiettivo – spiega Carsten Bruhn, Executive Vice President di Ricoh Europe – è necessario comprendere come trasformare i dati in conoscenza e come condividere tale conoscenza in tutta l’organizzazione affinché porti a risultati di business concreti. In questo modo i manager C-level potranno prendere decisioni sulla base di informazioni corrette e aggiornate. Un approccio globale alla gestione dei dati consente poi di comprendere meglio l’organizzazione, di conoscere i propri clienti, di migliorare l’efficienza e, infine, di aumentare i profitti”. Quanto detto è valido sia per il settore privato che per quello pubblico.

Le aziende del settore pubblico considerano la gestione dei “Big Data” una priorità, anche per essere conformi alle normative sulla protezione dei documenti riservati e confidenziali. Ma, come emerge da una ricerca condotta da Coleman Parkes Research , nella maggior parte delle aziende del settore pubblico continuano a gestire i documenti a livello di singolo ufficio o dipartimento e non in maniera integrata, per cui manca una visione globale e trasversale a tutta l’azienda. Questo accade, ad esempio, nel 41% delle aziende del settore dell’Education e nel 34% del settore sanitario. A causa di questo approccio frammentato, il valore dei dati non viene colto a pieno, ci sono rischi di duplicazione degli stessi e le persone non riescono sempre a trovare le informazioni di cui hanno bisogno. Inoltre il settore è a rischio di non conformità, dal momento che le informazioni sono difficili da gestire secondo le normative.

La situazione non è migliore nel settore privato. Il 43% delle aziende europee coinvolte nella ricerca di Coleman Parkes Research afferma di gestire i processi medianti attività manuali e solo il 22% ha implementato processi completamente automatizzati. Nel settore Finance, che è uno di quelli in cui le normative sono più stringenti, solo il 45% delle aziende intervistate è in grado di monitorare i documenti confidenziali e il 20% ammette di non fare nulla a riguardo. Le aziende non riescono così ad ottemperare alla Sarbanes-Oxley che impone loro di assicurarsi che i documenti critici non vengano alterati, distrutti oppure archiviati erroneamente.

Oltre alla questione normativa, un altro grande enigma che le aziende si trovano a fronteggiare riguarda il tempo impiegato per la gestione dei documenti e i relativi costi. Il white paper “Process Efficiency Index” mette in evidenza come i dipendenti responsabili dei processi documentali critici impieghino ogni anno per la loro gestione circa 362 milioni di ore del loro tempo. Secondo gli intervistati, migliorando l’efficienza dei processi documentali anche solo del 10% si potrebbero incrementare i profitti di 46 miliardi di euro in tutta Europa. La gestione corretta delle informazioni e dei processi deve quindi diventare una priorità di business per riuscire a risolvere l’enigma dei “Big Data”.



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