Un fungo (Agaricus muscarius) alle origini dell’iconografia delle feste natalizie
La leggenda del Natale va molto oltre le allegre decorazioni che siamo abituati a fare e a vedere a partire dall’Avvento. Essa è molto più affascinante e intrigante. Alla base delle decorazioni e tradizioni simboliche vi sono radici “psichedeliche” e mistiche.
Tutti conoscono l’immagine tradizionale di Babbo Natale. Il poema di Henry Livingston “Twas the Night Before Christmas” del 1823 ne cristallizzò l’immagine che poi venne rafforzata nel tempo dalle cartoline di Natale.
Babbo Natale (Santa Klaus) è un vecchio omone panciuto, con la barba bianca, vestito di rosso con bottoni e decorazioni bianche. Viene spesso descritto in volo, su una slitta guidata da renne, che trasporta doni ai bambini presentandosi attraverso il camino…
Rosso e bianco sono i suoi colori, non potremmo pensarlo vestito diversamente, lui “è” i suoi vestiti e accessori; non potremmo mai pensare a Babbo Natale se arrivasse vestito in pelle nera e borchiato come un metallaro! Questo modo di vestire, tuttavia, è, a dir poco, singolare. Storicamente la figura di Santa Klaus che abbiamo ora del gioioso uomo paffuto con la barba viene fatta derivare da un vescovo del 4° secolo di nome Saint Nicholas, conosciuto per i generosi doni che faceva ai poveri e per la sua gentilezza con i bambini. Era un cardinale che portava un lungo vestito rosso.
Ma i pantaloni, gli stivaloni e il berretto da dove derivano? Non caratterizzavano certo la figura di San Nicholas.
La Coca Cola, o meglio la fantasia di Haddon Sundblom, il grafico pubblicitario della Coca Cola, nelle sue pubblicità ha sfruttato la figura e la simbologia associata a Babbo Natale ottenendo un notevole potere commerciale. Ma ovviamente Babbo Natale non ha nulla a che vedere con la distruttiva Coca Cola. Prima di tale romantica interpretazione pubblicitaria, Santa Claus era descritto come poco più di uno gnomo, magro e un po’ spaventoso, che indossava però quegli stessi vestiti (disegnato da Thomas Nast fumettista).
Allora la domanda sorge spontanea: da dove provengono quei vestiti? Qual è la simbologia associata?
La risposta, a detta degli antropologi risale a molto prima del 1920 con l’inizio della pubblicità della Coca Cola, a cui oramai tutti associano Babbo Natale e la magia del Natale. Le radici di Santa Claus con i suoi vestiti, i sacchi di doni, la slitta, le renne volanti e gli strani viaggi di mezzanotte con entrata dai camini delle case per portare i doni, sembra risalire a tradizioni ancestrali delle tribù del Nord Europa e del circolo polare artico, i Kamchadales, i Chukchy e i Koryaks siberiani in particolare, e i Lapponi. E, come molti altri racconti fantastici la leggenda origina da esperienze intense con i funghi allucinogeni, in questo caso l’Amanita muscaria.
Nella notte del solstizio d’inverno, uno sciamano Koryak per tradizione raccoglieva i funghi, l’Amanita muscaria appunto, chiamata anche “Fly Agaric” in inglese. Lo sciamano mangiava il fungo o l’urina delle renne che lo avevano consumato e si “lanciava” in un viaggio spirituale lungo l’albero della vita (un grande pino) che raggiungeva la stella polare per cercare le “risposte” ai problemi del Villaggio.
Le Renne Volanti
Il primo riferimento letterario dell’associazione delle renne al Natale e a Santa Klaus risale a secoli prima dello sviluppo della leggenda di Babbo Natale; già nel Rinascimento testi di letteratura inglese nominano le renne durante le festività natalizie. Il primo riferimento scritto risale al 1823 nel poema “A Visit from St.Nicholas” di Henry Livingston Jr. Le renne sono animali simili ai cervi che popolano le regioni fredde dell’Europa e del Nord America (dove vengono chiamate Caribù); si nutrono di erba e licheni, ma hanno una particolare predilezione per l’Agaricus muscarius (Amanita muscaria) per le sue proprietà euforizzanti. L’Amanita muscaria si trova nelle foreste di pini e betulle del Nord Europa, Nord America e in Asia.
Le popolazioni Sami hanno adottato l’usanza di nutrire le loro renne con l’Amanita muscaria e di collezionarne l’urina per poi berla. Infatti il metabolismo digestivo delle renne neutralizza la maggior parte delle tossine del fungo, mantenendo però intatte le sostanze allucinogene e psicotropiche. Bere l’urina permette di fare “viaggi” simili all’LSD. Sotto gli effetti allucinogeni di queste sostanze, i Sami “vedevano” le loro renne volare nello spazio e guardare il mondo dall'alto. L’apprezzamento per il fungo velenoso da parte delle renne, le induceva poi, a loro volta, a bere l’urina degli umani, creando un circolo.
Quando i primi missionari raggiunsero la Lapponia, udirono le storie delle renne volanti e le integrarono con il folklore già esistente della cultura occidentale riguardo San Nicholas. Esploratori dei tempi Vittoriani, tornarono dopo aver visitato le popolazioni Sami della Lapponia con la storia delle “Renne Volanti”, diffondendola a tutta l’Europa centrale.
Vestito Bianco e Rosso
Il “fungo velenoso” Amanita muscaria, riconoscibile per i suoi colori rosso scarlatto con “macchie” bianche è stato utilizzato anticamente in molti rituali delle popolazioni asiatiche; il suo utilizzo è nato per le proprietà allucinogene e psicotropiche del fungo: infatti la sua ingestione permetteva di “espandere e aumentare la percezione”, aumentare il battito cardiaco, ma dava soprattutto la sensazione di poter comunicare direttamente con entità superiori. E non è infatti un caso che questo fungo sia spesso presente nei libri di favole.
Gli sciamani della Siberia usavano l’Amanita muscaria per divertimento o per i loro riti: utilizzavano preparazioni di fungo seccato (1 o 3 funghi) che chiamavano “mukhomor” per parlare con i loro dei. Ritenevano che i funghi più piccoli e con maggior numero di squame bianche fossero i più attivi. Le donne Koryak masticavano il fungo seccato e quindi formavano delle piccole “palline” che poi passavano agli uomini. I Koryaks mangiavano anche la carne fresca di renne che avevano mangiato il fungo: anche dalla carne infatti si ottenevano effetti psicotropici. Come i Sami anche i Siberiani capirono il meccanismo e anche loro assumevano le urine per evitare gli effetti tossici del fungo.
Durante le “trance” indotte dal fungo, gli sciamani iniziano ad avere tic e a sudare prima di cadere in un sonno profondo simile al coma. Durante questa fase l’anima dello sciamano lascia il corpo ed entra in un “altro mondo” dove comunica con gli spiriti per risolvere problemi quali epidemie nel villaggio. Le classi più povere che non si potevano permettere il fungo, si limitavano a bere le urine di coloro che lo avevano precedentemente assunto raccogliendolo in sacche di pelle. Studi dimostrano che le sostanze psicotropiche rimangono attive anche dopo il passaggio in 5 o 6 persone.
Nel corso delle visioni indotte dall'assunzione dell’Agaricus muscarius, si presentavano allo sperimentatore siberiano figure antropomorfe prive di braccia e di gambe, che erano considerati gli spiriti del fungo e venivano chiamati “uomini-amanita”; essi comunicavano con lo sperimentatore e lo conducevano per mano nel viaggio ultraterreno. Questi “uomini-amanita” ricoprivano, in queste popolazioni, un ruolo importante. Si tramanda che essi entrassero attraverso un’apertura del tetto e portassero questi funghi (allucinogeni) in grandi sacchi’’. Erano vestiti di rosso e bianco, i colori di Babbo Natale, ma anche dell’Amanita.
I doni attraverso il camino
Gli sciamani Siberiani vivevano in strutture simili a tende fatte di pelle di renna, chiamate Tepee. Durante il festival del rinnovamento di metà inverno, lo sciamano raccoglie l’Agaricus muscarius da sotto gli alberi sacri. Durante la raccolta indossava una particolare tenuta costituita da un cappotto rosso decorato di bianco e stivali neri, come possiamo immaginare Babbo Natale. Dopo il raccolto lo sciamano entrava nella sua tenda attraverso il camino portando con sé un sacco pieno di funghi e, una volta dentro, iniziava la cerimonia e divideva i funghi con gli altri partecipanti raccolti dentro la tenda.
E’ interessante notare come, nell’Europa centrale, questo fungo sia stato adottato come simbolo degli spazzacamini.
E’ quindi possibile che l’immagine tradizionale di Babbo Natale, descritto nel poema di Livingston, abbia effettivamente le sue origini nei riti sciamanici che coinvolgono l’Amanita muscaria, il leggendario fungo rosso e bianco. Arrampicarsi sui camini, portare i doni, vestire in rosso e bianco e volare in cielo in una slitta trainata da renne… i viaggiatori hanno integrato questi antichi riti e costumi con tradizioni pagane e fantastiche. Come vuole poi la religione cristiana, questi costumi sono stati a loro volta integrati con le nostre tradizioni Natalizie.
L’albero della Vita è associabile, nelle leggende del Nord Europa, all'albero del Mondo.
Dana Larsen nel suo articolo “The Psychedelic Secrets of Santa” elabora la simbologia pre-cristiana del Natale e spiega come le popolazioni del Nord Europa, tra cui i Lapponi finlandesi e le tribù Koryak delle steppe della Russia credessero nell’albero del mondo (“World Tree”): tale albero era visto come un “asse cosmico” sul quale erano fissati i piani dell’universo. Le radici si estendono nell’oltretomba, nelle profondità della terra, il tronco è la “Terra di Mezzo”, l’esistenza di tutti i giorni, e i suoi rami sono estensioni verso il “Regno Celeste”.
Anche la stella polare è considerata sacra, dal momento che tutte le altre stelle nel cielo girano attorno ad essa che costituisce un punto fisso. Tali popolazioni associano la stella polare all’albero del mondo e all’asse centrale dell’universo.
La cima dell’albero del Mondo toccava la stella del Nord, e lo spirito dello sciamano avrebbe scalato l’albero metaforico, raggiungendo così il Regno degli dei.
Questo è il vero significato della stella posizionata sulla punta dell’albero di Natale e anche la ragione per cui il Polo Nord è considerato la sede del Villaggio di Santa Claus.
Quindi l’albero ha un significato importante che può essere ricondotto alla simbologia dell’albero del mondo.
Tali tradizioni sono poi state portate in Gran Bretagna attraverso gli antichi druidi, le cui pratiche spirituali si basavano su simbologie originarie dell’estremo Nord, si sono poi mescolate con leggende germaniche (Wotan, il più potente degli dei germanici), nordiche (Odino, la controparte di Wotan) e altre associate al solstizio d’inverno. Con lo stabilirsi degli inglesi nel Nuovo Mondo la tradizione di S. Nicholas ha trovato la sua immortalità con il poema di Clement Clark Moore “A Visit from St. Nicholas” e l’immagine con la campagna pubblicitaria della Coca Cola come detto precedentemente.
Ma alla fine la “magia” sembra risalire proprio al Circolo Polare Artico e all'uso sciamanico dell’Amanita muscaria!
Fonte: Dott.ssa Stefania Cazzavillan
Fonti bibliografiche:
Stefania Cazzavillan (2011) – FUNGHI MEDICINALI, dalla tradizione alla scienza – NUOVA IPSA EDITORE
Ivo Bianchi (2008) – MICOTERAPIA – NUOVA IPSA EDITORE
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