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Comunicato Stampa

Controllo accessi biometrico: dove e quando si può, su secsolution magazine

17/06/20

Oggi la maggiore diffusione delle tecnologie biometriche, se si escludono le grandi banche dati dattiloscopiche internazionali e i servizi connessi, si registra nell’ambito del controllo elettronico degli accessi fisici.

Fotol controllo degli accessi fisici è il segmento di mercato in cui si registra il maggior numero di applicazioni biometriche di tipo civile. In Italia, avvalersi della biometria per riconoscere le persone che devono accedere a un’area riservata, si può. Purché si seguano le indicazioni e si rispettino le restrizioni del Garante della privacy. In questo numero vediamo in quali luoghi e contesti lavorativi è ammessa l’identificazione biometrica senza incorrere in sanzioni.

Oggi la maggiore diffusione delle tecnologie biometriche, se si escludono le grandi banche dati dattiloscopiche internazionali e i servizi connessi, si registra nell’ambito del controllo elettronico degli accessi fisici (identificazione automatica degli utenti). Nel nostro paese, l’impiego della biometria è legittimo e consentito ma solo in alcuni contesti e purché vengano adottate determinate procedure operative e adeguate misure di sicurezza. La materia, oltre che dal GDPR, è disciplinata dal Codice della privacy. Sei anni or sono, col provvedimento N. 513 del 12 novembre 2014, il Garante ha allargato un po’ le maglie ma occorre comunque molta prudenza per non incorrere in sanzioni. I capitoli 4.2 e 4.3 del provvedimento contengono le indicazioni e le restrizioni in fatto di riconoscimento biometrico, in alternativa al tradizionale uso di badge e transponder.

Dove e quando si può

L’identificazione biometrica è permessa nei casi in cui è necessario limitare e regolare l’accesso delle persone alle aree riservate nelle quali sono custoditi beni (materiali o immateriali), di valore o sensibili, oppure si svolgono attività di particolare segretezza o ad alto rischio. Per area riservata s’intende una zona, più o meno ampia, all’interno di un edificio o struttura similare, in cui l’accesso perimetrale è controllato e consentito a un ristretto numero di utenti, selezionati e qualificati. Salvo casi particolari, quindi, non è permesso l’uso della biometria per controllare il viavai dell’intero personale aziendale né attraverso i varchi esterni (cancelletti pedonali, passi veicolari) né interni (porte, tornelli ecc.). Il riconoscimento tramite la verifica di una caratteristica fisica (quali le impronte digitali o la topografia della mano), è consentito soltanto nei varchi sui quali è necessario garantire un puntuale controllo dei transiti, il numero di persone coinvolte è limitato e non è possibile o conveniente adottare soluzioni alternative altrettanto efficaci ed economiche.

Per proteggere il patrimonio

Una prima tipologia di locali i cui accessi possono essere controllati per via biometrica è quella adibita al deposito temporaneo o allo stoccaggio di beni materiali e immateriali (di valore, sensibili o a rischio), patrimonio dell’impresa o affidati in custodia. Sono considerati di valore, ad esempio, il denaro, oggetti preziosi e di pregio, attrezzi o apparecchiature particolari e così via. Possono essere ritenuti materiali a rischio: medicinali, sostanze chimiche, armi, munizioni, esplosivi e simili. Tra i beni immateriali, invece, vi sono le informazioni e i dati strettamente riservati o sensibili, contenuti in supporti cartacei o digitali e conservati in archivi (documenti personali, registrazioni contabili e amministrative, documentazione tecnica, software ecc.).

Per evitare danni e infortuni

Oltre ai locali adibiti alla custodia di beni, vi sono anche quelli in cui si svolgono attività pericolose o aventi carattere di particolare segretezza. Anche in questo caso l’accesso è autorizzato a un ristretto numero di persone, selezionate, istruite e adibite a svolgere specifiche mansioni. Possono essere considerati a rischio i laboratori, i reparti produttivi e i locali simili in cui l’attività lavorativa comporta l’uso di strumenti e macchinari delicati o pericolosi, oppure la manipolazione di sostanze e prodotti particolari. Detto in altre parole, in tutte quelle situazioni in cui è richiesta un’elevata specializzazione e destrezza dei lavoratori, soprattutto al fine di scongiurare danni o infortuni a persone e cose. Tra le attività che possono essere aree considerate di particolare segretezza, invece, vi sono quelle destinate all’elaborazione dei dati, la ricerca e sviluppo e simili.

In tutti questi casi, il ricorso alla biometria, sia in ambito pubblico che privato, («stante il bilanciamento d’interessi» di cui art. 24, c. 1, lett. a del Codice della privacy) è legittimo e può avvenire senza il consenso degli interessati. Il titolare del trattamento dei dati, inoltre, è esonerato dall’obbligo di presentare istanza di verifica preliminare (art. 17, d. lgs. 196/03) purché il sistema di controllo e le modalità di trattamento rispettino le prescrizioni previste (oggetto della prossima puntata).

A scopi facilitativi

Un’ultima applicazione della biometria in questo settore è quella che viene definita “a scopi facilitativi”. Si tratta, in pratica, di quei casi in cui è opportuno o necessario regolare e semplificare l’accesso fisico di una moltitudine di persone in luoghi pubblici (come, ad esempio, una biblioteca) oppure privati (aeroporti, caveau cassette di sicurezza, club, palestre ecc.). In queste situazioni, però, il presupposto di legittimità del trattamento dei dati biometrici è subordinato all’ottenimento del consenso da parte degli interessati.

La versione integrale dell’articolo riporta tabelle, box o figure, per visualizzarle apri il link:https://www.secsolution.com/pict/allegati/SM08-ART092.pdf



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