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Antropocene

16/11/20

Sarebbe opportuno che Antropocene, il tempo dell’uomo, assumesse la valenza di un periodo nel quale l’umanità ha potuto considerarsi unita, solidale ed equa nelle sue varie componenti. Se servirà a soddisfare l’ego umano ben venga l’era geologica: il segno fisico discriminante sarebbe la sua integrità e lunga sopravvivenza.

FotoEsattamente venti anni fa il termine Antropocene (epoca dell’uomo) è stato proposto da Paul J.Crutzen, (chimico dell’atmosfera e premio Nobel) con Eugene F. Stoermer. Si riferivano all’azione dell’uomo in grado, ormai era evidente, di influire sui cambiamenti climatici in corso sul pianeta e che si cominciava a conoscere. Avevano ripreso il termine da V. Shantser, (1973) che non aveva avuto lo stesso successo. Un fatto appariva ormai accertato: l’uomo aveva parte attiva nel cambiamento climatico.
Il termine fu acquisito dalla comunità scientifica e definitivamente coniato, volendo indicare un periodo storico individuabile all’incirca negli ultimi due secoli, nel quale l’umanità, intesa come specie umana, ha lasciato un segno fisico riconoscibile sul pianeta. Quale segno fisico? Lo dice la storia: l’esito delle guerre, due mondiali e decine di altre: degrado, violenza, costruzione e distruzione, scontro invece di confronto costruttivo, trionfo dell’economia globalizzata alla guida delle attività e del pensiero civile.
I cambiamenti climatici sono solo una piccola parte dei cambiamenti provocati dalle attività umane. Sono la plastica e i materiali radioattivi e forse la polvere di cemento gli indiziati più promettenti ma sono collegati all’inquinamento, cioè ben più e ben oltre il cambiamento climatico e tuttavia di minore impatto sul pubblico. Il degrado ambientale sorprende ma non sconvolge l’uomo che lo produce; il cambiamento climatico sconvolge l’economia e dunque diviene necessario correre ai ripari e in fretta.
Sono passati vent’anni da allora e la comunità geologica mondiale (agosto 2020), con un balzo davvero epocale ha iniziato a ritenere possibile di attribuire una valenza geologica all’epoca Antropocene con l’uscita da quella dell’Olocene in cui viviamo, grazie ad indicatori che paiono essere possibili da individuare ubiquitariamente nelle rocce e nelle stratificazioni planetarie.
È questa la condizione necessaria per sancire un confine geologico tra le varie epoche. I substrati che definiscono l'inizio e la fine del periodo devono essere ben identificati.
Qualunque cosa si sia sostenuto poi, Cruzen nel 2000 coniando il termine, non voleva affatto sostituire quello di Olocene, che definisce scientificamente l’era geologica in cui viviamo ma lui, Cruzen, ha avuto successo nell’attirare l’attenzione dove Stoppani invece non lo ha avuto colla sua “era antropozoica” di molto precedente ma non dimenticata.
Per intenderci: non è l’estinzione dei dinosauri che definisce il periodo cretacico e la fine dell’era mesozoica ma un metallo raro, l’Iridio, stratificato ubiquitariamente sul pianeta e di origine probabilmente meteoritica. I dinosauri hanno vissuto e dominato questo periodo.
In precedenza, la comparsa e la successiva scomparsa delle ammoniti negli strati geologici ha definito il periodo Giurassico che è durato circa 45 milioni di anni. La loro assenza nelle stratificazioni fossili segna la fine del periodo. Le ammoniti hanno vissuto e dominato questo periodo.
Le ere geologiche si misurano in termini di milioni di anni.
Noi stiamo vivendo nell’Olocene, forse lo dominiamo e forse ci estingueremo anche ma sempre nell’Olocene che dura da soli dodicimila anni dall’apice dell’ultima glaciazione con l’inizio del riscaldamento e del disgelo.
L’uomo domina l’ambiente, l’economia domina l’uomo e le sue azioni. L’uomo attuale ha fretta e soprattutto ha bisogno di dimostrare la sua quasi totale onnipotenza e capacità di dominio sulla natura. Per questo definisce sé stesso con molta disinvoltura ‘Umanità’ dimenticando che la causa antropogenica degli effetti devastanti e forse di quegli effetti stessi che potranno dimostrare il suo dominio come una sorta di trofeo, non sono opera dell’Umanità ma solo di una parte di essa. Tutti gli altri ne hanno pagato e ne pagano solamente il prezzo. Ecco, dunque, la necessità di accelerare i tempi e proclamare una nuova era geologica che abbia come centro l’uomo e le sue azioni.
Una nuova avventura economica si prospetta all’orizzonte: contrastare gli effetti negativi dei cambiamenti climatici sulle attività produttive e agroalimentari, possibilmente ridurre e combattere l’inquinamento invasivo, almeno nei suoi aspetti più macroscopici e infine potenziare la globalizzazione dei consumi aumentando la diffusione tecnologica e tentando di controllare le disuguaglianze, sempre più abnormi, che contraddistinguono le varie parti della cosiddetta ‘Umanità’.
Dopo venti anni a Città del Capo, all’ultimo Congresso geologico internazionale (agosto 2020) ben 30 di 35 esperti della commissione internazionale (solo l’85% appare convinto) hanno approvato il passaggio dall’Olocene all’Antropocene sostenendo come possibile e probabile, la presenza di plastica e materiali radioattivi identificabili e correlabili alle attività umane, nelle rocce e nelle stratificazioni. Inquinamento dunque!
L’epoca geologica dell’Uomo sarà contraddistinta da un momento iniziale identificabile: l’inquinamento planetario!
L’Antropocene non è ancora, che piaccia o non piaccia, almeno fino al 2023 data prevista per la deliberazione dello IUGS, l’Unione Internazionale delle scienze geologiche che allora esaminerà secondo i dettami dell’ICS, International Commission of Stratigraphy i dati raccolti dalle missioni di ricerca sulla presenza ubiquitaria e inequivocabile di elementi in abbondanza anomala, nelle rocce e nelle stratificazioni, tali da giustificare la fine dell’Olocene e l’inizio di una nuova era geologica: forse l’Antropocene. Forse lo (Iugs), lo accetterà o forse no, vedremo.
Una comunità scientifica geologica, quella finanziata e marcatamente lobbistica, che rispecchia la composizione dell’’Umanità’: circa quattromila presenti al congresso a Città del Capo da soli 120 su circa 200 paesi e nessuno a sue spese, che ha accettato la proposta e l’ha immediatamente strumentalizzata per mettere al centro l’uomo e naturalmente i suoi interessi, dichiarando la fine dell’Olocene. Una comunità scientifica piuttosto striminzita, accusata di lobbismo e da qualcuno di filosofia uomo-centrica. Una forzatura ma nulla di nuovo: la storia lo ha già mostrato in altri contesti. Un rapporto molto simile a quello che a Parigi nel 2015 ha portato alla ratifica dell’accordo sulla riduzione delle emissioni in atmosfera: 55 paesi pari a circa il 55% delle emissioni globali per il cambiamento climatico! Il 60% dei paesi rappresentati per l’inquinamento globale a fronte del 100% delle attività inquinanti dimostra le differenze e le disuguaglianze esistenti nell’Umanità.
La filosofia dell’uomo capace di dominare e cambiare la terra comunque impatta come gli inquinanti stessi e magari alla lunga risulterà positiva; se non altro a smuovere le coscienze cosa che il semplice degrado ambientale non è riuscito a fare.
Un semplice e accattivante neologismo! È certo che esiste un periodo storico, che riguarda la storia più recente dell’uomo, che contiene i fatti accaduti e le loro conseguenze; un periodo nel quale è possibile individuare e sottolineare un impatto maggiormente significativo dell’uomo sull’ambiente in cui vive, in particolare mediante l’inquinamento diffuso e globalizzato. Un periodo storico all’interno dell’Olocene. Un periodo di guerre e malattie, disuguaglianze e oppressione, colonialismo brutale o strisciante, sviluppo e totale dipendenza dalla tecnologia e immensa fame energetica, migrazioni ed emigrazioni di massa, inurbamento, crescita di megalopoli sovraffollate e conseguenti problematiche di gestione sociale, sfruttamento e consumo della terra, dei suoli, delle risorse e degli uomini che ha lasciato il segno.
Non esiste almeno per ora un Antropocene con caratteristiche tali da poter definire un’era geologica, in particolare l’era geologica attuale in cui la presenza dell’uomo e il suo intervento sull’ambiente sarebbero elementi ‘dominanti’ nelle modifiche climatiche, chimiche e biologiche che il pianeta subisce. L’uomo e il suo intervento non sono affatto dominanti ma concausa rilevante nelle cause e negli effetti che determineranno il futuro della specie. Certamente potrebbero esserlo ‘dominanti’ nell’eliminazione degli effetti negativi sull’umanità. Tutti ce lo auguriamo ma pochi ci credono veramente.
Sarebbe opportuno che Antropocene, il tempo dell’uomo, assumesse la valenza di un periodo nel quale l’umanità ha potuto considerarsi unita, solidale ed equa nelle sue varie componenti. Se servirà a soddisfare l’ego umano ben venga l’era geologica: il segno fisico discriminante sarebbe la sua integrità e lunga sopravvivenza.



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