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Comunicato Stampa

Libia: non solo i turchi, ma anche gli italiani sono presenti sul territorio, seppure con scopi diversi da Ankara

I turchi non se ne vanno dalla Libia, anche se i libici non vogliono più i militari stranieri sul loro territorio e vorrebbero tornare ad essere uno Stato sovrano. In compenso anche l'Italia ha la sua missione, tesa però ufficialmente non a difesa degli interessi politici ed economici come nel caso della Turchia, ma per assistere e formare le autorità libiche.

difesa.itMohamed Aoun, il ministro del Petrolio e del Gas nel governo di unità nazionale della Libia, ha dichiarato che la produzione petrolifera libica arriva adesso a quota 700mila barili al giorno. Fortunatamente si è riusciti infatti a rimediare ai cali terribili dei tempi recenti (giù fino a 100-200mila barili), ma il livello raggiunto oggi non è tale da permettere alla Libia di approfittare dell’emergenza energetica globale e ridare finalmente un po’ di prosperità alla sua popolazione. Ormai da più di dieci anni gli impianti sono maltenuti e le tensioni politiche e sociali impediscono di gestirli al meglio, anzi ne determinano spesso la chiusura, per non dire poi delle esportazioni non certo agevolate. La settimana scorsa da Tripoli hanno fatto sapere che le chiusure si sono abbattutte su quasi tutti i giacimenti e i porti. Il Ministero del Petrolio e del Gas ha invitato gli operatori a riaprire le infrastrutture, per allontanarsi dal rischio concreto della bancarotta e del conseguente indebitamento con la Banca Mondiale, mentre i libici comuni continuano a non vedere la luce in fondo al tunnel.

I cittadini normali volevano votare lo scorso 24 dicemebre e volevano che le truppe stranieri lasciassero il Paese. Così non è stato. I turchi rimarranno per altri 18 mesi: questa è l’intenzione di Erdoğan. D’altra parte, la Turchia fornisce “formazione e consulenza” nella cornice del Memorandum d’Intesa con la Libia del 2019 sulla sicurezza globale e la cooperazione militare. Non essendo ancora stato raggiunto in Libia il cessate-il-fuoco-permanente e non essendo ancora concluso il processo di dialogo politico, gli interessi turchi nel Mediterraneo e in Nord Africa sono a rischio e per questo motivo i militari di Ankara non vanno via. Però la Turchia non permette che la Eunavformed Irini (la missione congiunta UE) ispezioni alcune sue navi sospette: i turchi hanno detto no alle richieste europee per ben 7 volte.

Ma anche l’Italia è presente in Libia militarmente con la Missione Ippocrate, che formalmente ha come scopo installare un ospedale da campo per curare i soldati libici che combattono contro l’ISIS. Ma non essendo più la minaccia terroristica forte e persistente come prima, secondo il generale Figliuolo la missione italiana si è “evoluta”. “L’Italia rimarrà a Misurata e continuerà, nel solco di amicizia e cooperazione che ha sempre contraddistinto la Miasit negli anni, a incrementare le capacità delle Istituzioni locali, in armonia con le linee di intervento decise dalle Nazioni Unite”, afferma il nostro Stato maggiore della Difesa.



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