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Come misurare e comunicare gli impatti ambientali dei prodotti o servizi

02/08/21

Una panoramica sulle norme volontarie a supporto delle organizzazioni

FotoL’interesse crescente verso la sostenibilità ambientale sta guidando lo sviluppo di metodologie di valutazione e comunicazione degli impatti ambientali di prodotti e organizzazioni. Le norme di riferimento possono essere quindi un utile strumento a supporto delle organizzazioni sia per misurare i propri impatti ambientali, sia per comunicare il proprio impegno in ambito ambientale e aumentare la propria competitività sul mercato.

In questo contesto le etichette e dichiarazioni ambientali rappresentano uno degli strumenti che le aziende hanno a disposizione per la propria comunicazione ambientale.

Il punto di partenza per la scelta dell’etichetta o dichiarazione ambientale più pertinente rimane l’obiettivo che si vuole raggiungere, tenendo conto dei contenuti da comunicare e del destinatario della comunicazione.

Un’etichetta/dichiarazione ambientale può essere definita, secondo la norma ISO 14020, come un’asserzione che indica gli aspetti ambientali di un prodotto e può presentarsi sotto varie forme, tra le quali, ad esempio una dichiarazione, un simbolo o un elemento grafico sull’etichetta e fornisce informazioni su un prodotto (inteso come bene o servizio) in termini del suo carattere ambientale complessivo o concentrandosi su uno o più aspetti dello stesso.

Il panorama della comunicazione ambientale in ambito volontario è molto ampio, rendendo la scelta dello strumento più adeguato un’operazione talvolta complessa per le organizzazioni interessate. La classificazione in tre principali tipologie può essere un valido aiuto per affrontare una scelta più consapevole.

Se un’organizzazione è interessata a dichiarare la superiorità ambientale di un prodotto può affidarsi alle etichette ambientali di tipo I, il cui principale riferimento normativo è la norma ISO 14024. Il soddisfacimento di criteri predefiniti permette alle aziende di utilizzare tali etichette ambientali, comunicando al consumatore il valore superiore del prodotto da un punto di vista ambientale. Uno degli esempi più noti è costituito da Ecolabel, marchio di qualità ecologica dell’Unione Europea.

La norma ISO 14021 fornisce invece i requisiti per le autodichiarazioni ambientali (o etichette ambientali di tipo II) che le aziende possono seguire senza una verifica obbligatoria di parte terza.

Le dichiarazioni ambientali costituiscono infine la tipologia III. In questo caso l’etichetta è associata ad un documento, la Dichiarazione Ambientale di Prodotto (Environmental Product Declaration, EPD) che riporta, come un “documento di identità ambientale del prodotto”, le prestazioni ambientali relative al suo ciclo di vita. Tra i più noti programmi di etichette ambientali di tipo III, che seguono la norma ISO 14025, vi è il The International EPD® System.

Infine una delle novità in ambito di comunicazione ambientale è rappresentata dalla norma ISO 14026. Pubblicata nel 2017, ha lo scopo di garantire che tutte le comunicazioni relative alle footprint ambientali di un prodotto, indipendentemente dalla metodologia di quantificazione, seguano gli stessi principi.

Parallelamente allo sviluppo della comunicazione ambientale è importante comprendere come valutare gli impatti ambientali del prodotto e le cosiddette impronte ambientali (come la Carbon Footprint, la Water Footprint, la Product Environmental Footprint).

L’approccio comune alle impronte ambientali è l’analisi del ciclo di vita (Life Cycle Assessment, LCA), che consiste nella valutazione attraverso tutto il ciclo di vita, dalla produzione delle materie prime fino allo smaltimento finale, dei potenziali impatti ambientali di un prodotto.

In particolare, se l’obiettivo aziendale è l’applicazione dell’approccio LCA alla sola categoria di impatto del riscaldamento globale (o cambiamento climatico) si ottiene la Carbon Footprint. Uno dei principali riferimenti normativi di supporto alla sua valutazione è rappresentato dalla ISO 14067.

Un'altra interessante applicazione dell’approccio LCA è la Water Footprint, ovvero la quantificazione, tramite diversi indicatori, dei potenziali impatti ambientali correlati all’acqua di prodotti e organizzazioni, secondo la norma ISO 14046. L’applicazione di tali norme può essere legata a strategie di comunicazione ma anche alla volontà di comprendere gli aspetti più critici per un certo prodotto, nell’ottica di migliorare i suoi impatti ambientali.

A tal proposito, in ambito europeo, con la Raccomandazione 2013/179/CE è stata introdotta la Product Environmental Footprint (PEF), una misura che in base a vari criteri, indica le prestazioni ambientali di un prodotto o servizio nel corso del rispettivo ciclo di vita. Le informazioni relative alla PEF sono fornite con l’obiettivo generale di ridurre gli impatti ambientali dei prodotti, tenendo conto delle attività della catena di approvvigionamento (estrazione di materie prime, produzione, uso e gestione finale dei rifiuti).

In conclusione, i riferimenti normativi per valutare e comunicare i potenziali impatti ambientali di un prodotto o servizio sono molteplici: la scelta deve essere funzionale all’obiettivo dell’organizzazione stessa, analizzando e comprendendo lo scopo finale di un impegno comune.

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