Uscita la raccolta del poeta migrante Arnold de Vos, SUBLIMAZIONE, Edizioni del’Istituto Italiano di Cultura di Napoli
Arnold de Vos, SUBLIMAZIONE, Prefazione di Lidia Marzotto, Edizioni del’Istituto Italiano di Cultura di Napoli. "Forse non è importante conoscere il romanzo biografico di Arnold de Vos che, quando parla di sé, sorvola o non si sofferma che brevemente sulle circostanze che l’hanno condotto a vivere in più città e in due continenti, sentendosi essenzialmente ‘altro’ da ciò che la sua storia potrebbe dire che è. In questa luce non è neppure un caso che il suo biglietto da visita sia vuoto di titoli o di altre specifiche di appartenenza. Il nome Arnold de Vos, che difende puntualmente da ogni distratta alterazione ortografica, è quello che, fuori dalla storia personale, egli riconosce alla sua arte sopra ogni cosa" (dalla Prefazione di Lidia Marzotto).
Arnold de Vos
S u b l i m a z i o n e
Prefazione di Lidia Marzotto
Edizioni del’Istituto Italiano di Cultura di Napoli
dalla Prefazione di Lidia Marzotto
“Come te non c’è nessuno, tu sei l’unico
al mondo” […]
Franco Migliacci
Mi sovvengo, a distanza di molti decenni, di un messaggio ambiguo di mio padre, che allora trovavo arrogante e che non ho mai risolto per davvero: “Che parlino bene o che parlino male, basta che parlino di te”. Per metà mi sembrava andar bene, ma era quel “parlar male” che mi dava fastidio, e forse c’era qualcosa di sbagliato in questo, o forse no. Mia madre, da parte sua, si prodigava a cucirmi vestitini bellissimi che, pur seguendo la moda, si differenziavano per ornamenti originali ed esclusivi, come le cuciture bianche sul grembiule nero di scuola, “perché mi distinguessi” diceva. Questi ricordi mi servono solo per cominciare a capire qualcosa del libro che mi trovo tra le mani: la storia di un singolo che si differenzia con volontà dal generale, un percorso in versi che è il divenire della sua differenza: un “caso a parte” che diviene.
Una vita per nascere?
Forse non è importante conoscere il romanzo biografico di Arnold de Vos che, quando parla di sé, sorvola o non si sofferma che brevemente sulle circostanze che l’hanno condotto a vivere in più città e in due continenti, sentendosi essenzialmente ‘altro’ da ciò che la sua storia potrebbe dire che è. In questa luce non è neppure un caso che il suo biglietto da visita sia vuoto di titoli o di altre specifiche di appartenenza. Il nome Arnold de Vos, che difende puntualmente da ogni distratta alterazione ortografica, è quello che, fuori dalla storia personale, egli riconosce alla sua arte sopra ogni cosa.
Già cominciando dalla prefazione di questo libro, i ricordi d’infanzia di de Vos poco riguardano vicende e accadimenti, ma piuttosto rievocano la sua interiorizzazione di quello che ‘fuori dalla finestra’ era inspiegato, senza nome. Arnold bambino vive la profonda nostalgia di cose presenti i perché delle quali non conosce e si affida all’azione immaginifica, che è atto di conoscenza. Questo sguardo sarà conservato anche più tardi, accompagnato da percezioni che viaggiano lontano nel profondo a nutrire la sua riflessione, in spola continua tra oggetti familiari, incontri, convivenze e trascendenze. Quindi mi sembra che la storia di de Vos, della sua vita, quella che si racconta nei suoi versi e che a lui stesso si dispiega con stupore, è anche quella immediata delle ‘cose’ che gli si sono offerte e che hanno innescato incontri con il più remoto alla ricerca delle fonti di cui l’anima ha bisogno per il ritorno, annunciate da quello stordimento da bellezza che fu il capezzolo bluastro e dall’assalto d’amore: visione ed emozione che diventa faro la cui luce non si estingue e si farà sempre più viva. Parrebbe un’ immagine che dà stabilità al turbamento che genera felicità. Turbamento erotico provocato anche da altre memorie, da altri simboli evocati dall’infanzia (la finestra, i fiori d’Olanda, il mare e quant’altro), anche se con meno pregnanza. Sembra che sia sempre alla ricerca di questo “percorso a ritroso”, di questa “madeleine” che lo conforta. Ciò spiegherebbe anche la grande vitalità di Arnold de Vos, la sua sete di conoscenza in ogni campo dello scibile, il suo viaggiare, il suo intenso esperire o voglia di ‘provare tutto’, compreso il coraggio della paura: tutto teso a far anima, cioè a interpretare se stesso e a “finire di nascere”. La sua ‘Formula del mondo’ non è forse anche un suo “farsi specchio del mondo” che percorre e che riflette, per accorgersi di sé o solo di un piccolo pezzo di sé – l’unghia dell’alluce –, che però col suo richiamo può preludere a un ripiegarsi su se stesso riflessivo e al chiudersi del cerchio? Ed è questo far anima, che assume in lui priorità assoluta, che influisce e segna di fatto l’ambito personale e gli accadimenti della sua storia di vita nel calendario, non il contrario. Direi che nell’opera di Arnold de Vos, con le sue lunghe attese drammatiche, gli sprofondamenti e i voli, è descritto un viaggio sulla rotta inconsapevole tracciata in giovane età verso la luce di quel faro bluastro che è memoria e speranza del “miracoloso compimento consolatore delle angosce”. Un viaggio verso l’assenza di scelta, perché non ci sono alternative alla scelta di se stessi per conseguire la libertà.
[...]
Per arrivare a tanto, per cinque anni si aggira nella stanza costellata di silenzi, vuoti
e solitudine. È una galleria di quadri bui e di simboli di dolore e morte (colori imbruniti, spine, cipressi, crisantemi, tese calate, velature nere, mura, vuoti, statue e altro). Il poeta è assediato dal dolore e quando il pensiero del limite dell’esistenza
emerge, sembra proprio che sublimare facendo poesia non basti, che sia autoinganno: “Fino a quando l’attesa e la speranza?”, è la domanda angosciosa. Si sente solo tra la gente, in un mondo a parte, soffrendo la sua pena incomunicabile agli altri che continuano indifferenti. Imprigionato in se stesso, non pensa ormai ad altro che a una via di fuga. Per uscirne tranquillamente basterebbe uniformarsi, far scivolare la voce nel silenzio della massa… alternativa impossibile e scartata (Conversazione di facciata, Clausure, Passa per la muraglia). Resta la scelta dove la mente oscilla tra il vivere e il morire… fare infine di sé “una frase soppressa”.
La terza stanza (Paradiso e destino, 1999)
Albeggia, la luce va crescendo nel giorno.
La stanza ha colori sobri. In penombra una culla ancora vuota. Il vento dalla finestra aperta porta piume e ve le posa, finché sia pronta. Una piuma alla volta, per dieci anni.
Quando vi entra porta ancora con sé pensieri di morte.
Invece ciò che opprime l’anima non è un peso mortale. L’anima è gravida e non ci sarà morte, ma l’inizio del compimento di una nascita.
La figlia di Psyche si chiama Voluttà, che è il frutto di un vivere psichico erotico, che è innamoramento dell’anima. Assai più grande del piacere sessuale, è un dono supremo che rivela l’ineffabile. Nel mito è infatti la bellezza di Psyche che contende il primato a quella di Venere. Tale stato felice è acceso da, ma non accende, gli immaginari sessuali. Infatti è il continuo e sistematico tormento di Venere il motore di Psyche. Ma non siamo ancora al parto, c’è ancora strada da compiere e forse il mito di Apuleio non calza più o è troppo complesso. D’altro canto i miti possono illuminare anche solo parzialmente alcuni dei diversi momenti.
Dicono che i pensieri di suicidio e l’atto stesso contengano anche una disperata richiesta d’amore. C’è ben altro, ma la terza e ultima stanza inizia proprio con il desiderio di essere visto (Sono bandiere i nostri occhi) e continua col tema dell’amore, che forse giustifica la vita traditrice. L’amore di gioventù e il ricordo post-mortem di chi ti ha amato, possono darle un senso. Ma sembra che l’amore accessibile ora – paradiso e destino mortificante - sia solo il sesso occasionale (Mi si è piazzato davanti) o quello che può nutrire i suoi versi ovattati (autocensurati?), agnello sacrificale offerto alla scrittura (Quando ti stendi sul tappeto). Il poeta si sente ancora vivo, non è pietra e riflette sui pensieri e i desideri al traino che rimangono senza il coraggio di attuarsi. Ma già la sua scrittura osa un po’ di più. Da I grappoli sotto il pergolato, sembra riprendere verve e una certa sicurezza, e assume un’aria di sfida che sarà quella di vivere, di “vivere tutto” e cantare di tutto. È nuovamente legatissimo alla sua penna, legato da un filo come tra stame e stame nello stesso fiore (Hai l’inchiostro dentro). Ed è bellissimo come individua il rapporto tra mente e anima nell’atto creativo:
Si staglia nella mente
il taglio del verso,
ma l’anima è il calore informe
che alla lingua dà poesia.
Anche se il cuore, il corpo, il mondo sembrano non avere risposte, e se Dio non ha risposte né altra soluzione che rimandarlo a se stesso, l’esilio curato con l’esilio sembra aver fine. Il dio cercato infatti è l’ordine del cuore, ciò che è patria ospitale per l’esiliato, per il singolo di cui legittima l’esistenza e la scelta (Ho bussato alla porta). E il cuore, l’amore, gli dice di vivere e di scrivere, entrambe le cose, una motore dell’altra infine. Così anche il sesso entrerà palesemente nei suoi temi e nella sua vita (È il manto di Dio). E infatti non ci saranno limiti: anche quando il tema sarà scabroso, l’arte di de Vos, assieme a questa decisione di “vivere tutto”, di “essere pienamente quello che è”, consentirà a distretti repressi del mondo e dell’anima di uscire dai nascondigli del diniego, di abbandonare la bruttezza della quale sono stati
connotati e di entrare nella bellezza. Il paradiso non è quello dei credenti per necessità, non quello dei devoti dell’apparenza e del consumo, né quello dei morti-vivi che rinunciano a correre la bellezza del mondo. Il suo paradiso è il fascino che regala questa terra niente escluso, perciò anche il sesso, anche quello solitario; il suo destino è questo paradiso, un paradiso in terra se l’anima s’appartiene (Santi viandanti mendicanti, Estate estatica, Masturbazione). Ed ecco aprirsi l’immagine dell’intero pianeta (lui stesso) diviso in due: oriente e occidente. La scelta non ha scelta, quando si sceglie se stessi. L’occidente (remore morali, eccesso di ragione e quant’altro) posto sul catafalco del passato; l’oriente, con le sue promesse da mille e una notte, l’esotico, il differente, che chiama a un cielo aperto e notturno illuminato dalla luna, e dove canti soavi rispondono al suo canto di poeta: questo è il suo destino.
Pegaso
La gatta sul davanzale ammira questo cielo e ogni tanto strizza gli occhi, incredula di aver visto passare un cavallo alato. Ha visto un’anima che impara dal corpo. Guarda in giardino le foglie che crescono verso il vuoto e lancia al silenzio un miagolio, la sua canzone, che non ha paura di esaurire se stessa.
Una possibilità d’amore
Aster e specchio di cose, la luce riflette
il loro sorriso nell’aura del mattino.
Cosa sorridente io stesso, penso
il mattino che sorge sulla barca del mondo
e issa la vela, con me.
(Il largo)
Nel silenzio di fine lettura sento ancora la protagonista di questa storia: una voce. Ha cantato da solista, unica al mondo, sulle note di un fado. Lei canta di mura, di rose, di cipressi, di cielo notturno, di luna e di usignoli e tutto è avvolto nella stessa musica, senza differenza, senza discontinuità. E tutta la vita che canta per conoscere le cose; e le mura, le rose, i cipressi, il cielo notturno, la luna e gli usignoli le rispondono nella stessa lingua parlandole di lei. Le rose l’hanno punta, le mura l’hanno serrata, i cipressi le hanno gettato ombre scure, ma la luna l’ha riconosciuta, il cielo notturno l’ha accolta e l’usignolo canta per lei.
In mezzo allo schiamazzo generale ho ascoltato la voce di un singolo, instaurando con lui un silenzioso dialogo mentale, fino a sentirne la presenza insostituibile. L’ho visto far emergere la singolarità nella quale si manifesta la sua realtà d’uomo, cioè la sua anima, che per essere riconosciuta ed esistere nella sua fioritura inimitabile chiede amore; quell’amore che conosce la gioia della differenza. Credo che proponendo al pubblico la sua opera, che percorre nuda il divenire doloroso e orgoglioso della sua differenza, Arnold de Vos faccia dono di questa possibilità.
Lidia Marzotto
la poesia di Arnold de Vos che fa da incipit di
"Sublimazione"
A u t u n n o
Scrostato come un vecchio muro,
ricorda case fatte e sfatte.
Il profumo del vino gli fa bere il giorno,
il tavolino e la seggiola
fanno corolla con le foglie arse.
Arnold de Vos, «poeta migrante» presente a Roma dal 1968, poi a Trento e Selva di Grigno in Valsugana, e residente a Tunisi, ha pubblicato i libri di poesia Merore o Un amore senza impiego (Cosmo Iannone, Isernia 2005), e Vertigo. 77 poesie per Ahmed Safeer (Edizioni del Leone, Spinea-Venezia 2007). Dopo l’esordio come poeta in Olanda (Uit een volslagen duisternis. Gedichten voor Gerrit Achterberg, Sijthoff, Leiden 1967) e la traduzione in neerlandese de Il Sempione strizza l'occhio al Frejus di Elio Vittorini (De Bezige Bij, Amsterdam 1967), si è occupato con la moglie di archeologia (E. La Rocca, M. & A. de Vos, Guida archeologica di Pompei, Mondadori 1976-oggi; A. & M. de Vos, Pompei Ercolano Stabia, Guide archeologiche Laterza 1982, rist. 1988; AA.VV., Pompei. Pitture e mosaici I-III, Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani, Roma 1990).
Autore di Poesie del deficit (Edigam, Padova 1980; premio per poemetto “Piccolo Strega” 1979, premio “Taormina” 1980); Il portico. Poesie (Gazebo, Firenze 1985); Responso. Poesie (Ragusa 1990; premio “Sikania”). Suoi testi si trovano antologizzati in: Omaggio a Lawrence Ferlinghetti (Edizioni ObliquaMente, Trento 2005); Ai confini del verso. Poesia della migrazione in italiano, a cura di Mia Lecomte (Le Lettere, Firenze 2006); e in A New Map: The Poetry of Migrant Writers in Italy, a cura di Mia Lecomte e Luigi Bonaffini (Green Integer, Los Angeles 2007). Un'intervista con l'autore in: Davide Bregola, Il catalogo delle voci. Colloqui con poeti migranti (Cosmo Iannone, Isernia 2005). De Vos collabora a varie riviste (fra le altre “Arenaria”, “Pagine”, “Kuma”, “Sagarana”, “El Ghibli”, “Saudade”, “Semicerchio”, “I cardini” e “il Funambolo”) e siti (come “Poiein”, “rivista saudade”, “Literary”, “Whipart”; e le pagine in Rete di Radio3, “Fahrenheit” e “Radio3 Suite” riportano vari interventi su di lui). La sua prima prosa in italiano era stata concepita originariamente come prefazione al volume (mai diffuso) Il portico e poi riesumata nella plaquette Paradiso e destino o La perla insonne delle pudende (Sciascia, Caltanissetta 2000; premio “Città del Pittore Guastaferro” 2000). Suoi versi sono in '900 e oltre. Inediti italiani di prosa contemporanea, ICI Edizioni, 2005), a cura di Ernesto L’Arab e Roberto Pasanisi. La raccolta Sublimazione è pubblicata in quanto vincitrice della XIX edizione (2007I del Premio Internazionale di Poesia e Letteratura "Nuove Lettere" (sezione Raccolta inedita).
L’Istituto Italiano di Cultura di Napoli (ICI ONLUS)(www.istitalianodicultura.org; ici@istitalianodicultura.org), in collaborazione con la rivista internazionale di poesia e letteratura “Nuove Lettere” (da esso edita), pubblica cinque collane editoriali: due di poesia (entrambe dirette da Roberto Pasanisi: una intitolata Lo specchio oscuro, l’altra — di plaquette — intitolata Nugae), due di narrativa (una già diretta da Giorgio Saviane ed intitolata La bellezza; l’altra — di plaquette — diretta da Roberto Pasanisi ed intitolata Gli angeli) ed una di saggistica letteraria (già diretta da Franco Fortini ed intitolata Lettere Italiane).
Il Comitato di lettura delle Edizioni dell’Istituto Italiano di Cultura di Napoli (ICI Edizioni) è costituito da Constantin Frosin (Lingua e letteratura francese, Università “Danubius”, Galaţi; scrittore), Antonio Illiano (Lingua e letteratura italiana, University of North Carolina at Chapel Hill), Roberto Pasanisi (Lingua e letteratura italiana, Università Statale per le Relazioni Internazionali MGIMO, Mosca; direttore, Istituto Italiano di Cultura di Napoli; direttore, “Nuove Lettere”; scrittore), Mario Susko (Letteratura americana, State University of New York, Nassau; scrittore), Násos Vaghenás (Teoria e critica letteraria, Università di Atene; scrittore) e Nguyen Van Hoan (Letteratura italiana e Letteratura vietnamita, Università di Hanoi).
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