Il governo militare del Myanmar riceve dalla Cina le telecamere a riconoscimento facciale
Il Myanmar è governato dal primo febbraio da una giunta militare. Pechino sembra ben disposta ad appoggiarla con investimenti, progetti e forniture di telecamere a riconoscimento facciale. Il Ministro degli Esteri di Pechino si è recato a luglio nel Myanmar per un vertice intergovernativo.
Il governo militare del Myanmar sta ricevendo l’appoggio politico più o meno esplicito della Cina, dai cui arriva anche sostegno tecnologico e logistico. Il progetto ferroviario che unirà i due Paesi ha compiuto una nuova tappa. Nel lungo periodo sarà il collegamento grazie al quale Myanmar esporterà la gomma e gli altri suoi prodotti agricoli, e poi le sue “risorse umane”. Sul lato birmano del confine sono stati fatti per ora i sopralluoghi tecnici, mentre sul lato cinese è stato appena inaugurato un tratto da 133 chilometri che attraverso una regione particolarmente complessa dal punto di vista geologico. I lavori sono durati molti anni per un percorso che gli stessi responsabili del progetto definiscono “una metropolitana delle montagne”.
A inizio luglio il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha effettuato la sua prima visita del Myanmar dopo la presa del potere da parte della giunta militare, avvenuta il 1° febbraio 2021. L’occasione del viaggio è stato il vertice del Lancang-Mekong Cooperation, tenutosi a Bagan, in cui si sono incontrati i rappresentanti di Cina, Myanmar, Thailandia, Laos, Vietnam e Cambogia. A livello ufficiale Pechino cerca di sollecitare il dialogo e la pace fra il governo del generale Min Aung Hlaing e dissidenti, ma questi ultimi protestano contro queste visite ufficiali perché secondo loro danneggiano le possibilità di riconciliazione nazionale. Wang Yi comunque ha dichiarato al ministro degli Esteri birmano Wunna Maung Lwin che la Cina desidera per Myanmar la stabilità politica e sociale.
A Myanmar la Cina sta dando non solo investimenti in gasdotti, oleodotti e miniere, ma anche le telecamere di sorveglianza. In particolare quelle con la tecnologia per il riconoscimento facciale, che vengono installate in alcune città secondo un progetto di “sicurezza urbana” per prevenire la criminalità, che sembra fosse già stato preparato dal governo precedente, quello dalla premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi, fatta arrestare dalla giunta militare. Il responsabile per l’Asia dello Human Rights Watch, Phil Robertson, sostiene che i militari vogliano usare le telecamere come mezzo per tracciare e perseguire gli attivisti democratici; potrebbe infatti non solo scoprire dove vanno e quando, ma anche chi incontrano e in quali luoghi sicuri.
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