Caccia in Lombardia: la sola cultura è quella dell'illegalità
Provincia di Brescia e Regione Lombardie si propongono di limitare i poteri delle guardie venatorie
La stagione di caccia si è chiusa ma resta sempre aperta quella degli illeciti venatori a ogni livello, dalle furberie dei singoli capannisti a quelle della Regione e della Provincia che fingono di attuare le decisioni imposte dall'Europa; almeno su due fronti.
Il primo viene denunciato direttamente da Bruxelles, dato che la Commissione europea ha recentemente aperto una nuova procedura d'infrazione (n. 2014/2006) contro l'Italia per le catture di uccelli selvatici: l'ennesima violazione della Direttiva uccelli, rappresentata dalla reiterata attivazione, di decine e decine di roccoli - in Provincia di Brescia sono stati 17 quelli autorizzati - per la barbara cattura di migliaia di richiami vivi destinati a vivere in minuscole gabbie.
Nel secondo la Commissione solleva il coperchio sul persistente bracconaggio, chiedendo spiegazioni all'Italia sul fenomeno e assegnando un ruolo davvero speciale al Bresciano citando testualmente nel suo provvedimento l'«uccellagione dei piccoli migratori in Valcamonica, in Valtrompia e in Valsabbia».
Nel mirino, insomma, ci sono ancora la Regione Lombardia e la Provincia di Brescia; quegli stessi enti che in questi giorni si mobilitano per azzerare i controlli dove questo bracconaggio dilaga.
Tra pochi giorni verrà infatti votato in consiglio provinciale di Brescia una proposta di modifica al regolamento guardie volontarie infarcita di illegittimità, per i rilasci e i rinnovi dei decreti delle guardie venatorie prevedendo l'obbligatorietà di superare un ulteriore fantomatico esame-colloquio oltre agli esami previsti per legge. E' da oltre dieci anni che la Provincia non promuove esami o corsi per le aspiranti guardie ma quando può non esita a imbrigliare la vigilanza sull'attività venatoria e bracconaggio.
Non da meno vuole essere la Regione Lombardia che ha approvato questa settimana un emendamento alla Legge comunitaria regionale per osteggiare i controlli sull'uccellagione imponendo forti limitazioni alle guardie venatorie. La motivazione è paradossale. Secondo un esponente leghista sono le guardie a creare danni. I cacciatori si divertono ad ammazzare animali, se sopravvivono alla cattura con le reti li seviziano a vita in minuscole gabbie, perlopiù luride che non permettono neanche di aprire le ali, li tengono al buio e strappano loro le penne per indurre la muta artificiale in autunno. Ma non sono loro a maltrattarli bensì le guardie venatorie nella fase dei controlli, quegli stessi controlli in cui le guardie denunciano ogni anno decine e decine casi di maltrattamento per come vengono detenuti dai cacciatori.
Le forze di polizia locali sono prive di risorse e non in grado di farsi carico dell'enorme sforzo di contrasto di un fenomeno tanto diffuso e tollerato, peccato però che gli enti locali spendano cifre vergognose per rifornire i capannisti utilizzando le tasse di noi tutti.
La Provincia di Brescia ad esempio, non si preoccupa di aver speso 45 mila euro solo nell'ultima stagione per far funzionare i roccoli, altri seimila per l'acquisto degli anellini e quasi 20 mila euro per i funzionamento dei centri di distribuzione dei presicci.
Senza dimenticare il carburante consumato e le ore investite per questa operazione dal personale della polizia provinciale.