Tromboembolia venosa acuta: efficacia di apixaban comparabile allo standard di cura, con riduzione significativa degli eventi emorragici
I risultati dello studio di Fase 3 AMPLIFY pubblicati sul New England Journal of Medicine e presentati in occasione del Congresso della International Society on Thrombosis and Haemostasis
Nel trattamento della tromboembolia venosa acuta apixaban ha un’efficacia comparabile a quella dell’attuale standard di cura, con una riduzione estremamente significativa degli eventi emorragici maggiori.
Lo dimostrano i risultati dello studio AMPLIFY, annunciati da Bristol-Myers Squibb e Pfizer Inc in occasione del 24° Congresso della International Society on Thrombosis and Haemostasis (ISTH) e pubblicati online sul New England Journal of Medicine.
AMPLIFY è un trial di Fase 3 durato sei mesi, che ha arruolato 5.395 pazienti con tromboembolia venosa, o TEV, acuta, che include la trombosi venosa profonda, o TVP sintomatica, e/o l'embolia polmonare (EP).
Nel corso del trial, apixaban, come monoterapia, ha raggiunto l'endpoint primario di efficacia, dimostrandosi non-inferiore rispetto all'attuale standard di cura (trattamento iniziale con enoxaparina per via parenterale sovrapposta e seguita da terapia con warfarin) nella riduzione complessiva di TEV sintomatica ricorrente o decesso correlato a TEV.
Apixaban ha raggiunto anche l'endpoint primario di sicurezza, mostrandosi superiore rispetto all'attuale standard di cura per quanto riguarda gli eventi emorragici maggiori, con una riduzione del rischio relativo (RRR) pari al 69%.
Cosa ancora più importante, AMPLIFY ha dimostrato risultati comparabili per gli endpoint primari di efficacia e sicurezza tra i pazienti inclusi nello studio con diagnosi di trombosi venosa profonda o embolia polmonare.
La tromboembolia venosa, o TEV, include due gravi condizioni: la trombosi venosa profonda (TVP), un coagulo di sangue in una vena, generalmente in uno degli arti inferiori, che blocca parzialmente o totalmente il flusso sanguigno, e l'embolia polmonare (EP), in cui un coagulo di sangue blocca uno più vasi sanguigni nei polmoni. La TEV è tuttora una delle principali cause di morbilità e mortalità, con circa 900.000 pazienti negli Stati Uniti e circa 1 milione di pazienti in Europa diagnosticati ogni anno. Fino al 10% dei pazienti che incorrono in TEV rischiano una recidiva che potrebbe rivelarsi fatale.
«I risultati dello studio dimostrano che apixaban, come monoterapia, ha un'efficacia comparabile rispetto allo standard di cura, con un tasso notevolmente inferiore di eventi emorragici maggiori», ha dichiarato Giancarlo Agnelli, Professore di Medicina Interna dell'Università di Perugia e Direttore del Dipartimento di Medicina Interna e Cardiovascolare Stroke-Unit dell'Ospedale Universitario di Perugia, nonché lead investigator dello studio. «I risultati di questo studio completano quelli già pubblicati dell’AMPLIFY-EXT: insieme, questi due studi forniscono una prospettiva entusiasmante per il trattamento della TEV e indicano che apixaban può rappresentare un'importante alternativa sia nella fase acuta che estesa della terapia anticoagulante per i pazienti con TEV».
Sulla base dei risultati di AMPLIFY, e di quelli di AMPLIFY-EXT, pubblicati online l'8 dicembre del 2012 sul New England Journal of Medicine e presentati in contemporanea durante una sessione straordinaria nel corso del 54° Meeting Annuale della American Society of Hematology (ASH), Bristol-Myers Squibb e Pfizer intendono procedere alla richiesta di autorizzazione per il trattamento iniziale e a lungo termine della TEV e per la prevenzione prolungata della TEV ricorrente.
Apixaban è rimborsato dal Servizio Sanitario Nazionale in Italia per la profilassi del tromboembolismo in chirurgia ortopedica maggiore (protesi d’anca e ginocchio) ed è al vaglio delle Autorità Regolatorie per la rimborsabilità nell’indicazione prevenzione dell’ictus e dell’embolia sistemica in pazienti con fibrillazione atriale non valvolare.