ECONOMIA e FINANZA
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Robo Advisor e User Experience: una questione di fiducia

28/09/16

La costruzione della fiducia dai robo advisor ai personal financial assistant

FotoQuando usiamo una app o un sito che gestisce il nostro denaro, le nostre aspettative di utenti si alzano sensibilmente. Di pari passo crescono i nostri timori: alcuni ereditati dal contesto (incertezza riguardo alla situazione economica generale o personale), altri creati dall’interazione stessa (posso fidarmi di questo strumento?).
Per questo, che si tratti di pagamenti, investimenti, risparmi, esigiamo il massimo: processi fluidi, indicazioni inequivocabili, feedback rapidi, rassicurazioni reiterate ad ogni passaggio. Non ci accontentiamo di una interfaccia grafica pulita e gradevole: vogliamo che lo strumento si adatti alle nostre esigenze, non viceversa.

Sono queste le stesse prerogative dello User Experience Design: le applicazioni finanziarie ne costituiscono quindi un naturale banco di prova. Attraverso l’uso della app finanziaria l’UX designer deve mettere in campo tutti gli strumenti a sua disposizione per costruire fiducia, trasparenza, senso di controllo.

Non basta: la capacità di anticipare le esigenze dell’utente per offrirgli un’esperienza su misura, riconosciuta come fattore positivo di conversione nelle transazioni online, diviene cruciale in questo ambito. Solo attraverso essa sarà possibile contrastare le incertezze degli utenti nell’utilizzo dello strumento: presentando loro un prodotto che sa di cosa hanno bisogno, non la versione online di un bancomat.

Robo advisor: l’oracolo dell’investimento?

Per mettere a fuoco opportunità e sfide della UX applicata agli strumenti finanziari, parliamo degli strumenti che recentemente hanno tenuto banco nell’offerta di servizi ai consumatori: i robo advisor in ambito consumer, cioè i servizi automatizzati che propongono l’investimento diretto in portafogli di titoli sulla base di una profilazione iniziale e di successivi aggiustamenti più o meno automatizzati.

Contiamo oggi molti prodotti di questo tipo: si tratta di strumenti ben progettati, che offrono siti web e app con interfacce minimali e ordinate, e che propongono all’utente la guida passo passo nell’investimento. Esempi noti sono Nutmeg, Betterment, Schwab Intelligent Portfolios; in Italia MoneyFarm, YellowAdvice.

Attualmente assistiamo a una uniformazione del percorso proposto dai robo advisor, che invariabilmente offrono:


  • una profilazione minima iniziale dell’orientamento all’investimento, volta a fissare gli obiettivi e portare a bordo l’utente nel modo più rapido ed amichevole possibile, a volte nella forma di test/gioco;

  • la proposta di un portafoglio iniziale, con allocazione dei titoli per categorie di investimento e simulazione indicativa del ritorno di investimento nel tempo;

  • una proposta di investimento vera e propria, con la possibilità di procedere collegando un conto bancario (e con profilazione approfondita per adempimento di legge);

  • un cruscotto attraverso cui l’utente controllerà l’andamento del proprio portafoglio, mentre il robo advisor assicura di provvedere al bilanciamento automatico del portafoglio nel tempo.



Nella apparente linearità, questo processo presenta alcuni punti di attenzione:


  • il livello di personalizzazione è spesso più basso di quanto sia pubblicizzato: la profilazione iniziale è sì rapida e amichevole, ma porta sempre a un ventaglio ristretto e predicibile di possibili portafogli;

  • il cruscotto con cui si controlla l’investimento avviato offre poche rassicurazioni sull’andamento nel tempo, soprattutto durante le fasi negative;

  • il robo advisor opera in una “bolla” chiusa e separata, ignaro della situazione finanziaria complessiva dell’utente in un dato momento.



Il quadro che ricaviamo è quello di un’offerta uniformata in cui un singolo strumento fatica ad emergere, e che soprattutto mostra criticità sul piano del mantenimento della fiducia nel tempo. Soprattutto in caso di una congiuntura economica sfavorevole (come continua ad essere quella attuale) e di resistenze culturali all’investimento in genere (come nel caso italiano).

Esistono prodotti che in parte rispondono alle criticità elencate, ad esempio offrendo la possibilità di investire automaticamente somme molto piccole sfruttando il meccanismo dello small commitment (Acorns), oppure che pubblicizzano “freni d’emergenza” nel caso l’utente non sia in grado di investire la somma pianificata (Digit.co).

Tuttavia i tempi sono maturi per un nuovo tipo di servizi finanziari consumer, con un approccio più organico alla personalizzazione e l’anticipazione delle esigenze reali dell’utente. Parliamo di un vero e proprio salto qualitativo, reso possibile da condizioni tecnologiche e culturali che noi, come consulenti di Innovation Strategy e User Experience, abbiamo il compito di monitorare e inquadrare nelle strategie di business dei clienti.



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