SALUTE e MEDICINA
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L'umore è più importante del colesterolo per la salute

22/08/11

Da sempre si parla del rischio di avere il colesterolo alto per chi è soggetto a cardipatie. Alcuni studi recenti sovvertono la faccenda ponendo l'accento più sullìumore che sui grassi nel sangue.

Una serie di ricerche recenti ha pienamente confermato l’osservazione che l’umore depresso è un importante fattore di rischio per il cuore, al pari ma forse anche più del colesterolo.

Secondo l’autorevole Archives of internal medicine, il cui pubblico di lettori è composto essenzialmente da internisti e cardiologi, lo specialista del cuore dovrebbe inserire nella propria lista di esami, assieme a colesterolo, glicemia, eccetera, anche la valutazione dello stato di benessere psichico della persona che ha chiesto la sua consulenza.

Fino a qualche anno fa, solo gli studiosi di medicina psicosomatica e di psiconeuroimmunologia ipotizzavano che la depressione potesse influenzare le malattie cardiovascolari.

Naturalmente, i cardiologi sapevano benissimo che se i loro pazienti erano depressi (ed è frequente che lo siano) questo era un brutto segno perché la cardiopatia poteva peggiorare. E in effetti, negli ultimi anni, diversi studi hanno documentato questa osservazione clinica: chi ha avuto un infarto e soffre di depressione ha una prognosi peggiore.

Ma la domanda che ha tenuto la scena degli ultimi tempi è: la depressione è la conseguenza dell’infarto oppure può
essere tra i fattori che causano cardiopatia e infarto?

Per rispondere, un gruppo interdisciplinare (psichiatri, cardiologi, epidemiologi) dell’Università di Pittsburgh, negli Usa, ha studiato 210 donne tra i 42 e i 52 anni di età. Erano tutte in buona salute, non assumevano farmaci, né ormoni, l’unica differenza tra loro era la depressione: una su quattro soffriva di depressione ricorrente. Queste donne sono state studiate anche con uno scanner, una tomografia a fascio di elettroni (EBT, in sigla), che ha cercato i depositi di calcio nelle coronarie e nell’aorta.

Il deposito di calcio nella parete interna delle arterie può essere considerato un segno di aterosclerosi iniziale, subclinica, un fenomeno che può precedere anche di parecchi anni la comparsa di una placca aterosclerotica.

Le donne con depressione ricorrente hanno mostrato un livello di calcificazione delle coronarie e dell’aorta nettamente superiore a quello delle donne senza depressione. L’aspetto forse più intrigante è che le donne depresse avevano i tradizionali fattori di rischio più o meno allo stesso livello delle altre. E cioè, se si eccettua la glicemia a digiuno (lievemente superiore nelle depresse, ma comunque
nella norma), identiche erano le percentuali delle fumatrici e, dato davvero interessante, colesterolo e trigliceridi erano sovrapponibili. Eppure, i depositi di calcio erano maggiori nelle depresse!

Questo conferma che non c’è una relazione diretta e univoca tra livelli di colesterolo e aterosclerosi, nel senso che, come mostra lo studio, ci può essere un avvio del processo aterosclerotico con una colesterolemia normale.

Conferma anche che l’aterosclerosi è un processo complesso la cui caratteristica di fondo non è il deposito di colesterolo nelle arterie, ma l’infiammazione.

Ed ecco spuntare un nuovo legame con la depressione. Essere depressi significa anche essere più infiammati. Esattamente un anno fa, i dati del Terzo studio americano su salute e nutrizione (Nhanes III, in sigla) hanno confermato il legame studiando il principale indice infiammatorio, la proteina c reattiva (PCR). La depressione è
fortemente associata a livelli elevati di PCR. Del resto, è da una decina d’anni che un gruppo di ricerca facente capo a Michael Maes, psichiatra dell’Università di Maastricht, dimostra che la depressione si accompagna a uno squilibrio immunitario in senso infiammatorio.

Come mostra lo schema, la depressione e lo stress aumentano le citochine infiammatorie (IL-1, IL-6, IFN-gamma) e l’attività del sistema nervoso simpatico. Questo fenomeni hanno effetti diretti sull’attività del cuore (con aumento della frequenza e diminuzione della flessibilità cardiaca) sulla pressione arteriosa, sulle piastrine (il sangue diventa più denso) e sul processo aterosclerotico.

Tutto ciò predispone all’infarto e peggiora la prognosi dopo l’infarto. Da notare il circolo vizioso che si crea: la depressione incrementa l’infiammazione e l’aterosclerosi, che, a loro volta, con
le sostanze infiammatorie messe in circolo, possono peggiorare la depressione.



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