SALUTE e MEDICINA
Comunicato Stampa

Disturbi maschili? Puoi davvero gettarli alle ortiche

Stress, alimentazione errata, una vita troppo sedentaria finiscono con lo scaricare sulla prostata tensioni e nervosismo. Uomini spesso giovani e dinamici lamentano così una serie di disturbi sfumati che turbano propria patologia il termine di Sindrome Prostatica Cronica.

FotoLa prevenzione delle malattie della prostata si fa certamente sottoponendosi a screening e con una buona igiene, ma anche le piante medicinali possono servire, sia per quanto riguarda la semplice ipertrofia prostatica sia per la prevenzione dei tumori.

L' importanza della fitoterapia nell' ipertrofia prostatica (cioè l' aumento di volume della prostata, patologia frequente già nell' adulto e non solo nell' anziano) è stata ampiamente confermata per una serie di estratti di diverse piante medicinali, che hanno come comune denominatore la presenza di acidi grassi e fitosteroli, capaci non solo di ridurre l' infiammazione, ma anche di rallentare la proliferazione eccessiva del tessuto prostatico.

Tra le piante la cui utilità è stata verificata da studi clinici e cioè sull' uomo: il Pruno africano (Pygeum africanum) del quale si utilizza la corteccia, la palma nana (Serenoa repens) preziosa per i suoi frutti e l' ortica o, meglio, gli estratti secchi ricavati dalla sua radice. Ancora insufficienti, invece, seppure interessanti, i dati relativi al ruolo di altre piante, come l' epilobio (Epilobium spp.), l' hypoxis (Hypoxys rooperi), la zucca (Cucurbita pepo) e quelli che riguardano il polline (si trova anche in granuli), che sembrerebbero avere un' attività antinfiammatoria.

Tradizionalmente un rimedio utilizzato da sempre per mantenere giovane la propria prostata è l’Ortica (Urtica dioica). La sua azione avviene a molteplici livelli:
– inibisce la 5a-riduttasi, enzima che trasforma il testosterone in diidrotestosterone, la forma attiva dell’ormone sessuale maschile. Un eccesso di androgeni è causa di ingrossamento della prostata nell’anziano.
– Inibisce l’aromatasi, che invece favorisce l’azione degli estrogeni un eccesso dei quali è associata a ipertrofia prostatica.
– Interagisce con l’SHBG (Sex Hormone Binding Globulines), una sostanza prodotta dal fegato che regola l’equilibrio tra estrogeni e androgeni.
– Inibisce l’elastasi leucocitaria, indice spesso di infezione urinaria. L’eccesso di questo enzima causa perdita di elasticità del tessuto prostatico.
– Influenza l’azione del complemento, diminuendo lo stato infiammatorio.
– Influenza i fattori di crescita che regolano l’accrescimento della prostata.

Sugli estratti di Ortica esistono 17 studi clinici (quattro studi aperti, quattro studi aperti multicentrici per oltre 15.000 soggetti iperprostatici, quattro studi lungo temine e cinque studi randomizzati verso placebo) che dimostrato come l’assunzione di 200 mg di estratto di Ortica (Urtica dioica) riducano la sintomatologia e i disturbi legati all’ingrossamento e all’invecchiamento della prostata.

Sulla base di tali studi è possibile affermare che nessun prodotto naturale riesce ad ottenere una remissione dei disturbi legati all’ingrossamento della prostata come gli estratti di urtica dioica.
Recentemente in uno studio clinico su 28 soggetti (13 assumevano placebo e 15 quercetina) è stato dimostrato che anche l’assunzione di quercetina due volte al giorno per un mese è in grado di diminuire i fastidi connessi alla minzione nel 67% dei soggetti, tale azione è dovuta principalmente alla PROTEZIONE CHE LA QUERCETINA OFFRE CONTRO lo stress ossidativo della prostata. La quercetina è quindi un nutriente indispensabile per assicurare il completo benessere del nostro apparato urinario.

Quanto alla prevenzione del carcinoma prostatico, negli ultimi anni è stato enfatizzato il ruolo del licopene (il pigmento rosso presente soprattutto nei pomodori, ma anche in alcune alghe), presentato come una sostanza pressoché miracolosa, mentre non solo mancano sufficienti prove di efficacia, ma si sollevano anche diversi dubbi relativi alla sua sicurezza.
Interessanti, invece, i dati su alcuni fitoestrogeni, presenti in molti legumi e cereali: la genisteina, in particolare, ha dimostrato sperimentalmente (e cioè in laboratorio, su culture cellulari) la capacità di inibire sia la crescita delle cellule di carcinoma prostatico, sia la neoangiogenesi, cioè il fenomeno che ne facilita la diffusione.

Promettenti sono pure altre ricerche, condotte su animali la cui alimentazione era ricca in farina di soia, nei quali si è rilevato una sensibile riduzione dell' incidenza di tumori prostatici. Incoraggianti anche i risultati di altri studi, questa volta sull' uomo, che sembrano confermare il possibile ruolo degli isoflavoni di soia nel paziente con cancro prostatico. Dati ancora più consistenti sono quelli relativi ai polifenoli del tè verde.

Numerosi studi hanno dimostrato che uno in particolare di questi polifenoli, l' epigallocatechina gallato, è in grado di inibire la promozione di tumori indotti chimicamente nell' animale da esperimento e di agire, con molteplici meccanismi, sia nella chemioprevenzione sia nella fase di progressione e diffusione del tumore: induzione della morte programmata delle cellule tumorali (apoptosi) e riduzione dell' attività angiogenetica per inibizione di vari fattori di crescita e di diffusione.

Questi lavori hanno dato nuovo rigore a quello che fino a ieri era solo un dato epidemiologico: il fatto che la regolare assunzione di tè verde si accompagni a una riduzione significativa del rischio di carcinoma prostatico. Nuove ricerche cliniche hanno confermato anche che i polifenoli vengono ben assorbiti e si concentrano nel tessuto prostatico, riducendo l' evoluzione del carcinoma.
Inoltre uno studio pubblicato sul Cancer Prevention Research Journal indica come una dieta povera di grassi saturi ma ricca di acidi grassi omega 3 sia in grado di ridurre la velocità di crescita del tumore prostatico.

Gli autori suggeriscono che il meccanismo sia legato alla soppressione dell’infiammazione da parte degli acidi grassi. Lo studio ha coinvolto pazienti affetti da tumore alla prostata in attesa di intervento chirurgico. Questi sono stati divisi in due gruppi di cui uno libero di mangiare una tipica dieta occidentale e l’altro vincolato ad una dieta con solo il 15% di grassi e 5 grammi di omega 3 aggiunti quotidianamente con degli integratori.

E’ stato visto che i soggetti che assumevano omega 3 avevano in effetti concentrazioni più elevate di omega 3 (acido eicosapentanoico e docosaesanoico) nelle membrane cellulari e presentavano una ridotta proliferazione cellulare prostatica.

William Aronson del Jonsson Comprehensive Cancer Center di Los Angeles ha dichiarato. “Aver osservato che una dieta povera di grassi saturi ma ricca di omega 3 può ridurre la velocità di replicazione delle cellule prostatiche tumorali è importante perché é proprio la velocità di replicazione cellulare a determinare la progressione e l’aggressività del tumore. Minore è la replicazione e minore sarà il rischio che il tumore si diffonda fuori dalla prostata.

Fonte: Fabio Firenzuoli Direttore Unità medicina naturale, Ospedale S. Giuseppe, Empoli



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