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Scienza e Dio

La scienza dice… La scienza afferma… Studi recenti dimostrano (non dimostrerebbero o sembrerebbero indicare)... Sarebbe opportuno distinguere e ben definire la signora Scienza in termini "Scientifici". E poi davvero la scienza nega l'esistenza del trascendentale ed entra in contrasto con la religiosità?

Esistono la realtà e i ‘fenomeni’ reali e dunque lo studio dei fenomeni o l’applicazione dei fenomeni; esiste la Scienza che scopre ogni tanto, mediante la ricerca ‘Pura’ in ogni campo dello scibile, le risposte a domande di valore universale e definitivo, fuori dal tempo o dallo spazio: le leggi universali riproducibili, verificabili, falsificabili ovunque e da chiunque senza perseguire altri obiettivi che la conoscenza. Applica il ‘metodo scientifico’ cioè sperimentale. Se vale per la fisica vale anche per la biologia e la chimica, la matematica o la meccanica e l’ecologia.

Esiste poi la Ricerca scientifica che inventa applicazioni, effetti possibili derivati dalle leggi scientifiche. Lo fa suddivisa per branche, settori limitati, lo fa applicando e sviluppando la tecnologia, sempre più avanzata ma la ricerca opera probabilisticamente ed ottiene risultati tutt’altro che universalmente validi, riproducibili e verificabili ma comunque, potenzialmente utili in qualche modo.

Due mondi diversi. Uno relativamente poco conosciuto e finanziato che offre al mondo i fondamenti certi su cui basare la ricerca scientifica, la cui elitaria, scarsa diffusione e conoscenza, limita l’ottenimento di risultati; l’altro molto più noto, finanziato, pubblicizzato, culturalmente diffuso che a partire da quei fondamenti realizza tecnologia con obiettivi assolutamente ben definiti e ricadute positive o negative sull’umanità; è così che, in soli due anni ,opportunamente remunerate, le ricerche farmacologica e biologica hanno fornito vaccini efficaci contro il Covid Sars 19 ma è anche così che un minuscolo stato poverissimo come la Corea del Nord può affamare la popolazione per costruire a profusione costosissimi missili e perfino sette od otto bombe nucleari, minacciando la permanenza in vita della stessa umanità mondiale: effetti benefici o deleteri secondo gli interessi elitari di chi finanzia, commercia, guadagna; altro che universalità dei risultati applicativi.

Tre miliardi di persone soffrono e potrebbero già ora essere aiutate a non farlo.
Le grandi domande millenarie emergono in questi contesti ma iniziano ad emergere anche alcune risposte.
Chi siamo noi? Esseri viventi tra miliardi di altri esseri viventi animali e vegetali, o di ogni altro tipo, con i quali condividiamo le basi fisiche strutturali e biologiche comuni. Siamo fatti della stessa sostanza fondamentale di cui sono fatte tutte le cose esistenti nell’universo in cui esistiamo e sottostiamo a tutte le leggi fisiche che lo governano, nessuna esclusa.
Un particolare pacchetto di neutroni protoni ed elettroni e di ogni loro componente submicroscopico, impacchettato in una differente e peculiare forma.
Quale è la differenza tra noi e tutti gli altri? Noi siamo dotati di intelletto evoluto fino all’autocoscienza, siamo dotati di linguaggio e curiosità e soprattutto di fantasia e animati da un desiderio unico di trovare risposte alle domande, di capire come funzionano le cose: la definizione di Scienza.
La ricerca biologica, la scienza della vita, è davvero scienza? No, Appartiene a quella branca di discipline che basano la loro sostanza su ipotesi probabilistiche e dunque possono produrre solo tecnologie e applicazioni, non risposte certe, universali, riproducibili e dimostrabili senza contraddizioni e ovunque, universalmente.
La vita esiste? Sì. È un fenomeno naturale. È riproducibile? Neppure un organismo risulta uguale all’altro anche nella stessa specie, figuriamoci in diverse condizioni.
La vita stessa non è definita né definibile con certezza: non esiste un’equazione matematica della vita.
Si definisce vita la capacità di sopravvivere, nutrirsi selettivamente e riprodursi come specie identificabile ma questo esclude forse che l’unico organismo che fosse stato o sia in grado di sopravvivere e nutrirsi ma non di riprodursi oppure quelli che fossero stati o siano capaci di farlo ma solo in condizioni particolari occupando una nicchia ecologica limitata allo stato attuale, non siano vissuti o non siano vivi? No.
Questi organismi hanno ed avranno scarse probabilità di occupare qualcosa di più nello spazio ecologico (equilibrio ecologico) attuale ma non significa che al cambiare delle condizioni non possano invece espandersi fino a divenire la specie dominante.
La vita è dunque soltanto una ‘capacità’ di alcune strutture a base di carbonio presenti sulla terra. Tutt’altro che il risultato sperimentale riproducibile e verificabile in ogni condizione. Perché esiste la vita sulla terra? L’unica risposta oggi possibile è Boh!
È un fatto, le cui origini sono ignote ed è un fenomeno con bassa probabilità di accadimento.
La Scienza è in contraddizione con l’ipotesi trascendentale della creazione ad opera di un Dio? No, perché la vita esiste e la causa e i meccanismi sono ignoti e indimostrati oltre che indimostrabili. La biologia o l’evoluzione contraddicono l’ipotesi di una via trascendentale descritta dalla fede, una fede qualunque? No. Ancora una volta, la scienza (come alcuni affermano) contraddice la fede? No, perché scienza e fede appartengono a sfere differenti e non (mai) in contraddizione tra loro: la fede non esclude affatto la scienza perché questa esiste e altrettanto la scienza non può escludere il mondo della fede perché non lo conosce e non può dimostrare che non esiste.
I più grandi scienziati esistiti ed esistenti erano e sono, sia atei che credenti senza che ciò abbia minimamente influito sui loro risultati.
La Scienza non deve, dovrebbe, mai trasformarsi in una religione con effetti esattamente uguali nelle ricadute sull’umanità. L’Ateismo è un atto di fede; fede nell’assenza di un essere, o di una essenza superiore, altrettanto indimostrata quanto indimostrabile.
Una linea guida, dunque, che organizza il tutto e il suo svolgersi mediante il raggiungimento di equilibri instabili e dinamici di innumerevoli possibilità cosmiche?
Uno scienziato non dovrebbe mai escludere a priori, secondo le proprie convinzioni, una possibilità: dovrebbe cercarne invece la dimostrazione; le convinzioni hanno molteplici radici, ambientali, culturali e altrettante innumerevoli conseguenze sull’umanità.
Gli animali non hanno un linguaggio articolato? Sì, lo hanno, dunque non è questo che ci distingue. Gli animali sono curiosi? Sì, esattamente come noi; sono dotati di empatia soffrono e godono il piacere e la sua mancanza. Esattamente come noi. Cosa manca dunque agli animali e che noi abbiamo? Un intelletto evoluto che ci spinge e ci permette di ricercare le cause, le modalità, dell’esistenza e le leggi universali che la governano: possiamo esplorare la Scienza nel tentativo di comprendere.
Ma allora è la sola esistenza della scienza che ci distingue? Esatto, dunque per prima cosa occorre definire cosa sia la scienza e farlo secondo l’approccio che le è specificamente attribuibile: il metodo. Il metodo scientifico, la riproducibilità sperimentale universale, indipendente dallo spazio-tempo e da chi conduce od osserva l’esperimento.
La scienza avanza, si evolve, ricercando la dimostrazione, certa e riproducibile in ogni condizione, delle leggi che governano gli eventi e falsificandone, cioè mettendone in discussione, i risultati sperimentali fino a fugare ogni dubbio residuo, almeno finché una nuova scoperta non apre nuovi orizzonti di ricerca, non pone nuove domande. La scienza è ricerca pura, continua, sperimentazione e scoperta, mai invenzione; per questo procede, almeno apparentemente, a balzi che richiedono da centinaia a decine di anni, in funzione della nuova tecnologia che si rende disponibile.
La tecnologia allora non è scienza? Proprio così: la tecnologia è l’invenzione di strumenti atti a produrre e facilitare avanzamenti e nuovi esperimenti nell’approccio scientifico della ricerca.
Gli strumenti più o meno sofisticati, molteplicemente utili, sono il prodotto e l’applicazione della ricerca scientifica, utilizzabili nella stessa ricerca come nella vita quotidiana che possono semplificarla, facilitarla, migliorarla oppure distruggerla, in ogni caso cambiarla negli effetti, presenti e reali.
Sono gli inventori a produrre tecnologia, non gli scienziati!
Sono il mercato, la finanza, la politica a definire l’uso delle invenzioni tecnologiche e che sostengono, spingono, stimolano gli inventori verso la messa a punto di applicazioni in un senso o nell’altro.
La scienza non subisce stimoli né pressioni perché non produce altro che scoperte fondamentali e di valore universale accertato ma che sarebbero inutili, praticamente, senza le invenzioni tecnologiche che ne derivano, salvo per la conoscenza delle leggi universali che costituiscono i gradini sulla scala della sempre maggiore conoscenza di come funziona il creato.
La scienza sperimenta, verifica, descrive matematicamente i risultati e tenta di dimostrarli finché abbiano validità universale; gli scienziati, ovunque nel mondo, fanno ipotesi matematiche sviluppando i dati certi fino a che essi non permettano di definirli leggi universali senza alcuna possibilità di trovarvi contraddizioni.
Fino ad allora rimangono teorie, con maggiore o minore probabilità di essere valide ma semplici teorie, salvo dimostrazione nella realtà.
La scienza condivide i risultati per poterli falsificare (controbattere, controllare, riprodurre) non li nasconde per realizzarne maggior profitto.
È di realtà dunque che parla la scienza e può parlare esclusivamente di quella ma l’uomo e gli esseri viventi vivono anche realtà inspiegabili matematicamente, indescrivibili e non dimostrabili, almeno allo stato attuale: la scienza non può che prenderne atto come stimolo ad una ulteriore ricerca; prima o poi rientreranno in una categoria di leggi se è valido il presupposto che nulla sfugge alle leggi universali che governano il cosmo, l’universo, i molteplici universi, le dimensioni che oggi sono certamente definiti e di tutte quelle realtà, forse possibili ma sconosciute, che ancora non lo sono.
Ciò che non si può dimostrare, semplicemente non si sa, non si conosce: occorre cercare.
Chiunque affermi essere vero qualcosa che non sia dimostrabile, riproducibile, misurabile, falsificabile, cioè che alla prova dei fatti e degli sviluppi matematici teorici produca possibili contraddizioni con le leggi accertate, non può definirsi scienziato.
L’esempio più classico e lampante? Dio. Esiste? Non esiste? Cosa è se esiste? Come si manifesta? Come opera? Dove si trova o dove esiste se esiste?
Domanda che la scienza non si pone affatto.
Mi piacerebbe affermare una definizione, credo l’unica, che possa escludere le contraddizioni in attesa della dimostrazione che forse non ci sarà neppure mai:
DIO È IL TUTTO. Tutto ciò che esiste, sia esso noto e conosciuto oppure no agli uomini e come esiste, come si evolve, interagisce, produce effetti, tra cui la vita e gli stessi uomini.
Ecco il nocciolo della scienza: la ricerca di risposte alle domande, sempre più numerose all’aumentare delle conoscenze che non smetterà mai di stimolare la mente dell’uomo.
Il fatto che possediamo una mente è concreto, reale ma perché la possediamo e come funziona beh, è tutto un altro discorso.
La scienza almeno finora e probabilmente anche in futuro, può dimostrare l’esistenza di Dio quando non venga definito come TUTTO? NO. Può allora negare con evidenza dimostrabile in contraddizione logica e matematica ma soprattutto sperimentale, la sua esistenza? Altrettanto la risposta è NO.
Allora il mio suggerimento di cambiargli nome e definizione diventa accettabile e condivisibile perché TUTTO non entra in contraddizione con nulla comprendendolo anch’esso.
Allora perché non si arriva a questa conclusione?
L’ho già detto: l’applicazione tecnologica delle scoperte scientifiche ha ricadute sulla vita reale, produce potere, ricchezza, controllo politico; altrettante, identiche, ricadute ha l’applicazione dell’altra grande scoperta scientifica relativamente alle conoscenze attuali: l’indimostrabilità della esistenza o della non esistenza, di Dèi trascendenti la realtà, fisica e concreta, con capacità e volontà d’interferenza con la vita umana.
Esiste una parte di fenomeni, prettamente umani, che non sono attualmente spiegabili; non esiste la sufficiente conoscenza del funzionamento biologico e fisiologico e la comparazione sperimentale certa degli effetti relativamente alle cause, dunque risulta semplice definire questa realtà come trascendentale aprendo un nuovo campo di ricerca scientifica ma soprattutto, fornendo facile presa, nel frattempo, al potere sociale che deriva dall’applicazione o imposizione, fasulla, delle ipotesi indimostrate ma sviluppate seguendo i percorsi logici che la nostra mente ha imparato a produrre manipolando il linguaggio e speculando sui possibili, altrettanto indimostrabili effetti, durante migliaia di anni di evoluzione filosofica e sociale.
In questo modo ogni forma di potere può asservire a sé il favore di un Dio favorevole.
La logica è quel meccanismo di linguaggio e pensiero raffinato che permette di dimostrare qualunque cosa a partire da ipotesi indimostrate! Aleatoria, speculativa, intrigante, ascientifica perché non sperimentale.
Esiste il dolore? Come no, è una realtà sperimentata da tutti. Ma proviamo a definirlo: esiste un dolore effetto di un trauma: causa effetto, azione e reazione, assenza di benessere, malattia. È misurabile? NO. È riproducibile a parità di condizioni? Uno stesso martello che batte sullo stesso dito dalla stessa altezza con la stessa forza produce lo stesso medesimo dolore nello stesso individuo? Lo fa ovunque avvenga in qualunque condizione? NO.
Dunque, non è possibile costruire una legge universale del dolore nonostante sia certo che l’effetto dolore agisca e si manifesti nel rispetto di leggi universali.
È dunque un effetto, solo un effetto, un fenomeno.
Il dolore si può affrontare? Ridurre controllare? In parte si può.
La medicina è la scienza che si occupa della malattia e di affrontare e curare i suoi effetti ma le cause sono sempre differenti; a parità di causa, gli effetti lo sono altrettanto dunque la medicina non può che affrontare probabilisticamente quegli effetti definiti malattia, assenza di completo benessere o nel caso specifico dolore.
Nessuna misura, nessuna certezza, nessuna legge, nessuna riproducibilità: la medicina non è scienza ma tecnologia e la ricerca medica è ricerca tecnologica, su basi probabilistiche, dunque specialistica di innovazioni non o non solo, elettromeccaniche.
All’avanzare delle conoscenze scientifiche si sviluppano le tecnologie e la medicina adegua il suo intervento approfittandone ma sempre in modo probabile, in modo possibile; forse, se, ma.
Esistono contraddizioni alla logica medica? Numerosissime, dunque non può essere neppure asservita alla logica matematica che costituisce il linguaggio della scienza che per definizione è esatta. Ancora: la medicina e tutta la ricerca sperimentale (scientifica) necessaria a sviluppare nuova tecnologia utile sono supportate dall’obiettivo del benessere generale dell’umanità da parte del mondo finanziario, politico, commerciale? Non do neppure la risposta, se così fosse il nostro mondo reale sarebbe notevolmente differente.
E le scienze sociali? La ricerca in campo sociale è ancora più iniziale e problematica di quella in medicina, non esistono neppure certezze o elevate probabilità di un rapporto causa effetto riproducibili ma solo ipotesi di lavoro tutt’altro che universali e destinate ad alimentare sotto valanghe di parole (solo linguaggio logico) le possibilità di controllo del potere, come sempre economico, politico e commerciale, senza neppure avvicinarsi alla definizione di scienza: riproducibilità sperimentale, universalità dei risultati (leggi scientifiche). La filosofia poi, ha mostrato i suoi limiti in migliaia di anni di logica applicata.
In entrambi i casi l’approccio metodologico scientifico non è applicabile per la mancanza di omogeneità dei campioni; l’umanità si trova ancora, in questi campi, all’inizio dell’approccio secondo il metodo scientifico, la classificazione per similitudini e differenze che certamente induce poi allo sviluppo di nuove strade di ricerca e approfondimento alla formulazioni di nuove ipotesi tutte da dimostrare.
La ‘legge’ matematica della probabilità non è dunque una legge scientifica? Esatto, non dà garanzie di riproducibilità ovunque e comunque, di universalità e alla falsificazione (ricerca di contraddizioni che la smantellino) si mostra come un colabrodo. Una semplice teoria, dunque, un campo di ricerca e approfondimento intrigante, forse l’unico comunque allo stato attuale, che sia possibile utilizzare per sviluppare applicazioni non elettromeccaniche utili e forse, (possibilmente) benefiche.
Torniamo dunque al dolore: è certo che esista universalmente ma non ha una possibilità di definizione certa. Al dolore fisico (azione e reazione con alta probabilità di controllo) si può tutto sommato approcciarsi tecnologicamente oggi, per la sua riduzione e il suo controllo ma viene fatto? Perché non si sopprime o non si tenta di farlo ovunque e sempre dove si manifesta, almeno quello difficile se non impossibile da sopportare?
Purtroppo, esiste anche il dolore mentale, la sensazione dolorosa. Come ci si avvicina alla definizione e al controllo del dolore ‘dell’anima’? Al sentimento di dolore? Non solo non esiste una legge universale ma neppure una definizione.
Tutte queste forme di dolore accomunano i viventi è dimostrato ma quello ‘dell’anima’ è riservato esclusivamente alla specie eletta, all’uomo. Una definizione sostanziale.
Allora l’anima esiste?
Non è scientificamente dimostrato né è dimostrabile e neppure la sua non esistenza ma è utile a condensare il concetto di ‘somiglianza a Dio’ (inutile se Dio fosse definito TUTTO) e soprattutto la prevalenza della specie umana su tutte le altre.
Sta di fatto che se il dolore è un sintomo di malattia, intesa come stato di malessere, allora esiste anche quello trascendentale, inspiegabile e inspiegato, almeno per ora, che forse ha origine nella mente con la sua struttura fisica e nel suo funzionamento secondo i parametri fisici universali ma con effetti indefiniti o meglio grandemente ignoti.
Lo studio del dolore può dunque considerarsi scienza?
Se per scienza si vuol confondere nel comune sentire la ricerca tecnologica (in senso lato) con la ricerca delle basi e dei meccanismi comuni al ‘creato’ allora, e solo allora, si potrebbe farlo. Si tratta di tecnologia non di scienza, cioè ricerca su applicativi utili e anche benefici derivanti da ricerca scientifica (secondo i criteri che la definiscono) ma non è scienza, per definizione.
«È un dato di fatto che la vita e basata sul carbonio!»
Una banale affermazione senza sottolineare che anche col silicio, almeno chimicamente, si potrebbero concretizzare le medesime strutture o almeno simili ma con proprietà assolutamente differenti.
Ciò significa che anche se fosse vero, (alta probabilità che ‘rasenta’ la certezza) questo nulla dimostrerebbe ma neppure escluderebbe, cioè non contraddirebbe l’affermazione che possa esistere una vita basata sul silicio.
Poco scientifico affermare che la seconda ipotesi sia impossibile senza neppure conoscere il meccanismo sperimentale con cui la materia inorganica o inerte acquista vitalità.
Un’interessante affermazione geo e antropocentrica ma accettabile solo a partire dall'accettazione come tale di una ‘legge’ scientifica degna del medioevo che non è ‘universale’, non è dimostrata e che dunque può, al massimo, aspirare ad essere classificata come teoria.
Bellissima presentazione divulgativa ma scientificamente zoppicante, al minimo: facendo quest’affermazione certamente molto condivisibile, si prende atto che la vita ‘sulla terra’ segue (preferenzialmente e forse unicamente) questa via di sviluppo (salvo smentite) ma non si dimostra che sia così nell'universo e neppure che non possano esistere altri tipi di vita.
Una semplice contraddizione sperimentale dimostra non possa trattarsi di una legge scientifica: l’esistenza dell'Rna, il replicatore.
Nessuno può prevedere un cambiamento nella forma vitale (una malattia genetica, una mutazione attiva e positiva) anche solo per la dimostrata possibilità di errore nella replicazione: uno sviluppo assolutamente casuale (ma probabile e possibile) che potrebbe portare a uomini a 4 zampe o sei braccia o dotati di solo cervello con appendici o a zanzare iperpotenti che lo sostituiranno se la risposta ambientale alla proposta naturale risultasse positiva e migliorativa.
Non esiste ad oggi una legge scientifica universale che definisca la vita e il suo essere o possibile divenire.
È un fatto però che esiste il dolore, che è universale negli organismi viventi, che non si conoscono le sue leggi e dunque si può solo affrontarne la tecnologia di controllo probabilistico. Il dolore in tutte le sue declinazioni con l’eccezione forse di quello semplicemente fisico, di azione elettromeccanica, attiene dunque alla sfera trascendentale, dell’ignoto indimostrabile, invisibile e dimostra soltanto che questa sfera esiste, che fa parte del cosmo se è parte degli organismi viventi, che deve seguirne le leggi anche se l’approccio scientifico sperimentale non risulta essere la giusta chiave di accesso ai suoi segreti.
Come la vita dopo la morte non è dimostrabile e neppure il suo contrario: questione di FEDE!
Chi ci crede e chi no ma la fede non può escludere la Scienza né la Scienza escludere la Fede: non sono in contraddizione reale, ne logica, né sperimentale. Perché dunque dovrebbe l’uomo privarsi di un’ancora o di uno strumento che gli viene utile fornendogli forza, speranza o consolazione?
Mai e poi mai uno scienziato, un politico e soprattutto una religione, dovrebbero poter affermare senza tema di essere spudorati e venire contraddetti, di avere dalla loro parte la ragione unica, la verità, perché la verità tutta non è ancora, quantomeno, dell’uomo: solo una piccolissima, infinitesima ma importante parte che potrebbe risultare utile comunque e già ora, al miglioramento del benessere comune dell’intera umanità.
Neppure la teoria dell’evoluzione, sequenze di proposte naturali per una risposta ambientale selettiva, in un percorso costantemente in essere, coerente con le leggi fondamentali, ha mai incrociato o contraddetto la sfera trascendente della fede.
I dati sono dati, la Scienza avanza con metodo nella ricerca di nuove risposte a sempre nuove domande, scoprendo ogni tanto grazie all’ingegno anomalo di grandi uomini, credenti e no, alcune leggi universali; raccoglie, riproduce, organizza, confronta i dati e li mette a disposizione dell’umanità intera, senza distinzioni di nessun tipo, come conoscenze certe e acquisite, qualunque cosa essa, l’umanità, ne faccia in seguito;
I ricercatori, gli inventori e i tecnologi facciano dunque gli inventori, gli speculatori anche, i politici e i commercianti pure: ne risponderanno alla storia. I credenti, dal canto loro se vogliono vederci e trovarci un Dio o un disegno invece di un percorso in evoluzione, obbligata ma imprevedibile, lo facciano in piena libertà sapendo di doverne rispondere soltanto a Lui.



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