SALUTE e MEDICINA
Comunicato Stampa

Etiopia: la storia di Fatuma e l’impegno di CBM Italia per eliminare il tracoma. In 3 anni raggiunte oltre 200mila persone

Malattia batterica degli occhi, il tracoma è la prima causa infettiva di cecità al mondo. È definita una malattia della povertà perché colpisce chi vive in condizioni igieniche precarie.

Marco SimoncelliFatuma, 30 anni, vive in un villaggio nel cuore dell’Etiopia insieme al marito e ai loro 4 bambini. Il suo è un sorriso dolce e solare, anche mentre racconta la sua storia: “Tutto è iniziato circa 2 anni fa, sentivo prurito e mi lacrimavano sempre gli occhi. Ho cominciato a lavarmi la faccia ma senza nessun miglioramento. Poi ho provato con alcuni rimedi artigianali, ma la situazione continuava a peggiorare. Avevo gli occhi sempre rossi e gonfi. Non vedevo bene e soffrivo molto”.

“Un giorno per fortuna ho incontrato un’operatrice che si trovava nel mio villaggio per parlare alla comunità delle malattie agli occhi più diffuse, delle cause e dell’importanza di tenere il viso sempre pulito. Non appena mi ha vista, mi ha detto che probabilmente si trattava di tracoma e che dovevo andare subito in ospedale a farmi visitare”. Fatuma viene a conoscenza della malattia durante una delle azioni di intervento e sensibilizzazione che CBM Italia organizza nei villaggi più remoti, in cui il tracoma è molto diffuso.

“Inizialmente ero un po’ restia all’idea di farmi visitare, poi mi sono fatta coraggio perché la situazione era diventata insostenibile sia per me che la mia famiglia: non riuscivo più a fare nulla, nemmeno a cucinare”. Arrivata alla clinica oculistica, un infermiere oftalmico la visita e la sottopone subito all’intervento chirurgico per eliminare il tracoma. “Durante l’operazione ero un po’ agitata, ma è durata poco ed è stato più facile di quanto pensassi. Nei giorni successivi ho continuato a prendere i medicinali che mi hanno prescritto e dopo qualche settimana stavo già meglio. Anche se ho sentito un po’ di dolore, sono davvero felice di averla fatta, perché ho ripreso a vivere davvero”.

Da quando ha ricevuto le cure, Fatuma è più consapevole delle precauzioni da prendere per lei e la sua famiglia per evitare nuovi contagi: “Cerco di tenere i visi dei miei figli sempre puliti e faccio loro lavare la faccia due o tre volte al giorno”. Da qualche mese però, la figlia maggiore ha cominciato ad avere prurito e rossore agli occhi: “Quando torneranno gli operatori sanitari parlerò subito con loro di mia figlia, non voglio aspettare come ho fatto in passato. Purtroppo, anche se a casa seguiamo i consigli dei medici, l’igiene è un problema di tutta la comunità, soprattutto per la mancanza di acqua pulita”.

Fatuma racconta che nei villaggi il tempo per occuparsi di sé è limitato, la maggior parte delle ore si sta nei campi a lavorare, badare agli animali o curare i bambini e la casa, oltre al fatto che le persone hanno timore di sottoporsi alle cure. “È difficile convincere le persone a sottoporsi alle visite, anche se è un servizio gratuito. Non sono ancora riuscita a convincere i miei fratelli e i miei vicini di casa che continuano a lamentarsi del fastidio agli occhi. Ma non mi arrenderò, anzi continuerò a parlarne”.

Quella di Fatuma è una delle tante storie che CBM Italia - organizzazione internazionale impegnata nella salute, l’educazione, il lavoro e i diritti delle persone con disabilità nel mondo e in Italia - ha raccolto in Etiopia, dove interviene con diversi progetti per combattere il tracoma, applicando la strategia SAFE raccomandata dall’OMS: Surgery (chirurgia per trattare lo stadio avanzato del tracoma), Antibiotics (gli antibiotici servono per eliminare l’infezione), Facial cleanliness (pulizia e igiene del viso), Enrironmental improvement (miglioramento dell’ambiente con accesso all’acqua e ai servizi igienici).

In particolare a nord del Paese, CBM Italia ha avviato da 3 anni il “Programma inclusivo di eliminazione del tracoma nella regione di Amhara”, con il sostegno di FAI (Fondation Assistance Internationale) e attraverso il partner sul territorio ORDA. Il progetto, tuttora in corso, coinvolge oltre 200mila beneficiari.

Qui CBM Italia ha costruito 16 sistemi idrici - 12 pozzi e 4 sorgenti protette - per permettere l’accesso diretto all’acqua pulita; i pozzi sono accessibili alle persone con disabilità grazie alla costruzione di rampe di accesso.

A questo si aggiunge la formazione di operatori sanitari per identificare e trattare le persone colpite da tracoma e la distribuzione di massa dell’antibiotico a base di azitromicina, sempre in collaborazione con il Ministero della Salute locale.

Completano l’intervento continue azioni di sensibilizzazione nelle comunità e nelle scuole per adottare comportamenti igienico-sanitari corretti, con particolare attenzione a donne, bambini e persone con disabilità.

Il contesto
L’Etiopia è uno Stato del Corno d’Africa molto popoloso (con 128,7 milioni di abitanti, secondo il dato 2023 della Banca Mondiale) e uno dei più poveri al mondo: nel 2023 secondo l’ISU (Indice di Sviluppo Umano, indicatore dell’ONU che misura il livello di benessere di un Paese) è al 175esimo posto su 191 Stati: il 29,6% della popolazione vive al di sotto della soglia della povertà.

I conflitti degli ultimi anni, tuttora in corso, hanno portato alla distruzione di migliaia di case e di infrastrutture come ospedali, scuole, servizi pubblici. Questa situazione, unita alla grave siccità e alle epidemie, versa l’Etiopia in una condizione di complessa crisi umanitaria, segnata da povertà socioeconomia e insicurezza alimentare. Sono 21,4 milioni le persone che necessitano di assistenza umanitaria; di queste: 16,7 milioni sono donne e bambini; 4,5 milioni sfollati; 2,1 milioni minori con disabilità: oltre 1 milione rifugiati.

Il governo etiope stima che viva in povertà il 95% delle persone con disabilità, situazione che conferma quel circolo vizioso per cui le persone con disabilità rischiano con maggiore probabilità di diventare o restare povere, e la povertà può essere causa di disabilità se viene negato l’accesso alle cure. Con una prevalenza tra le più alte al mondo, in Etiopia si contano 1.680.000 persone cieche: la prima causa della cecità è la cataratta (49,9%), la seconda è il tracoma (11,5%). Sono percentuali elevate, dovute alla mancanza di servizi e alla scarsa cura e prevenzione delle malattie visive da parte della popolazione: basti pensare che in tutto il Paese ci sono solo 140 oftalmologi, di cui l’80% lavora nella capitale Addis Abeba.

Seconda causa di cecità in Etiopia, il tracoma è anche la principale causa infettiva di cecità nel mondo (dove colpisce 1,9 milioni di persone). È una malattia batterica degli occhi che fa parte delle Malattie Tropicali Neglette o Dimenticate, cioè antiche malattie della povertà che colpiscono chi vive in condizioni igieniche inadeguate, mancanza di acqua pulita e di servizi medici e sanitari. Il 40% di queste malattie è concentrata nell’Africa sub-sahariana e il loro nome deriva dal non essere state per molto tempo considerate nei programmi sanitari nazionali, nonostante registrino numeri alti e siano portatrici di stigma e discriminazione sociale. Oggi invece rientrano nell’Obiettivo 3 dell’Agenda della Salute:

“Entro il 2030, porre fine alle epidemie di AIDS, TBC, malaria e malattie tropicali neglette e combattere l'epatite, le malattie trasmesse dall'acqua e altre malattie trasmissibili”. Solo in Etiopia: oltre 76 milioni di persone convivono con il tracoma in ampie zone del Paese. Di queste, oltre 9 milioni sono bambini di 1-9 anni. E sono 1,3 milioni le persone che hanno la trichiasi, deviazione delle ciglia che sfregano contro il bulbo oculare, conseguenza dolorosa del tracoma che può provocare cecità.



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