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La storia del Denim continua

26/11/11

Il viaggio attraverso la storia del blue jeans volge al termine, negli ultimi cinquanta anni ha subito un cambiamento epocale, da abbigliamento da lavoro ad articolo di lusso. Vediamo come va a finire.

La volta scorsa siamo arrivati agli anni 50, è l’alba di una nuova interpretazione di questo importante capo di abbigliamento. Negli anni 60 infatti il jeans si appresta a divenire l'indumento che rappresenterà la ribellione giovanile, l'insubordinazione civile, e insieme diviene manifesto della voglia di prendere le distanze dalla monotonia e dall'ipocrisia del mondo degli adulti. La prima rottura generazionale della storia ha come protagonista il jeans, preso di mira dai genitori, che avrebbero voluto vedere i loro figli “ben vestiti”. Non è un caso che il 68 e le relative contestazioni giovanili elevano il pantalone “azzurro” a uniforme del proprio movimento. La storia avanza e negli anni 70, quando la contestazione si affievolisce i più importanti brand della moda si impadroniscono del jeans e lo fanno diventare una parte integrante della loro collezione pret-à-porter. Qualcuno propone l'idea di un jeans elegante, indossabile a questo punto anche da un uomo di successo, cambiando in modo radicale la sua interpretazione. In questo periodo il famoso “jeans” entra negli armadi dei giovani di tutto il mondo, diffondendosi a dismisura anche dove fino a questo momento non era potuto entrare.
E così si prosegue, e negli anni 80 si inizia a preferire il jeans firmato, sia per la novità che questo comporta, sia per la tendenza yuppie che si inizia ad affacciare al palcoscenico della società.
Più tardi, negli anni 90 nonostante questa nuova tendenza si consolidi senza possibilità di tornare indietro, questa non viene comunque raccolta dalla moda, e dal suo mondo che è superficiale e non certo ben disposto ad acquisire nuovi valori. Il mondo della moda continua invece a snobbare il jeans e trattarlo con le stesse tendenze che c’erano negli anni ’80, quindi il finto trasandato, il jeans con applicazioni colorate di altri materiali, e modelli con inserti di pizzo, strass, piume e pitone. Il nuovo jeans non è più solo un capo per i giovani e per il tempo libero, ma diventa un oggetto di lusso. Una cosa impensabile nei decenni precedenti. Proviamo solo a pensare quale irritazione avrebbero provato i giovani contestatori del sessantotto vedendo chi avrebbe poi indossato la loro uniforme di battaglia. Meno male non c’è modo di conoscere il futuro…
Nel nuovo millennio arriva l’ultimo elemento, l’ultimo requisito per ottenere con il jeans il prodotto perfetto, nel rispetto dell’uomo e dell’ambiente: si tratta dell’aspetto etico.
Anche questo valore, tanto per cambiare, non viene raccolto dalle case di moda. Per soddisfare le richieste di un capo di abbigliamento a basso prezzo, le case produttrici di moda, invece di lavorare sul sistema distributivo, vanno a produrre in Paesi che non rispettano l’uomo e l’ecosistema. Si applica ormai di tutto sul jeans, si fanno tagli, lavaggi chimici, cuciture inutili e tanto altro, talvolta con fantasia e talvolta addirittura senza, nella disperata ricerca del nuovo, di una differenziazione nel prodotto, che ormai ha vissuto veramente di tutto, e sembra non avere più niente da dare. Dall’inizio del nuovo millennio sono passati ormai più di dieci anni, e in questi ultimi tempi le persone si sono rese conto di questa crisi di identità e di creatività delle case di moda, e intraprendono nuovi modi di vedere ed interpretare il vestire. Lo street style è un esempio chiarissimo di questa insofferenza verso chi crea moda. Le stesse persone, dalla strada, si vanno a sostituire agli stilisti, e imparano a vivere ed interpretare la personalità del vestire.



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