Micoterapia potenziata: quando il vanadio fa la differenza
Dalla sinergia tra funghi medicinali e oligoelementi come il vanadio, una nuova frontiera nella medicina integrata.
La natura offre un arsenale straordinario di molecole in grado di sostenere il nostro organismo nelle sfide quotidiane. Tra queste, i funghi terapeutici occupano un posto d’onore per la loro capacità di modulare il sistema immunitario e di intervenire su meccanismi metabolici complessi. Allo stesso tempo, oligoelementi come il vanadio stanno attirando l’attenzione della comunità scientifica per la loro azione insulinomimetica e antinfiammatoria.
Uno degli aspetti più studiati del vanadio è la sua capacità di imitare l’insulina. In pratica, alcune forme di questo minerale riescono ad attivare i recettori cellulari dell’insulina e a facilitare l’ingresso del glucosio nelle cellule, proprio come farebbe l’ormone prodotto dal pancreas. Questa proprietà ha spinto molti ricercatori a studiarlo come coadiuvante nella gestione del diabete di tipo 2, con risultati promettenti soprattutto nei modelli animali e in piccoli studi clinici.Ma non finisce qui: il vanadio sembra anche ridurre i livelli di colesterolo LDL e di trigliceridi, contribuendo a migliorare il profilo lipidico, spesso alterato nei pazienti diabetici o sovrappeso.
VANADIO E SALUTE UMANA: UN MICRONUTRIENTE CONTROVERSO
Il vanadio svolge un ruolo nel metabolismo (1):
• dei carboidrati (attraverso effetti sulle vie della glicolisi, glicogenolisi, glicogenogenesi e gluconeogenesi);
• dei lipidi (mediante stimolazione della lipogenesi e inibizione della lipolisi);
• del colesterolo;
• dei fosfolipidi.
Inoltre, il vanadio è coinvolto nella mineralizzazione ossea, nel metabolismo della tiroide e dei globuli rossi, nel movimento del calcio cellulare e nella segnalazione intracellulare (1). Regola anche l’attività di enzimi chiave coinvolti nella fosforilazione e defosforilazione enzimatica, e partecipa alla proliferazione e differenziazione delle cellule. Negli anni, diversi studi hanno esplorato la capacità del vanadio di mimare l’azione dell’insulina (2). Questo effetto insulinomimetico sembra particolarmente rilevante nei pazienti affetti da diabete mellito di tipo 2, dove la sensibilità insulinica è ridotta. Alcuni composti vanadici, come il vanadil solfato, sono stati sperimentati per la loro capacità di abbassare i livelli di glucosio nel sangue, agendo sui recettori insulinici o direttamente sulla captazione del glucosio da parte delle cellule muscolari e adipose.
COLESTEROLO E TRIGLICERIDI
In uno studio di 30 giorni su persone con ridotta tolleranza al glucosio, 100 mg/die di vanadio non sono riusciti a modificare i livelli di colesterolo LDL, HDL o totale, mentre hanno portato a un leggero aumento dei trigliceridi (3). Riduzioni dei valori di colesterolo totale e LDL sono state invece osservate in uno studio su pazienti di tipo 2 trattati con vanadio solfato a dosi di 150 mg per 6 settimane (4). Tuttavia, questi effetti devono essere inquadrati in un contesto molto delicato: il vanadio, pur mostrando potenziali effetti benefici, è anche un metallo potenzialmente tossico. Se assunto in dosi elevate o per lunghi periodi, può causare stress ossidativo, danni epatici, renali o neurotossici. Non a caso, non è ancora stato incluso tra i micronutrienti “essenziali” per l’essere umano, anche se è stato dimostrato che piccole quantità sono normalmente presenti nel sangue, fegato, reni e pancreas.
FONTI ALIMENTARI
La maggior parte degli alimenti contiene bassissime concentrazioni naturali di vanadio, ma ad esempio i frutti di mare generalmente ne contengono concentrazioni un po’ più elevate rispetto alla carne di animali terrestri. Un’altra fonte più rilevante è costituita dai funghi, oltre che pepe nero, grano e altri cereali. Si stima che l’apporto giornaliero medio sia compreso tra 0,01 e 0,02 mg, considerando anche che l’acqua del rubinetto potrebbe contenerne quantità attorno ai 0,001 mg/L (fonti americane); supponendo di bere circa 2 litri di acqua al giorno, si può quindi ipotizzare un’assunzione giornaliera di circa 0,002 mg di vanadio dall’acqua del rubinetto nel caso degli adulti. Nel complesso l’assunzione giornaliera normale è considerata dall’EFSA di almeno tre ordini di grandezza più bassa rispetto alle dosi minime segnalate per essere in grado di indurre effetti avversi.
Un aspetto particolarmente affascinante riguarda la presenza del vanadio nei funghi medicinali (5), quei microrganismi tanto antichi quanto sofisticati, capaci di assorbire e concentrare elementi dal terreno in cui crescono. Alcuni funghi, detti bioremediatori, sono noti per la loro abilità nell’assimilare metalli e oligoelementi, trasformandoli in forme più biodisponibili o, talvolta, più tollerabili per l’organismo umano. I funghi, in particolare quelli medicinali o “terapeutici”, sono noti per la loro straordinaria capacità di assorbire e metabolizzare minerali e metalli presenti nell’ambiente. Questo fenomeno prende il nome di bioaccumulo miceliare, ed è alla base di molte ricerche nel campo della bioremediation, ma è anche centrale nella comprensione del loro valore nutraceutico. A differenza delle piante, i funghi non fotosintetizzano ma assorbono nutrienti per via osmotica attraverso il loro micelio, un intreccio sotterraneo che funziona come una rete di captazione chimica e minerale. I metalli assorbiti vengono poi traslocati nei corpi fruttiferi (la parte visibile del fungo), inclusi minerali essenziali come zinco, selenio, rame, ma anche metalli in tracce come il vanadio.
Il vanadio, presente nel suolo e nell'acqua in forma inorganica (V³⁺, V⁴⁺, V⁵⁺), può essere assimilato dai funghi tramite trasportatori ionici aspecifici, in particolare quelli deputati all’assorbimento del fosforo e dei solfati. Una volta assorbito, il vanadio può essere:
• Chelato da molecole organiche fungine, come acidi carbossilici o polisaccaridi.
• Immobilizzato nel citoplasma o nei vacuoli, riducendone la tossicità.
• Convertito in forme più biodisponibili, talvolta legato a composti bioattivi come i triterpeni o i betaglucani.
È questa capacità unica a rendere i funghi potenziali veicoli nutraceutici di elementi altrimenti poco biodisponibili nella dieta umana.
Ecco i principali funghi terapeutici in cui la presenza di vanadio è stata segnalata, direttamente o indirettamente:
COPRINUS COMATUS
Comunemente conosciuto come “Shaggy mane” in America e come “fungo dell’inchiostro” in Italia, il Coprinus comatus è un fungo delizioso dal punto di vista culinario, citato per questo anche dal Prof. Clyde Christensen dell’Università del Minnesota nel libro “Common Edible Mushrooms” del 1943. Egli pubblicò questo libro nel tentativo di superare la micofobia del comune pubblico dell’epoca. Il Coprinus comatus nel suo libro rientra tra i “Foolproof four” ossia tra i “4 a prova di errore” e in effetti tra i funghi commestibili all’epoca, alcuni non erano facilmente identificabili. Fortunatamente ora molte cose, in oltre 60 anni, sono cambiate in micologia.
Il Coprinus è considerato utile per la prevenzione e il miglioramento dell’iperglicemia e del diabete, senza gli effetti indesiderati della somministrazione isolata di vanadio , che necessita, per limitare le reazioni collaterali, della concomitante somministrazione di ferro: il Coprinus comatus contiene, infatti, naturalmente anche elevate quantità di ferro, equilibrando in modo naturale l'azione del vanadio senza evidenziare alcun effetto collaterale. Grazie a questa sua particolarità è in grado di ridurre l’emoglobina glicata e la glicemia elevata, due parametri importanti nel diabete (Bailey et al., 1984; Han et al., 2003 e 2006). Si noti che l’utilizzo di sali di vanadio per il trattamento del diabete provoca numerosi effetti collaterali e non è pratica medica troppo consigliabile. Al contrario, la somministrazione di vanadio attraverso questo fungo non ha effetti collaterali ed è sicuro.
Studi su Coprinus e la sua azione sul metabolismo glucidico hanno evidenziato effetti positivi sui livelli glicemici, sulla regolazione della glicemiaa e sui livelli di emoglobina glicata. Studi sperimentali hanno dimostrato un effetto revitalizzante e rigenerativo sulle cellule B pancreatiche. La presenza del Vanadio spiega la sua azione insulino-mimetica, attraverso un meccanismo di inibizione di una tirosin-chinasi intracellulare responsabile della regolazione negativa della via di segnalazione che induce il fenomeno di resistenza periferica all’insulina.
CORDYCEPS SINENSIS
Contenuto di vanadio: valori fino a 0,15 µg/g riportati in ceppi coltivati su terreni arricchiti. Conosciuto per i suoi effetti energizzanti e adattogeni, il Cordyceps cresce naturalmente su larve di insetti ad alta quota in Tibet, ma oggi viene coltivato su substrati vegetali più controllati. In alcune analisi mineralogiche, è emerso che questo fungo può contenere tracce di vanadio, soprattutto se presente nel terreno di coltivazione. È possibile che questa presenza contribuisca, almeno in parte, all’effetto tonico-metabolico e alla migliore ossigenazione cellulare attribuita al Cordyceps.
GANODERMA LUCIDUM (REISHI)
Contenuto rilevato di vanadio: tra 0,03 e 0,12 µg/g in campioni secchi (a seconda del substrato). Il "fungo dell’immortalità", come lo chiamano nella medicina tradizionale cinese, è uno dei più studiati al mondo per le sue proprietà immunomodulanti, antiossidanti e adattogene. Il Reishi è noto per assorbire una vasta gamma di minerali dal substrato, e in alcuni campioni analizzati si è rilevata la presenza di vanadio. Anche se non si può attribuire un ruolo terapeutico diretto a questo metallo nel Reishi, la sua presenza potrebbe contribuire al sinergismo complesso di sostanze bioattive che caratterizza il profilo fitoterapico del fungo.
GRIFOLA FRONDOSA (MAITAKE)
Contenuto medio stimato: 0,04–0,10 µg/g fungo secco. Il Maitake è un altro fungo importante nella gestione metabolica, particolarmente apprezzato per il suo potenziale ipoglicemizzante. Diversi studi hanno evidenziato la capacità del Maitake di stimolare l’attività insulinica, e anche in questo caso, la presenza di vanadio nel fungo (a seconda del substrato) potrebbe giocare un ruolo di supporto, rafforzando il quadro degli effetti metabolici.
AGARICUS BLAZEI MURRILL (ABM)
Contenuto rilevato: valori fino a 0,2 µg/g in studi su substrati di coltivazione minerali. Questo fungo brasiliano è noto per la sua ricchezza in polisaccaridi ad azione immunostimolante e antitumorale. È anche uno dei funghi più analizzati dal punto di vista chimico-mineralogico. Alcuni studi hanno documentato la capacità dell’ABM di accumulare vanadio insieme ad altri oligoelementi, come zinco e selenio, il che lo rende un vero e proprio “veicolo naturale” di micronutrienti.
HERICIUM ERINACEUS (LION’S MANE)
Dati ancora limitati sulla presenza di vanadio, ma in ceppi coltivati in substrati arricchiti si ipotizza un contenuto comparabile al Maitake. Potenziale sinergia neuroprotettiva: il vanadio, in quantità minime, può interagire con processi cellulari coinvolti nella neurogenesi e nella modulazione del sistema nervoso centrale.
È importante sottolineare che la quantità di vanadio presente nei funghi terapeutici è estremamente ridotta e varia sensibilmente a seconda delle condizioni di crescita, del tipo di substrato e dei processi di lavorazione. I valori rilevati nei funghi medicinali vanno da pochi microgrammi a decine di microgrammi per grammo di fungo secco, ben al di sotto della soglia tossica, ma comunque significativi da un punto di vista nutrizionale. Inoltre uno dei punti più interessanti è che il vanadio presente nei funghi potrebbe essere in forma organicamente chelata, ovvero legata a molecole che ne facilitano l’assorbimento intestinale e ne riducono la tossicità. Questa forma potrebbe risultare più biodisponibile e meno dannosa rispetto ai sali inorganici (come il vanadato di sodio o il vanadil solfato) usati in integratori sperimentali.
I funghi terapeutici rappresentano una delle più sofisticate espressioni della fitoterapia evoluta, capaci di concentrare nel loro corpo fruttifero una moltitudine di sostanze attive, tra cui anche metalli in tracce come il vanadio. Questo elemento, seppur presente in quantità infinitesimali, può inserirsi in reti biochimiche complesse, contribuendo alla modulazione metabolica, antiossidante e immunitaria. La loro capacità di trasformare e rendere biodisponibili elementi metallici li rende potenziali vettori naturali di oligoelementi, aprendo nuove prospettive nel campo della nutraceutica e della medicina integrata.
Il vanadio, pur essendo un elemento ancora avvolto da incertezze scientifiche, rappresenta un interessante punto di intersezione tra chimica, biologia e fitoterapia. Nei funghi terapeutici, la sua presenza contribuisce alla complessità dell’azione farmacologica naturale, che spesso si fonda sulla sinergia di numerosi costituenti bioattivi, molti dei quali agiscono in modo ancora poco compreso.
In futuro, una migliore comprensione della biodisponibilità del vanadio nei funghi e del suo comportamento nell’organismo umano potrebbe aprire la strada a nuove formulazioni nutraceutiche mirate, sicure ed efficaci.
BIBLIOGRAFIA:
1. Vanadio: rischi e possibili benefici alla luce di una panoramica completa dei suoi meccanismi farmacotossicologici e delle sue molteplici applicazioni con una sintesi di ulteriori tendenze di ricerca (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32305626/)
2. Il solfato di vanadio orale migliora la sensibilità insulinica epatica e periferica nei pazienti affetti da diabete mellito non insulino-dipendente (https://pmc.ncbi.nlm.nih.gov/articles/PMC295932/).
3. Effetto del vanadio sulla sensibilità all'insulina nei pazienti con ridotta tolleranza al glucosio (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/19033682/)
4. Il solfato di vanadio migliora la sensibilità insulinica epatica e muscolare nel diabete di tipo 2 (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/11238540/)
5. Kalac, P. (2010). Trace element contents in European species of wild growing edible mushrooms: A review for the period 2000–2009. Food Chemistry, 122(1), 2–15. DOI: 10.1016/j.foodchem.2010.02.045
6. Stijve, T., & Besson, R. (1976). Trace elements in higher fungi. Part I. Vanadium and molybdenum. Mushroom Science, 9, 495–508.
7. Valverde, M. E., Hernández-Pérez, T., & Paredes-López, O. (2015). Edible mushrooms: improving human health and promoting quality life. International Journal of Microbiology, 2015, Article ID 376387 (DOI: 10.1155/2015/376387)
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