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Riflessioni sulla guerra

Alla base di una guerra ‘giusta’ c'è sempre l'idea che almeno una delle parti, ciascuna delle parti, sia ispirata da alti ideali e da onorevoli intenti, che una sia spinta a conquistare e l’altra a difendere e proteggere, qualcosa di prezioso che alla fine dei conti viene sempre “definita” solo ed unicamente, con una parola “indefinita”: Libertà.

Le guerre, tutte le guerre scatenate e combattute, quantomeno, portano illusioni di grandezza e di onore a chi vi partecipa, volente o nolente come minima consolazione per i sacrifici cui si viene costretti, per il sangue e il dolore che le accompagna sempre.

Anche all’ideologia, all’immagine che le nazioni, i popoli che sono costretti a partecipare trovano questa stessa motivazione durante il suo svolgersi: orgoglio ed eroi morti e poi affari per la ricostruzione delle macerie e la creazione di un nuovo presente in vista di un miglior futuro.
Alla base di una guerra ‘giusta’ c'è sempre l'idea che almeno una delle parti, ciascuna delle parti, sia ispirata da alti ideali e da onorevoli intenti, che l'una sia spinta a conquistare e l’altra a difendere e proteggere qualcosa di prezioso che alla fine dei conti viene sempre definita solo ed unicamente, con una parola indefinita: Libertà.

La guerra di Putin, almeno agli occhi degli occidentali, non suscita l’idea di simili propositi.
Non ci si vede nulla di nobile che possa appassionare gli animi e l'immaginazione di giovani ardenti e in cerca di gloria e avventura eppure viene detto che ci sono e forse è così dalla sua parte ma a noi pare che la popolazione, sia spinta dalla semplice paura delle conseguenze schierandosi contro e dal bisogno di grandi masse mantenute in uno stato di eccessivamente limitata ‘agiatezza’; puro terrore e disperazione, altrettanto, la motivazione appare per la parte offesa, aggredita, costretta a difendere la sua stessa esistenza e la sua maggior, apparentemente o almeno relativamente, ‘agiatezza’.
Ancora paura di perdere quella relativamente sovrabbondante e la necessità di mantenerla e di mantenere le condizioni di vita attuali e sapendo che il ‘gradiente di invidia’ tra l’occidente ‘ricco’ e la Russia ‘povera’ si approfondirebbe per una maggior vicinanza fisica;
il contatto diretto delle due realtà e dei due bisogni, potrebbe approfondirlo al punto da creare le premesse di un confronto diretto e indesiderato anche in considerazione dell’orgoglio alimentato degli aggressori qualora risultassero vincenti e della maggior paura degli occidentali rispetto questa eventualità: perdere qualcosa che possiede è inaccettabile per l’uomo soprattutto se gli viene tolta con la forza.
Anche le parole contano, la ‘propaganda’: la minaccia è sempre stata la causa del risentimento piuttosto che del dialogo costruttivo e produttivo.
L’occidente si è schierato, e io pure, contro Putin e la sua depravazione, con la consapevolezza che opporsi debolmente o rifiutare di combattere equivalga a consegnare la propria vita alla demenza di un ambizioso, lucido, omicida degenerato.
L’aggredito, lo stato sovrano e libero dell’Ucraina, terra di confine perfino nel nome che questo significa, deve essere difeso per tenere l’aggressore quantomeno il più lontano possibile da noi e assicurare una gradualità al ‘gradiente di invidia’ che permetta dialogo, dunque commercio, quindi economia: in questo caso si chiama ricostruzione.
Le guerre combattute lontano hanno tutte le stesse motivazioni localmente ma commercio, finanza e affari sono l’unico metro di misura che giustifica l’eventuale interferenza occidentale. Non siamo meglio di nessuno, solo più ricchi, più esperti, più avidi e molto più poveri di valori e scrupoli. L’orgoglio per noi è semplice reazione a una minaccia diretta.
Di fatto la guerra di Putin nata dal tradimento, dalla doppiezza e dalla brama di potere, lascia sgomenti gli animi più sensibili: una palude di immoralità e di desolazione dall'inizio alla fine, assurdi massacri e atrocità spietate causano un bagno di sangue talmente orribile da risultare inconcepibile per una mente normale.
Anche il solo trovarsi marginalmente coinvolti in essa diventa un'esperienza lugubre e disgustosa, materia di riflessione per il modo in cui un uomo così scellerato, uno fra tanti perché tanti altri ne esistono simili, possa premeditare tanta depravazione e distruzione per riversarle su uomini ben più comuni ma ben migliori di lui in una contesa tanto micidiale che perversa.
Non ne uscirà nulla di buono.



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